Ricorso ex art. 127 della costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato (CF 80188230587) presso i cui uffici è domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della Regione p.t. per la declaratoria di illegittimità costituzionale della legge Regione Puglia 30 maggio 2024, n. 24 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del 3 giugno 2024, n. 45 recante: «XI legislatura - 20° provvedimento di riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell'art. 73, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e modifiche alle leggi regionali 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia), 16 febbraio 2024, n. 3 (lstituzione della Fondazione della disfida di Barletta), 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, all'accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), e 29 dicembre 2022, n. 32 (Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia - legge di stabilità regionale 2023», pubblicata nel BUR n. 45 del 3 giugno 2024, in virtà della: delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta del 22 luglio 2024.
In data 3 giugno 2024 è stata pubblicata nel B.U.R. n. 45 della Regione Puglia, la legge regionale del 30 maggio 2024 n. 24 intitolata «XI legislatura - 20° provvedimento di riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell'art. 73, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e modifiche alle leggi regionali 24 luglio 1997, n. 19 (Norme per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette nella Regione Puglia), 16 febbraio 2024, n. 3 (Istituzione della Fondazione della disfida di Barletta), 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, all'accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private), e 29 dicembre 2022, n. 32 (Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia - legge di stabilità regionale 2023».
Il Presidente del Consiglio ritiene che la disposizione contenuta nell'art. 8, comma 1, della L.R. n. 24 del 30 maggio 2024 sia illegittima per contrasto con l'art. 117, comma 3 della Costituzione; pertanto propone questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, Cost. per i seguenti
Motivi
1. L'art. 8, comma 1, della L. R. 24 del 30 maggio 2024, n. 24 della Regione Puglia, inserito nel Capo IV intitolato Modifica alla legge regionale 2 maggio 2017, n. 9, prevede quanto segue:
1. Il comma 8 dell'art. 12 della legge regionale 2 maggio 2017, n. 9 (Nuova disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, all'accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private) è sostituito dal seguente:
«8. Alle strutture private accreditate con il Servizio sanitario regionale e a quelle autorizzate all'esercizio non si applica il limite di età massimo per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario previsto per le strutture pubbliche [...] all'art. 15-novies, comma 1, del decreto legislativo n. 502/1992.».
L'art. 15-novies comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, prevede quanto segue:
1. Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell'interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. E' abrogata la legge 19 febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio.
Ebbene si ritiene che l'art. 8 della L. R. n. 24/2024 della Regione Puglia contrasti con le disposizioni statali per le ragioni che saranno di seguito illustrate.
2. In primo luogo giova premettere che la disposizione in esame, nella sua originaria formulazione in vigore dal 2 maggio 2017 al 23 luglio 2020, si collocava in perfetta armonia con la normativa statale, richiamando il limite di età previsto da quest'ultima. Per pronto riferimento si riporta il testo originario formulato come segue:
8. Il limite di età massimo previsto per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario è quello previsto dal comma 1 dell'art. 15-nonies del decreto legislativo n. 502/1992.
Successivamente la predetta disposizione è stata ripetutamente modificata nel senso della introduzione di sempre più ampie deroghe alla norma statale.
Infatti per effetto della modifica introdotta dall'art. 1, comma 11, L.R. 7 luglio 2020, n. 18, la disposizione in parola è stata sostituita dalla seguente:
8. Il limite di età massimo previsto per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario è quello previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di permanenza in servizio dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del servizio sanitario nazionale, fatta eccezione per gli ambulatori specialistici non accreditati.
Una ulteriore modifica è stata apportata nel 2020 per effetto dell'art. 1, comma 11, L.R. 7 luglio 2020, n. 18 e dell'art. 10, comma 1, lettera b), L.R. 30 dicembre 2021, n. 51, in forza dei quali a decorrere dal 31 dicembre 2021 il limite di età per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario è stata ancora modificata come segue:
8. Il limite di età massimo previsto per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario è quello previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di permanenza in servizio dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del servizio sanitario nazionale, fatta eccezione per le strutture private monospecialistiche ambulatoriali, residenziali e semiresidenziali.
Una ennesima modifica è stata apportata dall'art. 4, comma 1, lettera b), L.R. 9 aprile 2024, n. 16, che è rimasta in vigore dal 9 aprile 2024 al 2 giugno 2024, in forza della quale la disposizione in esame è stata modificata come segue:
«8. Per far fronte all'attuale grave carenza di dirigenti medici e comunque fino al 31 dicembre 2025, il limite di età massimo previsto per lo svolgimento della funzione di responsabile sanitario nelle strutture private accreditate è pari a settantadue anni. Il limite di età non si applica alle strutture autorizzate all'esercizio.»
