Ricorso della Regione Calabria (c.f. 02205340793), in persona del presidente della Giunta regionale on.le Gerardo Mario Oliverio, rappresentata e difesa, giusta delibera G.R. n. 313 del 22 luglio 2019, e correlato decreto dirigenziale di incarico, nonchè in virtù di procura speciale in calce al presente atto, dall'avv. Giuseppe Naimo (c.f. NMA GPP 65A05 D976H) dell'Avvocatura regionale (posta elettronica certificata avvocato8.cz@pec.regione.calabria.it), ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Sabotino, 12, presso lo studio dell'avv. Graziano Pungì fax 0961/853581, indirizzi di posta elettronica e fax ai quali intende ricevere comunicazioni e notificazioni del presente giudizio;
Contro Presidenza del Consiglio dei ministri(cf 80188230587), in persona del Presidente pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna, 370;
Per la dichiarazione di illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 14 e 15 del decreto-legge 30.4.19, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, derivante dalla violazione degli articoli 5, 81, 97, 117, 119, 120 e 121 della Costituzione, nonchè degli articoli 8, legge n. 131/2003, 2, commi 78, 88 e 88-bis legge n. 191/2009, 1, 2, 3, 6, 7 e 8 decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, 5-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.
Fatto
Il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 - Serie generale - del 2 maggio 2019, recante «Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria.», ritenendo di dover adottare misure eccezionali, volte anche alla risoluzione delle riscontrate, gravi inadempienze amministrative e gestionali, per la Regione Calabria, supportando l'azione commissariale di risanamento del servizio sanitario regionale, ed accertati il mancato rispetto degli obiettivi economico-finanziari previsti dalla cornice programmata nell'ambito dei programmi operativi, il mancato raggiungimento del punteggio minimo previsto dalla griglia dei livelli essenziali di assistenza, nonchè rilevanti criticità connesse alla gestione amministrativa, più volte riscontrati, da ultimo, dai Tavoli di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei LEA nella seduta congiunta del 4 aprile 2019, al Capo I, rubricato «Disposizioni urgenti per il Servizio sanitario della Regione Calabria» (articoli 1 - 10) contiene - tra gli altri - l'art. 1 «Ambito di applicazione», l'art. 2 «Verifica straordinaria sui direttori generali degli enti del Servizio sanitario regionale», l'art. 3 «Commissari straordinari degli enti del Servizio sanitario regionale», l'art. 4 «Direttori amministrativi e direttori sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale», l'art. 5 «Dissesto finanziario degli enti del Servizio sanitario regionale» l'art. 6 «Appalti, servizi e forniture per gli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria» l'art. 8 «Supporto dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali» e l'art. 9 «Ulteriori disposizioni in tema di collaborazione e supporto ai Commissari»; al Capo III, rubricato «Disposizioni finanziarie, transitorie e finali» (articoli 14 - 16), contiene - tra gli altri - l'art. 14 «Disposizioni finanziarie» e l'art. 15 «Disposizioni transitorie e finali», articoli tutti già oggetto di impugnativa da parte della Regione col ricorso iscritto al n. 59/19 R.R., e fissato per la discussione all'udienza pubblica del 22 ottobre 2019.
Tale decreto è stato oggetto di conversione - con modifiche in larga parte assolutamente marginali o addirittura ultronee, per quel che riguarda le norme già impugnate dalla Regione - con la legge n. 60/2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 152 del 1° luglio 2019, e la Regione intende proporre impugnativa anche avverso le norme del decreto-legge per come convertite.
Così esposte la cronologia dei fatti e le norme che si intendono impugnare, questa difesa intende ricorrere, come in effetti con il presente atto ricorre, a codesta Corte costituzionale, ex art. 127, comma 2, della Costituzione, atteso che le suddette norme presentano profili di lesività in pregiudizio della sfera di attribuzioni legislative ed amministrative della Regione Calabria costituzionalmente garantite, ed interviene maniera significativa su materia di preminente interesse regionale, affidando il ricorso ai seguenti
Motivi
1) Premessa.
