(TAR regionale della Puglia - 126 - 22 gennaio 2009)
La ditta farmaceutica istante ha impugnato una serie di atti della Giunta regionale e dell'Assessorato alle politiche della salute della Regione Puglia, Settore ATP, risalenti ai mesi di gennaio e febbraio 2007, in epigrafe meglio individuati, recanti modalità prescrittive per gli inibitori della pompa protonica.
Con tali atti la Regione Puglia ha avviato la concreta attuazione dell'art. 12, comma 1, della legge regionale 28 dicembre 2006 n. 39, a norma del quale, ai fini del contenimento della spesa sanitaria, «a) Per la prescrizione dei farmaci compresi nella categoria ATC AO2BC - inibitori della pompa protonica - devono essere osservate le seguenti modalità:
1) i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, nella normale pratica assistenziale, devono effettuare prescrizioni di farmaci il cui costo per dose definita al giorno riferito al prezzo al pubblico non sia superiore al prezzo minimo di riferimento calcolato in euro 0,90. In particolare, per la nota 1 devono essere prescritti solo i Misoprostolo e gli inibitori di pompa protonica a dosaggio pieno con costo entro euro 0,90 di dose definita giornaliera;
2) qualora il medico, in caso di intolleranza, insufficiente risposta clinica o possibili interazioni farmacologiche, ritenga che sia necessario prescrivere una specialità il cui costo per giorno di terapia riferito al prezzo al pubblico sia superiore al valore di cui al numero 1) deve giustificare la diversa scelta terapeutica nell'ambito dell'aggiornamento della scheda sanitaria individuale del paziente, disposto dall'art. 45, comma 2, lettera b), dell'Accordo collettivo nazionale. In tal caso il cittadino non paga alcuna differenza di prezzo;
3) i medici ospedalieri e i medici specialisti ambulatoriali esterni e interni sono tenuti, nella proposta di prescrizione, a indicare i farmaci il cui prezzo al pubblico non sia superiore a quanto indicato al numero 1). Qualora gli stessi ritengano necessario utilizzare farmaci di prezzo superiore a quello di riferimento devono predisporre opportuno Piano terapeutico, su modello predisposto dalla Regione. Nel Piano devono essere riportate le motivazioni della diversa scelta terapeutica che, comunque, non può prescindere dai criteri di appropriatezza della EBM e dall'Osservanza delle Note AIFA 1 oppure 48. Tale Piano terapeutico deve comunque essere condiviso dal medico di medicina generale. In tal caso il cittadino non paga alcuna differenza di prezzo;
4) i medici prescrittori devono contrassegnare sulla ricetta la specifica nota che individua il prezzo di riferimento o la deroga, da definirsi da parte della regione;
5) i medici della continuità assistenziale devono prescrivere unicamente il farmaco alle condizioni di cui al numero 1);
6) per la prescrizione di farmaci il cui prezzo supera quello di riferimento e per la quale sulla ricetta non è contrassegnata la specifica nota regionale di cui al numero 4) i farmacisti devono richiedere la differenza tra il prezzo di riferimento e quello del farmaco dispensato ...».
La società ricorrente ha denunciato l'illegittimità degli atti per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, con particolare richiamo ai valori costituzionali e, in specie, agli artt. 32 e 117.
In particolare, come rimarcato anche nelle memorie conclusive, la legge regionale deve ritenersi contrastante con gli artt. 117, secondo comma, lett. m), e terzo comma, nonchè con gli artt. 24 e 113 Cost.
L'adozione di una legge-provvedimento, in materia di salvaguardia del diritto alla salute degli assistiti, invero, comporterebbe una restrizione della tutela ordinariamente assicurata dal giudice competente a valutare la legittimità del «provvedimento amministrativo», imposto dall'art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001.
Il Collegio osserva che gli atti gravati si limitano a stabilire modalità applicative delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa farmaceutica già compiutamente individuate dalla legge regionale; sicchè ogni indagine sulla legittimità dei provvedimenti non può che presupporre il vaglio costituzionale della norma di rango legislativo che ha già operato le scelte regionali ritenute lesive dalla casa farmaceutica. Ciò rende la questione d'illegittimità costituzionale prospettata rilevante ai fini della decisione della controversia portata all'esame di questo giudice.
D'altra parte, essa si presenta non manifestamente infondata.
L'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione stabilisce che lo Stato abbia legislazione esclusiva nella materia «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
Tale disposizione presuppone che le prestazioni concernenti i diritti civili e sociali possano essere disciplinate, assicurate e tutelate da diversi soggetti e proprio per questo attribuisce alla competenza esclusiva della legge statale il compito di determinare i livelli essenziali di tali prestazioni su tutto il territorio nazionale, livelli ai quali ovviamente devono attenersi tutti i soggetti che concretamente debbono fornire le prestazioni. Ciò si evince dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale, al proposito, ha statuito che «i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non sono una materia in senso stretto, ma una competenza del legislatore idonea a investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale dei diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle» (sentenza n. 282/2002).
