Fatto e diritto

(TAR regionale della Liguria - 79 - 15 novembre 2007)

Fatto

Con il gravame introduttivo del giudizio la società odierna ricorrente, in qualità di azienda farmaceutica, impugnava la deliberazione di Giunta regionale di cui in epigrafe, la quale, al fine di contenere la spesa sanitaria complessiva, individuava una categoria terapeutica omogenea (quella degli inibitori di pompa protonica), in ordine alla quale, sul presupposto della sostanziale equipollenza tra i farmaci appartenenti a tale categoria, la spesa addebitabile a carico del servizio sanitario regionale sia limitata al costo del farmaco c.d. generico.

All'atto impugnato si muovevano diverse censure, concernenti sia la violazione della normativa statale in materia nonchè dei parametri costituzionali ad essa collegati, nonchè diversi profili di eccesso di potere.

La Regione Liguria, costituitasi in giudizio, chiedeva la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.

Con ordinanza cautelare datata 8 marzo 2007 questo tribunale amministrativo regionale disponeva la sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, in specie sotto il dedotto profilo della insufficienza istruttoria effettuata dall'amministrazione regionale in merito alla effettiva equivalenza (e quindi alla ragionevole sostituibilita) del farmaco generico per cui è causa con i restanti farmaci presenti nella relativa categoria terapeutica.

Successivamente la regione approvava l'art. 6, l.r. 3 aprile 2007 n. 15 a tenore del quale «Ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito in legge 16 novembre 2001 n. 405 (interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), del parere espresso dalla Commissione tecnico scientifica dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in data 20 febbraio 2007 ed ai fini del rispetto degli impegni assunti con l'accordo 6 marzo 2007 con il Ministero della salute e con il Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente agli interventi per il contenimento della spesa farmaceutica, per quanto concerne la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica, è posto a carico del Servizio sanitario solo il costo del farmaco generico incluso in tale categoria terapeutica, salvo le deroghe previste con provvedimenti amministrativi. La Giunta regionale può altresì derogare dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo in presenza di atti nazionali o regionali finalizzati a garantire i medesimi effetti economici»: quindi, adottava la delibera applicativa di tale norma, oggetto dei motivi aggiunti di cui in epigrafe.

Avverso tale ultimo atto venivano proposti motivi aggiunti con cui, oltre a ribadire le censure già formulate in sede di gravame principale, venivano dedotti vizi specifici avverso la delibera di attuazione nonchè avverso, la legittimità, anche costituzionale, del sistema derivante dalla norma regionale.

Si pronunciava nuovamente in sede cautelare questo Collegio: dapprima con ordinanza collegiale datata14 giugno 2007 veniva disposta l'acquisizione presso l'Agenzia italiana del farmaco, dell'atto con cui la commissione consultiva tecnico scientifica in data 20 febbraio 2007 avrebbe espresso parere favorevole in ordine all'applicazione delle condizioni di cui all'art. 6, d.l. n. 347/2001, con sospensione interinale dell'esecuzione del provvedimento attuativo, impugnato con i motivi aggiunti, nella parte in cui (sub 1. a. 2. del dispositivo) imponeva il trattamento terapeutico del farmaco col prezzo più basso per quattro settimane senza possibile alternativa in caso di necessità evidenziata dal medico curante in relazione alle peculiarità del singolo paziente; quindi con ordinanza datata 12 luglio 2007 veniva confermata la sospensione cautelare della delibera in parte qua, respinta la restante parte della domanda cautelare nonchè fissata udienza di discussione del merito.

Alla pubblica udienza del 31 ottobre 2007 la causa passava in decisione.

Diritto

In via preliminare appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, l.r. Liguria n. 15 del 2007.

La rilevanza emerge in relazione ad entrambe le impugnazioni proposte, con il ricorso principale ed i motivi aggiunti: sotto quest'ultimo profilo in quanto è impugnato l'atto applicativo della stessa norma di legge regionale in contestazione, con la conseguenza evidente che, in caso di ritenuta fondatezza della questione, ne deriverebbero effetti immediati e diretti sull'atto applicativo, gravato dai motivi aggiunti, che verrebbe a perdere il proprio parametro normativo di riferimenti sotto il primo profilo in quanto, a fronte dell'eventuale venir meno della legge regionale e del suo atto applicativo, permarrebbe l'interesse alla decisione del gravame in merito all'impugnativa della delibera originaria, impugnata con il ricorso introduttivo, la quale riprenderebbe effetto, non essendo stata annullata ma unicamente sospesa negli effetti con la prima ordinanza cautelare adottata da questa stessa sezione (la n. 93/2007).