Come già indicato nella narrazione del fatto, le modifiche apportate in sede di conversione alle norma impugnate sono quasi esclusivamente marginali o addirittura ultronee, e quindi - in applicazione del consolidato orientamento di codesta Corte «ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze numeri 40/10 e 219/13» - si ritiene che, per esse, le questioni di costituzionalità già poste col ricorso n. 59/19 «In ragione della persistenza del medesimo contenuto precettivo recato dalle disposizioni impugnate, devono ritenersi trasferite sulle nuove norme nella parte in cui esse modificano quelle originarie»; in ogni caso, la Regione - considerando le peculiarità del giudizio in via principale avanti codesta Corte «ex plurimis, Corte costituzionale, sentenza n. 429/97» - intende comunque impugnare, anche per manifestare la permanenza del proprio interesse all'impugnativa, le norme per come convertite, nonchè - per la parte di interesse regionale - le norme introdotte in sede di conversione.
2) Violazione articoli 5, 117, 120, 121 Cost.; 8, legge n. 131/2003; 2, commi 78, 88 e 88-bis, legge n. 191/2009; 1, 2, 3, 6 e 7, decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, 5-bis decreto legislativo n. 502/1992, e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
La Regione ricorrente non può che prendere atto dei contenuti della sentenza n. 200/19 di codesta Corte.
Ciò detto, la Regione intende sottoporre ora a codesta Corte l'ipotesi derivante da tale pronuncia, ossia che codesta Corte ha ritenuto tutt'ora vigente il Piano di rientro dal deficit sanitario nella Regione Calabria, per come prorogato con P.O.
In tale ipotesi, infatti, le modifiche unilaterali al Piano di rientro ed alla normativa di settore, invasive della competenza concorrente e residuale regionale, ed in ogni caso non assistite da coinvolgimento della Regione e/o intesa in sede di Conferenza, determinano per altro verso le violazioni denunciate.
Risulterebbe particolarmente efficace un richiamo alla sentenza n. 219/13 di codesta Corte: «Lo Stato, optando per l'esercizio del potere sostitutivo....si assume l'onere del processo coartato di risanamento delle finanze regionali»; lo Stato utilizza invece le macroscopiche inadempienze dei Commissari statali per prorogare - con l'avallo di codesta Corte - con orizzonte temporale del tutto incerto, e mediante atti unilaterali del Commissario, uno stato di espropriazione delle competenze regionali, che danneggia oggettivamente la Regione ed i cittadini in essa residenti, i quali hanno visto progressivamente peggiorare - per asserzione dello stesso Stato, che anche su tale dato fonda l'intervento qui censurato - la situazione dei livelli essenziali di assistenza, proprio a causa del perdurante intervento statale.
Per comodità espositiva, si esaminerà ciascun articolo, evidenziando le violazioni specifiche per ciascuno di essi.
a) Recando in premessa il decreto-legge che l'adozione è tesa a supportare «l'azione commissariale di risanamento del servizio sanitario regionale», l'art. 1 indica le finalità del decreto-legge «l'aggiunta dell'inciso " nonchè dei livelli essenziali di assistenza" pare del tutto ultronea, recando il decreto in premessa tra le ragioni di adozione lo "scopo di tutelare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in ambito sanitario", ed avendo il Governo già indicato al punto 1) della delibera di nomina - già prodotta nel giudizio n. 59/19 - tra gli obiettivi del Commissario, il raggiungimento degli standard in materia di LEA» l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina - anche per come modificata la norma in sede di conversione - la violazione degli articoli 5, 117 e 120 «che anche tale norma sia applicabile, discende dalla dichiarata finalità del legislatore di incidere sul Piano di rientro in atto, "potenziando" i poteri commissariali» della Costituzione e 1, 2, 3, 6 e 7 decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, 5-bis decreto legislativo n. 502/1992, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme sopra richiamate, dall'art. 8, legge n. 131/2003: l'art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003, infatti, prevede che anche per i provvedimenti normativi il Presidente della Giunta debba partecipare alla seduta del C.d.M. «nel caso di specie, del 18 aprile 2019, tenutasi a Reggio Calabria» che li adotta, e che ciò non sia avvenuto è dato documentale di assoluta evidenza, salva prova contraria a carico di parte statale; inoltre, che il decreto-legge - ipotizzando che l'art. 8, comma 4, della legge n. 131/2003, che prevede, anche per i casi di urgenza, quanto meno il coinvolgimento della Conferenza Stato regioni a seguito dell'adozione di «provvedimenti», la quale può chiedere il riesame del provvedimento, riguardi anche l'adozione di decreti legge ex art. 77 Cost., e non solo quella di provvedimenti aventi natura non normativa, assunti ex art. 120 Cost. - risulta non provata la mancata «immediata comunicazione» alla Conferenza, con conseguente dimostrazione della violazione anche sotto tale profilo.
