Fatto e diritto

(TAR del Lazio - 265 - 28 febbraio 2014)

L'Istituto ricorrente, che gestisce l'ospedale classificato «San Giovanni Calibita - Fatebenefratelli», con sede in Roma, fa presente di svolgere, mediante detta struttura, in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale, attività ospedaliera e specifici programmi assistenziali definiti «funzioni», tra cui la rete dell'emergenza.

Con il proposto gravame impugna i decreti del Commissario ad acta della Regione Lazio, in epigrafe indicati, tra i quali prioritariamente (per il rilievo fondamentale che esso assume nell'economia decisionale della controversia) quello (DCA 349 del 22 novembre 2012) che ha rideterminato il budget e i finanziamenti già assegnati per il 2012 al suddetto nosocomio, disponendone le seguenti riduzioni:

6,8519% per le prestazioni ospedaliere di cui al DPCA U 088/2012 e s.m.i.;

identica percentuale del 6,8519% per il finanziamento delle funzioni assistenziali e delle funzioni di didattica e di ricerca connesse alle attività assistenziali di cui al DPCA 115/2012.

Con i motivi aggiunti viene altresì impugnato, in particolare, oltre agli altri atti indicati in epigrafe, il decreto del Commissario ad acta della Regione Lazio n. 100 del 9 aprile 2013, avente ad oggetto la definizione del budget 2013 per le strutture private erogatrici di prestazioni ospedaliere a carico del SSN (con riduzione, in applicazione della legge n. 135/2012, nella misura dello 0,50%, del budget già stabilito per il 2012).

I suddetti decreti sono stati adottati in applicazione dell'art. 15, comma 14, del D.L. n. 95/2012, convertito con legge n. 135/2012, il quale dispone che «A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014». Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Violazione dell'art. 15 comma 14 della L. n. 135 del 2012. Eccesso di potere per sviamento e difetto di istruttoria, illogicità e disparità trattamento. Violazione del principio di retroattività degli atti amministrativi;

2) Medesime censure di cui sopra, sotto ulteriore profilo;

3) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. e del diritto alla salute ex art. 32 Cost., Violazione dei principi procedimentali di cui alla L. n. 241/90 Violazione dell'art. 32 comma 8 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, dell'art. 1 comma 32 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, dell'art. 2 comma 8 della L. n. 549/1995 e dell'art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per sviamento, per contraddittorietà e difetto di motivazione;

4) Violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost., dell'art. 4 comma 12 e dell'art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992. Violazione del DM del 30 giugno 1997. Eccesso di potere disparità di trattamento e per contraddittorietà;

5) illegittimità derivata del decreto n. 428 del 2012. Violazione dell'art. 15 comma 14 della L. n. 135 del 2012. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e presupposti.

Con i motivi aggiunti depositati il 28 giugno 2013 e il 26 luglio 2013 vengono quindi formulate le seguenti ulteriori censure:

6) Violazione del principio di imparzialità ex art. 97. Violazione dell'art. 4 comma 12 del D.Lgs. n. 502/1992, dell'art. 8-quinquies del D.Lgs. n, 502/1992. Violazione del DM del 30 giugno 1997. Eccesso di potere disparità di trattamento e per contraddittorietà;

7) Violazione dell'art. 15 comma 14 della L. n. 135 del 2012. Eccesso di potere per sviamento e difetto di istruttoria, illogicità e disparità di trattamento;

8) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. e del diritto alla salute ex art. 32 Cost. Violazione dei principi procedimentali di cui alla L. n. 241/90. Violazione dell'art. 32 comma 8 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, dell'art. 1 comma 32 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, dell'art. 2 comma 8 della L. n. 549/1995 e dell'art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per sviamento, per contraddittorietà e difetto di motivazione;

Violazione del principio di imparzialità ex art 97 Cost., dell'art. 4 comma 12 e dell'art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/1992. Violazione del DM del 30 giugno 1997. Eccesso di potere disparità di trattamento e per contraddittorietà;

9) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost., del principio di tutela della salute ex art. 32 Cost., dell'art. 41 Cost. sul diritto all'impresa, dell'art. 8 comma 5 del D.Lgs. n. 502/92, dell'art. 2 comma 9 della L. n. 549/95. Eccesso di potere per sviamento, illogicità e difetto di motivazione;

10) Violazione degli artt. 3, 31, 32 e 97 Cost. Violazione dell'art. 8-quinquies e dell'art. 8-sexies del D.Lgs. n. 502/1992, dell'art. 2 comma 5 del DM 15 dicembre 1994, dell'art. 3 comma 2 del DM del 30 giugno 1997, la cui efficacia e richiamata dal DM del 12 settembre 2006. Eccesso di potere per sviamento, difetto di presupposti, illogicità, contraddittorietà. Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost., del principio di tutela della salute ex art. 32 Cost.;

11) Incostituzionalità dell'art. 8-quinquies e sexies del D.Lgs. n. 502/92 per violazione dell'art. 41 Cost. e dell'art. 97 Cost.;

12) Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost., eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria;

13) Violazione dell'art. 9 del D.L. n. 203/2005. Eccesso di potere per disparità di trattamento e difetto dei presupposti; in subordine, incostituzionalità, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dell'art. 9 predetto;

14) Violazione del principio di buon andamento dell'Amministrazione ex art. 97 Cost. Violazione del D.Lgs. n. 231/2002 e della Direttiva Comunitaria 2000/35/CE. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento.

Si sono costituite in giudizio le intimate amministrazioni, contestando la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.

Alla pubblica udienza del 19 novembre 2013 il ricorso e i motivi aggiunti sono stati assunti in decisione.

Oggetto della presente controversia sono i decreti del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Lazio, in epigrafe indicati, che hanno rideterminato i budget già assegnati per il 2012 alle strutture sanitarie private (ed ospedali classificati, come quello ricorrente) in regime di accreditamento con il servizio sanitario e stabilito i budget 2013 per le medesime strutture.

Come sopra, esposto i gravati decreti sono stati adottati in applicazione dell'art. 15, comma 14, del D.L. n. 95/2012, convertito con modifiche con L. n. 135/2012, il quale testualmente stabilisce che «A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014».

Costituisce problematica, sollevata dall'istante nei propri atti d'impugnativa, che Collegio reputa prioritaria (anche ai fini della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale del sopra citato art. 15 comma 14, che si intendono sollevare con la presente ordinanza), quella per cui tale disposizione di legge non si applicherebbe agli ospedali classificati, in quanto equiparati a quelli pubblici, anche dopo la riforma sanitaria, ex art. 4 comma 12 del D.Lgs. n. 502/1992.