Con la sentenza n. 88/2003, è stato ulteriormente precisato che siccome la previsione della lett. m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. ha una forte «incidenza sull'esercizio delle funzioni nelle materie assegnate alle competenze legislative ed amministrative delle regioni e delle province autonome (...) queste scelte, almeno nelle loro linee generali», devono essere «operate dallo Stato con legge, che dovrà inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie nei vari settori».
Le richiamate pronunce affermano quindi che al legislatore regionale è sicuramente vietato limitare o condizionare queste «prestazioni garantite», perchè, ciò facendo, esso offrirebbe delle stesse un livello inferiore a quello «essenziale»: il legislatore regionale non deve, cioè, adottare alcuna disciplina che possa rendere meno fruibile tale servizio pubblico, ovvero non deve procedere ad una regolamentazione dei criteri di erogazione che possa condizionare o addirittura restringere l'accesso alle prestazioni, il cui contenuto concreto rientra comunque nella sua sfera di competenza.
In definitiva, rispetto al «livello essenziale», solo il legislatore nazionale può dettare le «norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale» dei diritti; e tali norme racchiudono una scelta esclusivamente politica e non una disciplina concreta delle modalità di erogazione delle prestazioni, rimanendo quest'ultima, senz'altro, di stretta pertinenza del legislatore regionale (sentenza n. 282/2002, punto 5).
Per quanto attiene al caso di specie, la stessa Corte costituzionale si è già pronunciata su una normativa regionale (della Regione Liguria) che, introducendo varie misure di contenimento della spesa farmaceutica, aveva individuato una categoria terapeutica omogenea di farmaci (quella degli inibitori di pompa protonica), per la quale, sul presupposto della sostanziale equipollenza tra i farmaci appartenenti a tale categoria, aveva limitato la spesa addebitabile a carico del servizio sanitario regionale al costo del farmaco cosiddetto «generico». In merito a tale specifica questione, la Corte costituzionale ha seguito il percorso argomentativo già battuto, nelle sue linee generali, nelle precedenti pronunce sopra richiamate. Infatti, con la sentenza 11 luglio 2008 n. 271, la Corte costituzionale ha osservato, in via preliminare, che ci si muoveva, riguardo all'oggetto del giudizio, «nell'ambito di una materia, concernente la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, riservata in via esclusiva al legislatore statale, che quindi è pienamente competente a determinare le forme tramite le quali la regione può esercitare le attribuzioni riconosciutele in tale ambito dalla normativa dello Stato, quando esse rispondano in via immediata ad esigenze, connesse al livello di tutela garantito nella fruizione della prestazione, di cui la stessa legge statale si fa carico». E, subito dopo, la Corte ha sottolineato che l'esercizio, da parte della regione, del potere di escludere in tutto o in parte la rimborsabilità dei farmaci, è stato configurato dal legislatore statale esclusivamente come il «punto di arrivo di uno speciale procedimento amministrativo, in particolare caratterizzato dal determinante ruolo valutativo di un apposito organo tecnico nazionale sulla base dei criteri determinati dal legislatore statale». Ribadendo, così, il rapporto tra competenza esclusiva del legislatore statale, chiamato a fissare le condizioni e le modalità dell'accesso generalizzato e garantito alle prestazioni relative ai diritti sociali e civili, e competenza del legislatore regionale, il quale deve occuparsi del contenuto specifico delle prestazioni (competente, in ciò, eventualmente ad «allargare» la garanzia determinata in sede centrale, ampliando le condizioni di accessibilità alle medesime prestazioni), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 della legge Regione Liguria 3 aprile 2007, n. 15, affermando che «sostituire con un atto legislativo quanto può essere realizzato dalla regione mediante un apposito provvedimento amministrativo rappresenta quindi una violazione di quanto espressamente determinato dal legislatore statale nell'ambito di una materia di sua esclusiva competenza (nel caso di specie, secondo quanto previsto nel secondo comma, lettera m), dell'art. 117 della Costituzione) ed è quindi contrario al dettato costituzionale».
Conclusivamente il Collegio, per le ragioni sopra esposte, solleva questione di costituzionalità dell'art. 12, comma 1, della legge regionale Puglia 28 dicembre 2006 n. 39 in relazione ai profili così riassunti: violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. m), e terzo comma; violazione degli artt. 24 e 113 Cost., nella parte in cui in cui l'adozione di una legge-provvedimento comporta una restrizione della tutela ordinariamente assicurata dal giudice competente a valutare la legittimità del «provvedimento amministrativo», imposto dall'art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001.
Alla luce delle considerazioni che precedono deve essere sospesa ogni decisione sulla predetta controversia, dovendo la questione essere demandata al giudizio della Corte costituzionale.