La non manifesta infondatezza emerge sotto diversi profili, in ordine ai quali si rende necessario l'intervento chiarificatore del giudice delle leggi: occorre infatti verificare, anche in considerazione della novità della materia, la compatibilità del sistema disegnato dal legislatore regionale ligure, e dei relativi effetti concreti sulla singola fatitispecie in esame, con diversi parametri costituzionali, in specie a fronte dell'ulteriore intrecciarsi di competenze legislative e nazionale in ambiti di rilevante impatto sui diritti fondamentali, quale quello alla salute, nonchè al fine di verificare il rapporto ed il bilanciamento costituzionalmente compatibile fra la normativa posta a tutela di tali diritti e quella posta a garanzia dell'integrità delle pubbliche finanze.

L'individuazione dei suddetti profili impone un breve riassunto del quadro normativo su cui è intervenuta la norma regionale contestata.

In via generale, è noto come ai sensi del novellato art. 117 Cost. rientri nella competenza esclusiva statale (secondo comma, lett. m) la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ed in quella concorrente fra Stato e regioni la materia della tutela della salute.

In proposito, la riforma costituzionale del 2001 ha confermato la necessità di garantire in termini di principio, a livello sia statale che regionale, la tutela di diritti fondamentali: se infatti non pare potersi sensatamente negare che il diritto alla salute rientri a pieno titolo fra i diritti civili e sociali la cui prestazione va garantita in termini di essenzialità, la relativa tutela è affidata contestualmente allo Stato ed alle regioni, secondo il noto schema per cui il primo detta i principi fondamentali e le seconde le norme di attuazione in ambito sanitario.

Invero, sul versante legislativo va evidenziato come la sanità spesso sia stata (e continui ad essere) uno dei terreni privilegiati di sperimentazione della nuova frontiera dei diritti e dell'eguaglianza, risultando tale settore il più esposto al confronto fra pubblico e privato nonchè tra diversi livelli istituzionali. Nel sistema costituzionale ante riforma del 2001 la materia assistenza ed organizzazione sanitaria rientrava già nelle competenze legislative concorrenti delle regioni, ed a ciò ha corrisposto un decentramento delle funzioni amministrative tra i più rilevanti nell'ambito del primo regionalismo. Peraltro, presumibilmente già nell'ottica del rispetto dei livelli essenziali in tema di diritti fondamentali, l'esito di questo non sempre certo equilibrio tra livelli e responsabilità istituzionali è stato di netta subordinazione dell'autonomia regionale alle ragioni dell'uniformità; tuttavia, il nuovo quadro di riparto costituzionale, se per un verso impone espressamente il rispetto dei diritti civili e sociali da garantire uniformemente, per un altro individua una soglia la quale, pur se affidata a termini qualificativi mobili (livelli essenziali), evidenzia la necessità di selezionare, nell'ambito degli interventi (in tema di salute, per quanto di interesse nella specie) i profili indisponibili per le politiche operative locali.

Invero, proprio i profili di possibile incertezza derivanti dall'utilizzo di un parametro mobile, se per un verso lasciano ragionevole spazio alla discrezionalità del legislatore statale e regionale, per un altro verso rendono evidente l'esigenza di individuare a livello interpretativo costituzionale, se non dei veri e propri paletti, quantomeno dei criteri di indirizzo ermeneutico.

In tale contesto va inserita ed esaminata la disciplina nazionale, rilevante nel caso de quo e che in linea generale ha accompagnato e seguito la riforma costituzionale del 2001.

Al riguardo, in primo luogo va richiamato l'art. 6, d.l. n. 347/2001, disposizione invocata dalla regione in termini di motivazione di diritto nella norma - provvedimento oggetto della questione.

In linea generale, con l'art 6 cit., per un verso, viene deferita ad un successivo d.P.C.m. la definizione dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e, per un altro verso, viene rimessa ad un provvedimento della Commissione unica del farmaco l'individuazione dei farmaci che, in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità.