b) l'art. 2 «sul contenuto sostanziale del quale non incide in alcun modo la modifica apportata in sede di conversione, consistente nella ultronea aggiunta del periodo "convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222" al comma 1», conferisce esplicitamente al Commissario un potere «nuovo» rispetto a quanto già previsto nel vigente Piano di rientro, ossia un potere di verifica «straordinaria» di DD.GG. e/o Commissari, che, in caso di esito negativo, consente una decadenza dichiarabile senza acquisire pareri: l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7 decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente alla relativa seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni; in dettaglio, nel derogare l'art. 2 del decreto legislativo n. 171/2016, consente la nomina dei Commissari straordinari da parte del Commissario anzichè da parte del Presidente della Regione; inoltre, consente una verifica anche prima dei 24 mesi previsti dal comma 4 del citato art. 2; infine, deroga immotivatamente ai commi 4 e 5 dell'art. 2, decreto legislativo n. 171/2016, in quanto la norma impugnata consente di omettere del tutto l'acquisizione dei pareri del Sindaco o della Conferenza competente ivi previsti.
Pare decisivo richiamare, a sostegno del vizio lamentato, la sentenza n. 251/16 di codesta Corte costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 11 della legge n. 124/2015, anche nella parte in cui consentiva di adottare quello che poi sarebbe stato indicato come decreto legislativo n. 171/2016, non previa intesa con la Conferenza Stato regioni, ma solo previo parere della Conferenza Unificata, in quanto, riguardando competenze concorrenti, come quella relativa alla disciplina della dirigenza sanitaria, l'intervento del legislatore statale, costituito dalla determinazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, «deve muoversi nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenze n. 26 e n. 1 del 2016, n. 140 del 2015, n. 44 del 2014, n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008). Poichè le disposizioni impugnate toccano sfere di competenza esclusivamente statali e regionali, il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione deve essere individuato nella Conferenza Stato-Regioni». Non è in discussione, quindi, che qualunque intervento legislativo che incida sull'assetto delineato dal decreto legislativo n. 171/2016 - come accaduto, ad esempio, al momento dell'adozione del decreto legislativo n. 126/2017, correttivo di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 171 - debba - per inequivoca statuizione di codesta Corte - necessariamente essere preceduto da intesa in sede di Conferenza Stato regioni, ivi comprese le deroghe/modifiche introdotte col decreto-legge in oggetto, anche per come convertito.
c) l'art. 3 prevede, in caso di valutazione negativa dei DD.GG., la nomina di Commissari straordinari da parte del Commissario ad acta o, in caso di mancata intesa con la Regione «"nonchè con il rettore nei casi di aziende ospedaliere universitarie", come da modifica in sede di conversione, modifica totalmente ininfluente sui motivi di ricorso qui avanzati dalla Regione, che non intende impugnare detta modifica, nè le altre apportate alla stessa norma in sede di conversione» da parte del Ministro della salute: anche in questo caso, l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7, decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della Giunta al C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni; in dettaglio, si conferisce il potere di nomina al Commissario o al Ministro; inoltre, si introduce una ipotesi di decadenza dei commissari già nominati alla Regione, non disciplinata dal decreto legislativo n. 171/2016; si prevede la possibilità di nomina di un commissario per più aziende del S.S.R.; si prevede - comma 6-bis, introdotto in sede di conversione - l'istituzione di un'Unità di crisi speciale per la regione con il compito di effettuare, entro tre mesi dalla sua istituzione, visite ispettive straordinarie presso le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le aziende ospedaliere universitarie; si inserisce una nuova ipotesi di «esperienza dirigenziale» prevista dall'art. 1, comma 7-ter, del più volte richiamato decreto legislativo n. 171/2016, anche qui derogato senza intesa, e senza appesantire l'atto con inutili ripetizioni, si rinvia alla giurisprudenza di codesta Corte richiamata al punto b).