Tale opzione interpretativa non è condivisa dal Collegio, alla stregua del tenore letterale e del senso logico dell'art. 15 comma 14 del DL n. 95/2012. Tale norma si riferisce espressamente, invero, a tutti i contratti ed accordi per acquisto di prestazioni sanitarie «da soggetti privati accreditati». Ora, non v'è dubbio che gli ospedali classificati siano nondimeno soggetti privati, retti da regole privatistiche e gestiti secondo principi di economia, se non lucrativi. E' pacifico tra l'altro, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sez. un. 2 aprile 2007 n. 8088), che gli enti ecclesiastici esercenti attività ospedaliera, non sono da includersi, secondo l'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tra dette amministrazioni, che ai sensi dell'art. 1 di detto testo normativo comprendono le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale. La classificazione, invero, degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti non vale ad attribuire ad essi natura di ente ospedaliero o di ente pubblico, ma ne comporta l'equiparazione agli ospedali pubblici solo per effetti determinati e limitati, quali, attualmente, l'inserimento nell'ambito della programmazione sanitaria e il riconoscimento delle medesime tariffe. Per il resto, resta ferma l'autonomia amministrativa e finanziaria dei detti ospedali e la loro natura di soggetti privati. E' stato anche affermato, al riguardo (v. Cass. Sez. Lav., sent. n. 12039 del 19 dicembre 1990) che gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, i quali esercitano professionalmente attività ospedaliera, assumono la qualità di imprenditore, nonostante il fine spirituale o comunque altruistico perseguito, ove la loro prestazione sia oggettivamente organizzata in modo che essa sia resa previo compenso adeguato al costo del servizio - dato che il requisito dello scopo di lucro assume rilievo meramente oggettivo ed è collegato alle modalità dello svolgimento dell'attività - con la conseguente applicabilità nei confronti di tali enti dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970 in ordine ai lavoratori da essi illegittimamente licenziati. Ed ancora, si è precisato (Cass. Sez. Lav., sent. n. 3623 del 28 marzo 1995) come debba escludersi, nei confronti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, nella disciplina della legge 12 febbraio 1968 n. 132, non modificata in materia dalla legge 23 dicembre 1978 n. 833, la qualifica di enti ospedalieri cioè di enti pubblici non economici, in mancanza di un'espressa qualificazione in tal senso resa con Decreto del Presidente della Repubblica, mentre resta a tal fine irrilevante la circostanza che l'ente ecclesiastico abbia ottenuto la classificazione del proprio ospedale fra quelli soggetti alla programmazione ospedaliera (art. 1, sesto comma, in relazione agli artt. 20 e segg. della legge 132 del 1968). Si applica quindi nei loro confronti, ad avviso di questo Collegio, l'art. 15 comma 14 del DL di cui trattasi n. 95/2012. D'altra parte, si tratta pur sempre di soggetti destinatari di accreditamento istituzionale, ai sensi dell'art. 8-quater del D.Lgs n. 502/92 e di tetto di spesa prestabilito e delimitato a carico del SSN. Quanto all'affermazione poi per cui tali ospedali riconosciuti sarebbero consustanziali al sistema sanitario nazionale come gli stessi ospedali pubblici, si tratta di assunto da rettificare alla stregua della più recente giurisprudenza amministrativa che ben chiaramente ha avuto modo di precisare come, particolarmente dopo l'entrata in vigore del DL n, 112/2008, le strutture private «equiparate» alle pubbliche (come appunto gli ospedali classificati) sono soggette a tetto di spesa invalicabile oltre il quale non hanno alcun diritto a remunerazione pubblica. Nè esse hanno diritto a ripiano di eventuali disavanzi finanziari da parte ed a carico delle Regioni e del SSN (v. Consiglio di Stato, sez. III, 6 febbraio 2013, n. 697). Da ultimo, può soggiungersi che sempre sul piano letterale l'applicabilità agli ospedali classificati della normativa (emergenziale) ex art. 15 comma 14 più volte citato, appare confermata anche tenendo conto dell'estensione della riduzione, secondo l'espressa dicitura della legge, non solo ai contratti, ma agli stessi «accordi» (conferenti, questi ultimi, ex art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502/92, proprio, tra le altre, alle strutture private «equiparate»).

Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che appare non manifestamente infondato, anche alla stregua di quanto al riguardo in parte dedotto dalla stessa struttura ricorrente, il dubbio di costituzionalità in ordine alla disciplina normativa che ha giustificato l'adozione dei contestati decreti, per contrasto con gli art. 117, comma 3, della Costituzione, con il principio di irretroattività delle leggi e con gli artt. 41, 3, 97 e 32 della Costituzione.

Relativamente alla detta violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione deve essere invero evidenziato che:

a) la Sanità rientra, giusta quanto previsto dalla richiamata disposizione costituzionale, nelle materie di legislazione concorrente per le quali spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato;

b) in tale quadro normativo il menzionato art. 15, comma 14, nel prevedere un taglio generalizzato della spesa per il 2012 (ed anni successivi) che le singole regioni sono chiamate a sostenere sulla base di accordi precedentemente stipulati con le singole strutture accreditate, non può in alcun modo essere annoverata tra la normativa che fissa i principi fondamentali, e, pertanto, per tale aspetto, essa risulta in palese contrasto con il richiamato art. 117, comma 3.