Più in particolare, poi, lo stesso art. 6 prevede che la totale o parziale esclusione dalla rimborsabilità dei farmaci di cui al comma 1 (cioè di carattere non essenziale) è disposta, anche con provvedimento amministrativo della regione, tenuto conto dell'andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato.

Peraltro, sotto il versante generale sono intervenuti rispettivamente il d.P.C.m. 29 novembre 2001, recante la definizione dei livelli essenziali di assistenza in cui rientra anche quella farmaceutica erogata attraverso le farmacie territoriali per la fornitura di specialità medicinali e prodotti galenici classificati in classe A, e il decreto del CUF datato 4 dicembre 2001 (peraltro abrogato espressamente dall'art. 5 del d.m. 27 settembre 2002 recante la riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3, della legge 8 agosto 2002, n. 178).

Sotto il versante particolare, il meccanismo di cui all'art. 6 comma 2 risulta in parte superato in base al successivo art. 48, d.l. n. 269/2003. Tale norma, nel dettare un tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica e «fermo restando che il farmaco rappresenta uno strumento di tutela della salute e che i medicinali sono erogati dal Servizio sanitario nazionale in quanto inclusi nei livelli essenziali di assistenza, istituisce (con effetto dal 1 gennaio 2004 ed al fine di garantire l'unitarietà delle attività in materia di farmaceutica oltre che di favorire in Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo) l'Agenzia Italiana del Farmaco. Tra i compiti di tale organismo (dettati al comma 5) viene individuato espressamente (lett c) quello di «provvedere entro il 30 settembre di ogni anno, o semestralmente nel caso di sfondamenti del tetto di spesa di cui al comma 1, a redigere l'elenco dei farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, sulla base dei criteri di costo e di efficacia in modo da assicurare, su base annua, il rispetto dei livelli di spesa programmata nei vigenti documenti contabili di finanza pubblica».

La successiva lett f) attribuisce l'ulteriore compito di «procedere in caso di superamento del tetto di spesa di cui al comma 1 ... a ridefinire, anche temporaneamente, nella misura del 60 per cento del superamento, la quota di spettanza al produttore prevista dall'articolo 1, comma 40, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ..... Il rimanente 40 per cento del superamento viene ripianato dalle regioni attraverso l'adozione di specifiche misure in materia farmaceutica, di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e costituisce adempimento ai fini dell'accesso all'adeguamento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, e successive modificazioni».

Successivamente, ai sensi dell'art. 1, comma 796, lett l), legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in caso di superamento del tetto di spesa indicato «le regioni interessate, in alternativa alla predetta applicazione di una quota fissa per confezione, possono adottare anche diverse misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica convenzionata, purchè di importo adeguato a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento, la cui adozione e congruità è verificata entro il 28 febbraio 2007 dal Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata intesa del 23 marzo 2005, avvalendosi del supporto tecnico dell'AIFA».

A fronte di tale quadro normativo nazionale si inserisce la disposizione regionale in questione, a tenore della quale «Ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito in legge 16 novembre 2001, n. 405 (Interventi urgenti in materia à spesa sanitaria), del parere espresso dalla Commissione tecnico-scientifica dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in data 20 febbraio 2007 ed ai fini del rispetto degli impegni assunti con l'accordo 6 marzo 2007 con il Ministero della salute e con il Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente agli, interventi per il contenimento della spesa farmaceutica, per quanto concerne la categoria terapeutica degli inibitori di pompa protonica, è posto a carico del Servizio sanitario solo il costo del farmaco generico incluso in tale categoria terapeutica, salvo le deroghe previste con provvedimenti amministrativi. La Giunta regionale può altresì derogare dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo in presenza di atti nazionali o regionali finalizzati a garantire i medesimi effetti economici».

Invero, e fatta salva la successiva analisi della ulteriore parte finale che consente la deroga in via amministrativa, la norma pare scindibile in due parti: la prima, che costituisce la motivazione di diritto (art. 6, d.l. 347 cit) e di fatto (parere della commissione AIFA) della successiva statuizione; la seconda che detta la previsione dispositiva, cioè in termini di drafting la vera e propria norma.