d) l'art. 4, comma 1, prevede una verifica straordinaria da parte del Commissario straordinario o del D.G. dell'operato dei Direttori amministrativi e sanitari: non avendo la Regione intenzione di impugnare il comma 1-bis, introdotto in sede di conversione, l'unilaterialità dell'intervento legislativo effettuato col comma 1, determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 4, 6 e 7 decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003 per mancata partecipazione del Presidente della Giunta alla seduta del C.d.M. e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni.
e) l'art. 5 prevede la possibilità di disporre la gestione straordinaria, con bilancio separato, in caso di verifica negativa sui conti degli Enti del SSN: premesso che la Regione non ha intenzione di impugnare la modifica apportata al comma 3 in sede di conversione («Restano comunque fermi i limiti di cui all'art. 23-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»), l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7 decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della Giunta alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni.
f) L'art. 6, comma 1, del decreto-legge inibisce in radice agli Enti del Servizio sanitario della Regione di avvalersi della centrale di committenza S.U.A., demandando ogni attività a Consip ovvero - previa convenzione - ad altre centrali di committenza regionali per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, superiori alle soglie comunitarie, con facoltà di avvalersi del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia-Calabria; il comma 2 «modificato in sede di conversione» per gli appalti sotto soglia, il Commissario deve stipulare protocollo ex art. 213 Codice contratti con ANAC, al quale si adeguano gli Enti del SSN, lasciando in vigore «parte aggiunta in sede di conversione» fino alla stipula del protocollo d'intesa, le norme e le procedure vigenti; il comma 3 prevede la redazione di un Piano straordinario che comporta la revoca di tutte le misure già adottate in materia di edilizia sanitaria; il comma 4 «modificato in sede di conversione» in particolare, per alcuni progetti di edilizia sanitaria da finanziare ai sensi dell'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, prevede che gli Enti del SSN possono avvalersi, previa convenzione, di Invitalia S.p.a. quale centrale di committenza, nonchè delle altre strutture previste all'uopo da disposizioni di legge, e «parte aggiunta in sede di conversione» «La convenzione può essere stipulata anche per l'attuazione degli interventi già inseriti negli accordi di programma sottoscritti ai sensi dell'art. 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e dell'art. 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662»: pare evidente anche in relazione a detta norma la violazione degli articoli 5, 117 e 120 della Costituzione, 2, commi 78, 88 e 88-bis, legge n. 191/2009, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, ad esempio, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della Giunta alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni.
Infatti, l'art. 6 modifica unilateralmente il Piano di rientro - ove ancora ritenuto vigente - che prevede «v. DG.R. 845/09, Allegato, paragrafo 9, punto b), e paragrafo 10» la «predisposizione» delle gare da parte della S.U.A., nonchè un budget prefissato per tale attività al fine di consentire un risparmio di spesa; inoltre, gli interventi in materia di edilizia sanitaria, disciplinati all'art. 6 dell'Accordo recepito con D.G.R. n. 97/10, cessato lo specifico commissariamento ivi richiamato, erano rientrati nella piena competenza regionale, per cui l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato anche dall'art. 8, commi 1 e 4, legge n. 131/2003, come sopra dedotto, e la cessazione dello specifico intervento determina in ogni caso la lamentata invasione di competenze.