Da ultimo sul testo predetto è intervenuta la L.R. 24/1924, oggetto del presente ricorso, che ha sottratto al perimetro di applicabilità della disciplina contenuta nell'art. 15-novies del decreto legislativo n. 502/1992 tutte «le strutture private accreditate con il Servizio sanitario regionale e quelle autorizzate all'esercizio».
Dunque la norma qui censurata si discosta dalla disciplina statale concernente l'età dei dirigenti sanitari di cui all'art. 15-novies decreto legislativo n. 502/1992, non solo con riferimento alle strutture private autorizzate, ma anche con riferimento a quelle accreditate, così ponendosi in netto contrasto con i principi fondamentali in materia di «tutela della salute», in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.. 3.
Al proposito non può sfuggire che codesta Corte ha già avuto modo di affrontare funditus la tematica in esame nella sentenza n. 195 del 15 ottobre 2021, riguardante l'art. 1, comma 11, della legge della Regione Puglia n. 18 del 2020.
Quest'ultima norma - come sopra ricordato - aveva anch'essa previsto una deroga alla disciplina statale concernente il limite di età del responsabile sanitario limitatamente, però, «alle strutture private monospecialistiche ambulatoriali, residenziali e semiresidenziali».
Ebbene nella predetta sentenza codesta Corte ha ritenuto non fondata la questione in base al principio secondo cui «Il legislatore regionale, nei limiti della propria competenza e ispirandosi al canone della ragionevolezza, può differenziare il trattamento delle strutture private da quelle pubbliche ed equiparate, i cui criteri organizzativi non sono comparabili, tenuto conto che le prime sono caratterizzate da una maggiore apertura al mercato e alle regole della concorrenza. Pertanto, nella scelta del direttore sanitario, le strutture private possono adottare criteri riferiti alla professionalità e alle competenze acquisite, senza doversi attenere ai limiti di età previsti per i dirigenti delle strutture pubbliche».
La motivazione della citata sentenza risulta incentrata sulla netta distinzione tra strutture private semplicemente autorizzate e strutture private accreditate, distinzione che giustifica, secondo le chiare indicazioni fornite da codesta Corte, la disciplina regionale derogatoria in riferimento ai limiti di età dei dirigenti sanitari, ma solo limitatamente alle strutture private autorizzate.
Sul punto giova richiamare ampio stralcio della puntuale motivazione della sentenza n. 195/2021:
2.4.3.- Il sistema sanitario, come riformato dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e poi significativamente rimodulato con il decreto legislativo n. 229 del 1999, configura il rapporto pubblico-privato dell'offerta sanitaria secondo un sistema progressivo, in base al quale i soggetti che intendono erogare prestazioni sanitarie devono essere autorizzati e solo se autorizzati possono chiedere l'accreditamento istituzionale, che li rende potenziali erogatori di prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale. Ciò si realizza solo a seguito della conclusione di contratti con l'amministrazione, e nei limiti di spesa ivi previsti.
L'autorizzazione, disciplinata dall'art. 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, si articola sul duplice versante della realizzazione della struttura e dell'esercizio dell'attività sanitaria. Essa è subordinata alla verifica, da parte della Regione interessata, della realizzabilità della struttura in relazione alla localizzazione territoriale, tenuto conto del fabbisogno complessivo di assistenza che considera anche le prestazioni extra livelli essenziali di assistenza (sentenza n. 7 del 2021), e al possesso dei requisiti minimi di tipo strutturale, tecnologico e organizzativo.
All'obbligo di autorizzazione sono sottoposti anche gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, nonchè le strutture dedicate esclusivamente ad attività diagnostiche.
2.4.4.- Per ottenere l'autorizzazione all'esercizio dell'attività, la struttura deve possedere requisiti minimi, anche organizzativi, ed è questo il profilo che rileva ai fini dell'odierno scrutinio.
L'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992 stabilisce che, «ferma restando la competenza delle regioni in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private a norma dell'art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi».
L'attuazione dell'art. 8, comma 4, è avvenuta con il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private), che ha previsto i requisiti minimi generali e specifici, riservando alle Regioni la fissazione degli standard di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento.
Con riferimento alle strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale (definite come luoghi intra o extraospedalieri preposti ad erogare prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione, nelle situazioni che non richiedono ricovero neanche a ciclo diurno), è richiesta la presenza, durante lo svolgimento dell'attività, di almeno un medico, indicato quale responsabile delle attività cliniche svolte nell'ambulatorio.