Trattandosi di norma di rango legislativo l'analisi viene svolta al fine di verificarne la rispondenza ai parametri costituzionali di riferimento, in cui la normativa nazionale suddetta assume rilievo ai sensi dell'art. 117, lett. m) nonchè quale principio fondamentale di tutela della salute. Peraltro, la parte motiva assume rilievo anche al fine di valutare la ragionevolezza della scelta dispositiva.

Prendendo quindi le mosse dalla parte motiva, la norma regionale pare contrastante rispetto alla disciplina nazionale invocata (art. 6, legge n. 347/2001), espressione della determinazione dei cc.dd. LEA, nella parte in cui consente il meccanismo di cui al comma 2 unicamente per i farmaci non essenziali, tra i quali non rientrerebbero quefli di fascia A e quindi anche gli IPP in oggetto. La regione fonda l'applicabilità del meccanismo normativo invocato in base alla ritenuta esclusione dell'essenzialità dei farmaci in questione, statuita dall'organo competente (l'AlFA) con l'atto richiamato nella parte motiva della norma provvedimento in questione. Peraltro, anche volendo prescindere dalla circostanza emersa in

sede istruttoria e di discussione orale per cui la regione non era in possesso di tale atto e non ne conosceva pertanto il contenuto al momento dell'approvazione della norma in questione, dall'analisi di quanto poi acquisito in sede istruttoria emerge come l'atto invocato nella norma regionale assuma valore unicamente procedimentale e prodoromico rispetto al necessario atto conclusivo del procedimento e rilevante nei termini auspicati. Pertanto, alla data di entrata in vigore dell'adozione della norma in questione non era ancora intervenuto il provvedimento che la stessa regione riteneva necessario, essendo intervenuto un mero parere, atto endoprocedimentale e prodromico rispetto a quello successivo.

Incidentalmente, a conferma della non manifesta infondatezza delle a censure di costituzionalità dedotte, va evidenziato l'ulteriore errore in cui è caduta l'amministrazione regionale allorquando, dopo aver finalmente preso cognizione di tale atto (in epoca successiva all'approvazione della norma), ha ritenuto di poter trarre l'indicazione sulla certezza della equivalenza tra i farmaci estrapolando l'ultima frase in fondo alla pagina 6 della parte motiva del parere «ferma restando la certezza della sovrapponibilità dei farmaci appartenenti a tale categoria»; infatti, l'attenta lettura del parere, che infatti non era conosciuto dalla regione nel suo contenuto all'epoca dell'adozione della norma in questione, evidenzia come la commissione, oltre a richiamare la norma corretta di cui all'art. 48 cit. (e non l'art. 6 invocato dalla regione) si è limitata in tale passaggio a richiamare la necessità di tale presupposto. Tale attenta lettura avrebbe consentito di verificare come la stessa commissione AIFA, oltre a richiamare la norma corretta, avesse (capoverso successivo) evidenziato il necessario recepimento in atto del direttore generale dell'AIFA.

Peraltro, anche volendo prescindere dai richiami contenuti nella parte motivazonale della norma, la stessa non appare compatibile con i parametri legislativi nazionali che, sul punto, assumono evidente rilievo in termini di determinazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, per cui l'esclusione dalla piena rimborsabilità presuppone una valutazione dell'AIFA avente carattere di provvedimento efficace adottato dall'organo competente e che nel caso di specie è intervenuto in epoca successiva all'approvazione della norma regionale e con una precisazione di necessaria uniformità a livello nazionale.

A quest'ultimo proposito pertanto appare non manifestamente infondata altresì la questione di legittimità costituzionale della norma regionale per violazione del principio di eguaglianza, in specie rispetto ad un diritto fondamentale quale quello alla salute. Infatti, in termini ragionevolmente conformi alla necessaria garanzia di uniformità nazionale dei suddetti livelli essenziali, il provvedimento dell'AIFA datato 19 aprile 2007 approva l'allineamento del prezzo di rimborso dei farmaci in oggetto reputando necessario tuttavia assicurare sull'intero territorio nazionale la unitaiità prescrittiva e la disponibilità a carico del S.S.N. della categoria omogenea degli inibitori di pompa.