g) L'art. 8, «interessato, in sede di conversione, solo da una ultronea precisazione sul nome dell'Agenzia» in combinato con l'art. 14, comma 2«questo, modificato in sede di conversione, mediante sostituzione della parole "Relativamente al Capo I" fino a: "e del comma 1" con "Ai fini dell'attuazione delle disposizioni del Capo I, fermo restando quanto previsto dagli articoli 6, comma 5, e 8, nonchè dal comma 1"», esclude la Regione dall'attività di supporto al Commissario in relazione «alle finalità» del decreto; per contro, impone alla Regione di mettere a disposizione del Commissario ad acta, del Commissario straordinario, del Commissario straordinario di liquidazione e del personale impiegato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali «personale, uffici e mezzi per l'espletamento dei relativi incarichi»: l'unilateralità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117 e 120 Cost. e del principio di leale collaborazione, per come declinato dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della Giunta alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni; in dettaglio, il combinato disposto delle due norme impone di mettere a disposizione non solo del Commissario ad acta - come già previsto dalla normativa di settore - personale, uffici e mezzi, ma addirittura di metterli a disposizione dei vari Commissari straordinari, del Commissario liquidatore di cui all'art. 5, e, addirittura, del personale AGENAS, con immotivata e non concordata innovazione dello stato disciplinato in sede di Piano.
h) l'art. 9 prevede la possibilità per il Commissario di stipulare convenzione con la G.d.F.: l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7, decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della G.R. alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni.
i) l'art. 14, commi 1 e 2, anche per come modificati in sede di conversione, determina «comma 1» la copertura finanziaria relativa agli articoli 3, 5 e 9, esclude «comma 2» la Regione dall'attività di supporto in relazione all'art. 8 ed estende ad una serie di soggetti diversi dal Commissario ad acta l'obbligo per la Regione di mettere a disposizione «personale, uffici e mezzi»: l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7, decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della G.R. alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato regioni.
l) l'art. 15, commi 2 e 3, infine, prevede - comma 2 - la decadenza dei DD.GG. nominati dalla Regione trenta giorni prima l'entrata in vigore del decreto, e la revoca delle procedure selettive ancora in itinere, e - comma 3 - la modifica dell'art. 4, legge n. 222/2007, in termini peraltro non coerenti «per l'aggiunta della figura del Subcommissario» con la diversa valutabilità dell'attività del solo Commissario prevista dall'art. 3, comma 8: l'unilaterialità dell'intervento legislativo determina la violazione degli articoli 5, 117, 120, 121 della Costituzione, 1, 2, 6 e 7, decreto legislativo n. 171/2016, 11, comma 1, lettera p), legge n. 124/2015, nonchè del principio di leale collaborazione, per come declinato, oltre che dalle norme ordinarie appena richiamate, dall'art. 8, comma 1, legge n. 131/2003, per mancata partecipazione del Presidente della G.R. alla seduta del C.d.M., e del comma 4, per mancata immediata comunicazione del decreto-legge alla Conferenza Stato Regioni.
3) Violazione articoli 81, 117, 121 Cost.; 7 decreto legislativo n. 171/2016; 5-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e del principio di leale collaborazione.
Anche prescindendo dai profili di incidenza esposti al punto 2) del ricorso, le norme impugnate invado, per altre vie, le competenze regionali.
a) L'art. 3, nel consentire la nomina e la revoca anche dei Commissari straordinari, già nominati dal Presidente della Regione Calabria previa deliberazione di Giunta, ex art. 20 legge regionale n. 29/2002, solo nella Regione Calabria, viola gli articoli 117, comma 3, e 121 Cost. e 7, decreto legislativo n. 171/2016 perchè introduce norma non di principio, ma direttamente di dettaglio, in materia di legislazione concorrente, ed in relazione ad istituto mai disciplinato dallo Stato prima, ma già normato dal Legislatore regionale (si vedano le sentenze di codesta ecc.ma Corte n. 190/17, punto 6 «Considerato in diritto» - proprio relativa alla Regione ricorrente - e n. 87/19, punti 4.2 ss.«Considerato in diritto»).