2.5.- Questa Corte è costante nel ricondurre la competenza regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute. Le Regioni sono vincolate al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali, dovendosi peraltro distinguere, «dopo il riordino del sistema sanitario, gli aspetti che attengono all'«autorizzazione» prevista per l'esercizio di tutte le attività sanitarie, da quelli che riguardano l'«accreditamento» delle strutture autorizzate» (sentenza n. 292 del 2012, punto 4 del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 106 del 2020 e n. 7 del 2021).
In particolare, con riferimento all'autorizzazione, le disposizioni contenute negli articoli 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, che prevedono i requisiti minimi di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie, rappresentano principi fondamentali della materia che le Regioni sono tenute ad osservare «indipendentemente dal fatto che la struttura intenda o meno chiedere l'accreditamento» (sentenza n. 292 del 2012, che richiama le sentenze n. 245 e n. 150 del 2010).
2.6.- Quanto alla figura del responsabile sanitario, presente già nella legislazione più risalente (l'art. 83 del Regolamento generale sanitario del 1901 richiedeva, per l'apertura e il mantenimento in esercizio di ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, la presenza di un dott. in medicina e chirurgia che assumesse la direzione tecnica dell'istituto), essa è prevista dall'art. 4 della legge n. 412 del 1991.
Tale norma, dettata prima della riforma del sistema sanitario, stabilisce che le Regioni possono stipulare convenzioni anche con istituzioni sanitarie private, sottoposte al regime di autorizzazione e vigilanza sanitaria di cui all'art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) «e devono avere un direttore sanitario o tecnico, che risponde personalmente dell'organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possesso dei prescritti titoli professionali da parte del personale che ivi opera».
Ulteriori riferimenti al responsabile sanitario si rinvengono nella legislazione più recente.
La legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e per la concorrenza), all'art. 1, commi da 153 a 155, prevede la presenza obbligatoria di un direttore sanitario iscritto all'albo degli odontoiatri per le società operanti nel settore, e per le strutture sanitarie polispecialistiche in cui sia presente un ambulatorio odontoiatrico.
Il Codice di deontologia medica del 2018, all'art. 69 impone al responsabile sanitario di struttura privata la comunicazione tempestiva dell'assunzione dell'incarico (nonchè della rinuncia) all'ordine di appartenenza, e pone il divieto di incarichi plurimi, incompatibili con le funzioni di vigilanza attiva e continuativa.
La legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), all'art. 1, comma 536, prevede che «tutte le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all'albo dell'ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».
2.7.- La ricognizione normativa fin qui svolta conferma l'assenza di un principio fondamentale espressamente ricavabile da una norma statale, o che si possa evincere in via sistematica, in forza del quale il responsabile sanitario di struttura privata oltre a possedere i requisiti di professionalità, debba avere età inferiore ai settanta anni.
Inoltre, la differenziazione, sempre più nettamente definita dalla giurisprudenza amministrativa (per tutte, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 febbraio 2021, n. 1249), tra strutture autorizzate, che operano in regime privatistico, e strutture che, invece, attraverso l'accreditamento istituzionale, entrano a far parte del sistema sanitario pubblico, erogando prestazioni per conto del servizio sanitario, converge nella direzione della legittimità di una disciplina regionale che riconosca alle prime la possibilità di avvalersi, per lo svolgimento delle funzioni di responsabile sanitario, di un professionista che abbia superato il limite massimo di età previsto per la permanenza in servizio nelle strutture pubbliche ed equiparate.
Diverse, in quest'ambito, sono le esigenze che si apprezzano nei due settori - privato e pubblico - dell'offerta sanitaria. Se, come si è visto, il limite di età fissato dall'art. 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992 si inserisce nel quadro normativo della disciplina del lavoro pubblico, rispondendo a esigenze di carattere organizzativo/occupazionale, quel limite non può essere esteso alle strutture che operano nel settore privato, cui deve essere riconosciuta una spiccata autonomia gestionale.
In questo senso si è espressa anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella segnalazione del 24 giugno 2020, avente a oggetto la disposizione contenuta nel previgente testo dell'art. 12, comma 8, della L.R. Puglia n. 9 del 2017.