Passando all'analisi della terza parte della disposizione in questione, appare altresì non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma, per violazione dei parametri costituzionali di ragionevolezza eguaglianza e tutela della salute ex artt. 3 e 32 Cost., laddove genericamente attribuisce una delega in bianco agli organi amministrativi per la deroga alla disposizione, senza l'individuazione di alcun criterio o parametro per l'esercizio di tale potere di deroga. A conferma dei consistenti dubbi sulla costituzionalità di tale disposto, con l'ulteriore inciso finale il legislatore regionale contraddittoriamente attribuisce analogo potere ad un organo politico a fronte di atti nazionali o regionali solo genericamente individuati.

La non manifesta infondatezza della violazione dei parametri costituzionali di ragionevolezza e eguaglianza emerge altresì dalla natura di legge provvedimento della norma regionale in questione, essendola stessa produttiva di effetti nei confronti di destinatari chiaramente individuabili, aziende farmaceutiche ricorrenti e pazienti che necessitano di tale farmaco, con la conseguenza che si impone uno scrutinio rigoroso di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio, anche territoriale, oltre che in termini di ragionevolezza, sulla scorta delle considerazioni sopra svolte e secondo la costante opinione della stessa Consulta (cfr. ad es. sentenze nn. 2 del 1997/499 del 1995 e n. 143 del 1989).

Infine, occorre sottoporre al vaglio di costituzionalità l'ulteriore questione concernente la violazione degli artt. 24 e 113 Cost., in quanto la norma provvedimento risulta approvata dalla regione all'evidente fine di riproporre in via legislativa un atto amministrativo i cui effetti risultano essere stati sospesi in via cautelare nella naturale sede giurisdizionale. In proposito, occorre verificare l'applicabilità del limite già individuato dalla stessa Corte costituzionale, a tenore del quale è ammissibile la legificazione anche a livello regionale di scelte che di regola sono compiute dall'amministrazione attiva, purchè ciò avvenga entro certi limiti, come quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso, nell'ipotesi quale quella di specie in cui la legge provvedimento viene direttamente a vanificare la tutela cautelare assicurata dal giudice competente rispetto a provvedimenti amministrativi che confluiscono nella legge - provvedimento (cfr. ad es. sentenze sopra già citate, n. 495/1999 nonchè n. 346/1991).

In proposito, gli evidenti rischi di elusione della tutela assicurata in termini di principio fondamentale dalle norme costituzionali sopra evocate si accompagnano alla constatazione di un sempre maggior ricorso alle cc.dd. leggi regionali provvedimento in pendenza di giudizi ed al fine di superare provvedimenti giurisdizionali, che hanno posto anche profili problematici a livello sopranazionale (cfr. ad es. l.r. Liguria 31 ottobre 2006 n. 36, oggetto di espressa sospensione ai sensi dell'art. 4 d.l. 27 dicembre 2006 n. 297 in adempimento di ordinanza del Presidente della Corte di giustizia delle comunità europee).

Conclusivamente il Collegio, sulla base degli argomenti sopra esposti solleva d'ufficio questione di costituzionalità, dell'art. 13, l.r. n. 15/2007, in relazione ai profili così riassunti: violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. m) e terzo comma, nella parte in cui non è conforme alle norme nazionali di determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei principi fondamentali in tema di tutela della. salute; violazione degli artt. 3 e 32 nella parte in cui comporta una disparità di trattamento rispetto alle altre regioni, irragionevolmente si fonda su di una norma nazionale in parte superata e non applicabile nella specie nonchè su di un atto endoprocedimentale oltretutto travisato nel suo (peraltro non conosciuto all'epoca di approvazione della stessa norma regionale) contenuto, ed altresì nella parte in cui irragionevolmente prevede una delega in bianco per l'eventuale deroga al proprio disposto in capo agli organi amministrativi senza alcun criterio per l'esercizio della deroga stessa; violazione degli artt. 24 e 113 Cost. nella parte in cui in cui la legge provvedimento viene direttamente a vanificare la tutela cautelare assicurata dal giudice competente rispetto ai provvedimenti amministrativi impugnati e che confluiscono nella stessa legge-provvedimento.

Alla luce delle considerazioni che precedono deve essere sospesa ogni decisione sulla predetta controversia, dovendo la questione essere demandata al giudizio della Corte costituzionale.