b) L'art. 6, comma 1, del decreto-legge - come già sopra esposto - inibisce in radice agli Enti del Servizio sanitario della Regione di avvalersi della centrale di committenza S.U.A., demandando ogni attività a Consip ovvero ad altre centrali di committenza regionali per l'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, superiori alle soglie comunitarie, con facoltà di avvalersi del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia-Calabria; il comma 2 «per come convertito» dispone per gli appalti sotto soglia, rinviando alla stipula del protocollo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni; il comma 4, per alcuni progetti di edilizia sanitaria da finanziare ai sensi dell'art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, prevede che gli Enti del SSN possono avvalersi, previa convenzione, di Invitalia S.p.a. quale centrale di committenza, nonchè delle altre strutture previste all'uopo da disposizioni di legge, convenzione stipulabile «come da modifica apportata in sede di conversione» anche per l'attuazione degli interventi già inseriti negli accordi di programma sottoscritti: ciò determina la lamentata violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 121 Cost.
Innanzi tutto, non dettando - neanche in sede di conversione - disciplina transitoria per le gare sopra soglia in atto al momento dell'entrata in vigore della normativa, la stessa ha impattato sull'organizzazione amministrativa dell'Ente «oggetto di competenza residuale regionale, ex art. 117, comma 4, Cost.», impedendo il prosieguo di tutte le gare: se ne è reso conto il Commissario, che ha con proprio decreto n. 110/2019 «assolutamente encomiabile, ma di dubbia legittimità, scontrandosi apertamente col dettato normativo» autorizzato il «completamento» di alcune gare per forniture particolarmente urgenti, mentre per tutte le altre si è determinata paralisi, anche per gare già aggiudicate ma non contrattualizzate.
Anche la modifica apportata al comma 2 impatta sull'organizzazione regionale: rinviando ad un termine incertus quando «la stipula del protocollo con ANAC» l'entrata in vigore delle nuove regole, non consente una ordinata ed efficiente gestione della Stazione appaltante, che si vede soggetta ad assoluta incertezza nello svolgimento del proprio delicatissimo ruolo di Stazione appaltante.
Inoltre, la Stazione unica appaltante è stata istituita nel lontano 2007 (Legge regionale n. 26/2007), prevedendo all'art. 1, comma 1, come obbligatorio il ricorso alla S.U.A. - tra gli altri - per gli enti appartenenti al S.S.N.: tale previsione, non è mai oggetto di impugnazione, ed anzi venne espressamente lodata nel ricorso a suo tempo proposto dal Governo avverso altre disposizioni della medesima legge, in quanto ritenuta idea virtuosa in un panorama connotato da frammentazione delle stazioni appaltanti, e particolarmente opportuna «in un contesto territoriale del quale sono noti gli enormi rischi di condizionamento e di alterazione» «testuale dal ricorso dell'Avvocatura generale, già prodotto nel ricorso n. 59/2019, e dichiarato estinto da codesta Corte con ordinanza n. 48/2009»; pare evidente quindi che lo Stato abbia emanato norma complessivamente non di principio, ma di dettaglio in materia di legislazione concorrente (v., esattamente in termini sulla competenza regionale, le sentenze di codesta Corte n. 43/2011, punti 4 e 5 «Considerato in diritto» e n. 166/2019, punti 8.1. e 8.2 «Considerato in diritto»), determinando la denunciata invasione.
Il comma 1 contrasta anche con l'art. 81, comma 4, Cost.: come già sopra esposto sub 2 f), per contenere i costi è stato predeterminato in sede di Piano di rientro un abbattimento dei costi per il ricorso alla S.U.A., mentre il ricorso ad altre Stazioni appaltanti - compresa Consip - dovrà avvenire senza limiti di costo, e codesta ecc.ma Corte, sin dalla pronuncia n. 214/2012, ha sempre rimarcato la necessità che la stima della copertura della spesa sia fatta «in modo credibile», il che, con tutta evidenza, non riguarda tale disposizione, che risulta totalmente priva di copertura finanziaria, ed incide pure direttamente sulle competenze regionali in materia, privando in toto il bilancio della Regione degli introiti derivanti da tale attività.