Ed invero il Collegio, pur tenendo presente l'orientamento della Corte Costituzionale secondo cui «l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenete i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007), e secondo cui il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010), osserva tuttavia che la suddetta disposizione, proprio perchè individua specificatamente i settori ove conseguire (con imposizione di tagli «lineari» senza alternative) i risparmi nella spesa sanitaria, senza limitarsi ad una mera quantificazione in via generale dei suddetti risparmi lasciando alla discrezionalità dell'amministrazione regionale l'individuazione dei compatti di spesa dove ottenerli e delle modalità per conseguirli (magari differenziando i destinatati dei tagli di spesa secondo propri criteri apprezzati discrezionalmente come più rispondenti all'interesse e alle peculiarità regionali), risulta non in linea con quanto disposto dal menzionato art. 117, terzo comma. Pertanto, la questione di costituzionalità, sotto tale aspetto, non è manifestamente infondata.

Pure non manifestamente infondata è la prospettata violazione dell'art. 97 Cost., oltre che dell'art. 3 della Cost., e dei principi individuati dalla Corte Costituzionale al fine di assicurare la costituzionalità di una legge retroattiva.

In particolare, tenendo anche conto di quanto prospettato dall'Istituto ricorrente, va sottolineato che:

a) giusta il consolidato e notorio orientamento della Corte occorre che siano rispettati una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, quale il secondo comma dell'art. 25 Cost., di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico;

b) nella fattispecie in esame la richiamata disposizione nonchè il successivo decreto regionale attuativo, adottato quest'ultimo a fine novembre 2012 quando il limite del budget era stato ormai sostanzialmente raggiunto, hanno inciso (limitatamente al 2012) sul legittimo affidamento venutosi a create in capo alle singole strutture sanitarie ad erogare le prestazioni e a ricevere il relativo corrispettivo così come stabilito nei contratti antecedentemente stipulati, per la corretta esecuzione dei quali hanno d'altra parte allestito le relative risorse organizzative ed effettuato i correlati investimenti in materiali, personale ed attrezzature. Ora al riguardo non ignora il Collegio che viene anche ritenuta legittima, secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. CdS, Ad. Pl. n. 4/2012), l'introduzione retroattiva di tetti di spesa in materia sanitaria. Ma ciò si è ritenuto che possa ammettersi soltanto in presenza di tetti di spesa degli anni precedenti ai quali gli interessati si siano potuti rapportare tenendo contemporaneamente conto di ulteriori limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private all'inizio e nel corso dell'anno. Oltre tale limite, invero, non vi è più tutela dell'affidamento e questo appare essersi appunto inverato nella specie per l'anno 2012 in quanto i tagli di budget sono stati per tale anno imposti, con parziale decorrenza retroattiva dal 1° gennaio 2012, dalla disposizione legislativa in questione, a budget già approvati e senza alcun preesistente parametro da cui i destinatari abbiano potuto preavvertire l'intervento della disposta riduzione.

Risulta poi non manifestamente infondata, ad avviso del Collegio, anche la violazione dell'art. 41 della Costituzione in quanto la richiamata normativa nel decurtare i budget fissati antecedentemente verrebbe in sostanza ad impedire la remunerazione di prestazioni già erogate, con conseguente violazione del principio di libertà dell'attività economica privata.

Ugualmente non manifestamente infondata, nel suddetto contesto, è la violazione dell'art. 32 della Costituzione, in quanto le contestate riduzioni dei budget, giustificate unicamente da motivi di ordine economico-finanziario e che fanno seguito ad altre precedenti riduzioni, possono determinare una compromissione del diritto alla salute costituzionalmente tutelato dall'art. 32, in palese contrasto con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 309/1999, secondo la quale «le esigenze della finanza pubblica non possono assumere nel bilanciamento del legislatore un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana».

La rilevanza e la pregiudizialità delle sollevate questioni di costituzionalità per la controversia in esame appare del tutto evidente, stante che esse investono la disciplina normativa in applicazione della quale sono stati adottati i contestati decreti del Commissario ad acta per la Sanità della Regione Lazio.

Per le ragioni suesposte deve essere quindi disposta la remissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e dell'art. 79 c.p.a.