Essa ha ritenuto, infatti, che l'applicazione del limite previsto dall'art. 15-nonies, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 alle strutture sanitarie e socio-sanitarie private, «precludendo loro di avvalersi di un medico che ha superato il limite di età previsto per rivestire il ruolo di direttore sanitario», determini «un'ingiustificata limitazione alla prestazione dei servizi professionali da parte dei medici, restringendo così l'offerta di tali servizi», oltre alla compressione ingiustificata della libertà di iniziativa economica e dell'autonomia gestionale delle strutture anzidette».
Dall'ampio richiamato stralcio della sentenza n. 195/2021 si può dunque agevolmente evincere che, per converso, con riferimento alle strutture che attraverso l'accreditamento istituzionale entrino a far parte del sistema sanitario pubblico erogando prestazioni per conto del servizio sanitario, dovrebbe essere affermata l'illegittimità di un regime giuridico come quella previsto dalla norma regionale scrutinata, la quale non solo conferma, per le strutture autorizzate, la deroga concernente i limiti di età delle strutture autorizzate, ma estende illegittimamente il richiamato regime derogatorio anche ai responsabili sanitari delle strutture accreditate.
Diversamente dalla previgente disposizione (introdotta dall'art. 1, comma 11, della L.R n. 18/2020), passata indenne dal vaglio di costituzionalità in quanto riferita a strutture sanitarie private, la disposizione oggetto del presente giudizio si pone in evidente ed immediata frizione con i principi affermati da codesta Corte in via generale nella richiamata sentenza n. 195/2021.
4. La divaricazione rispetto alla normativa statale, rivelante ai fini dell'art. 117 comma 3 Cost., si rileva anche sotto altro connesso profilo.
Come visto, proprio perchè facenti parte del circuito pubblico, le menzionate strutture accreditate si devono ritenere soggette non solo alla disciplina prevista per le strutture pubbliche in materia di limiti di età per le figure apicali prevista dall'art. 15-novies del decreto legislativo n. 502/1992, ma anche alla disciplina prevista dall'art. 4 comma 6-bis del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, intitolato disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito con mod. nella L. 23 febbraio 2024, n. 18.
In particolare il menzionato art. 4, rubricato Proroga di termini in materia di salute, al comma 6-bis prevede quanto segue:
«6-bis. Dopo il comma 164 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, in materia di trattenimento in servizio di dirigenti medici e sanitari e di infermieri del Servizio sanitario nazionale, è inserito il seguente:
«164-bis. Anche al fine di fare fronte alle esigenze di formazione e tutoraggio del personale assunto ai sensi dell'art. 1, comma 548-bis, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e dei medici con contratto di formazione specialistica, nonchè di fronteggiare la grave carenza di personale, le aziende del Servizio sanitario nazionale, fino al 31 dicembre 2025, possono trattenere in servizio, su istanza degli interessati, i dirigenti medici e sanitari dipendenti del Servizio sanitario nazionale, in deroga ai limiti previsti dall'art. 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, fino al compimento del settantaduesimo anno di età e comunque non oltre la predetta data del 31 dicembre 2025. Il Ministero della salute e le università possono applicare le disposizioni di cui al primo periodo, rispettivamente, ai dirigenti medici e sanitari di cui all'art. 17, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, e ai docenti universitari che svolgono attività assistenziali in medicina e chirurgia. Le amministrazioni di cui al primo e al secondo periodo possono riammettere in servizio, a domanda, fino al compimento del settantaduesimo anno di età e comunque non oltre il 31 dicembre 2025, il personale di cui al presente comma collocato in quiescenza a decorrere dal 1° settembre 2023 avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento di vecchiaia, nei limiti delle facoltà assunzionali vigenti e previa opzione da parte del medesimo personale per il mantenimento del trattamento previdenziale già in godimento ovvero per l'erogazione della retribuzione connessa all'incarico da conferire. I dirigenti medici e sanitari e i docenti universitari che svolgono attività assistenziali in medicina e chirurgia di cui al presente comma non possono mantenere o assumere incarichi dirigenziali apicali di struttura complessa o dipartimentale o di livello generale».
Ebbene, l'art. , 8 comma 1, della L.R. 24/2024 non reca alcun riferimento alla natura transitoria del trattenimento in servizio come previsto dal richiamato art. 4, comma 6-bis, del decreto-legge n. 215/2023.
5. Alla luce di quanto esposto deve essere dichiarata, in parte qua, l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 comma 1 della L.R. 24/2024, per contrasto con l'art. 117, comma 3, Cost., in materia di «tutela della salute» in relazione al combinato disposto degli articoli 15-novies del decreto legislativo n. 502/1992 e dell'art. 4 comma 6-bis del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 215, convertito con mod. nella L. 23 febbraio 2024, n. 18.