L'art. 6, comma 3, prevede che il Commissario predisponga un Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione, e che con l'approvazione del Piano sono revocate le misure già adottate in contrasto con la nuova programmazione; nella Relazione tecnica si legge che gli interventi ricompresi nel Piano potranno essere individuati tra quelli di cui all'art. 20 legge n. 67/1988 in materia di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico, nel cui ambito, debbono inserirsi anche gli interventi previsti dalla delibera CIPE n. 16 dell'8 marzo 2013, a valere sulle risorse rese disponibili dall'art. 2, comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Altre linee di finanziamento sono, infine, quelle disposte dall'art. 71 della legge n. 448/1998 e dall'art. 1, commi 602-603 della legge n. 232/2016: la norma lede l'art. 81, comma 3, Cost., in quanto prevede, per il tramite del Piano, l'impiego di risorse «al di fuori degli interventi programmati» (Corte costituzionale, sentenza n. 172/18); lede inoltre gli articoli 5 e 120 Cost. ed il principio di leale collaborazione, per come concretamente declinato in materia dall'art. 5-bis, decreto legislativo n. 502/1992, nonchè dall'art. 115, decreto legislativo n. 112/1998, che prevede che gli accordi di programma in materia di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico debbano necessariamente passare «previa intesa» con la Conferenza Stato regioni, mentre la norma interviene non solo in via del tutto unilaterale e senza alcuna forma di confronto, ma incide dichiaratamente anche sugli accordi già in atto, che verranno automaticamente revocati se ritenuti in contrasto col Piano approvato unilateralmente dallo Stato.
Il comma 4 - per come modificato - impatta anche sull'attuazione degli interventi già inseriti negli accordi di programma sottoscritti ai sensi dell'art. 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e dell'art. 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662: non vi è dubbio che tale modifica leda l'organizzazione amministrativa della Regione, e quindi l'art. 117, comma 4, Cost., intervenendo indiscriminatamente su tale categoria, e a prescindere alla stato di attuazione di detti interventi.
c) l'art. 8, in combinato disposto con l'art. 14, comma 2, impone di mettere a disposizione dei diversi soggetti già sopra dettagliatamente esposti sub 2 g): ciò determina la macroscopica violazione degli articoli 117, comma 4, e 121 Cost., in quanto tale combinato disposto incide, in maniera pesantissima, in materia di competenza legislativa residuale regionale «ordinamento ed organizzazione amministrativa regionale - v., da ultimo Corte costituzionale, sentenza n. 191/2017» in ordine all'organizzazione degli uffici regionali, organizzazione che rischia di venire devastata da tale impatto, totalmente indeterminato quanto ad organizzazione del lavoro, numero di persone ed ore di servizio del personale regionale, possibile occupazione di spazi degli uffici regionali e gestione del parco mezzi regionali, che tutti i vari soggetti indicati nella norma potrebbero «rivendicare» senza limite alcuno.
d) l'art. 15, comma 2, infine, prevede che «I direttori generali degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria eventualmente nominati dalla Regione nei trenta giorni anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto cessano dalle loro funzioni dall'entrata in vigore del presente decreto. Sono, in ogni caso, revocate le procedure selettive dei direttori generali in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto»: anche in questo caso, intervenendo solo nella Regione Calabria sui poteri regionali disciplinati dagli articoli 20 legge regionale n. 29/2002 e 14 legge regionale n. 11/2004, la norma viola gli articoli 117, comma 3, e 121 Cost. e 7 decreto legislativo n. 171/2016 perchè introduce norma non di principio, ma di dettaglio, in materia di legislazione concorrente.
4) Violazione articoli 81, 97, 119 Cost.; 8, decreto legislativo n. 171/2016 ed il principio di leale collaborazione.
In ordine al presente motivo di ricorso, pur essendo nota la giurisprudenza di codesta Corte che afferma che nei giudizi in via principale, le regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in riferimento a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze legislative, salva ipotesi di violazione di questi che comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite, e previa indicazione delle specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione, si ritiene di segnalare come il presente caso sia un unicum, in quanto le norme impugnate sono espressamente dirette ad incidere sulla sola regione ricorrente. Ciò detto, gli articoli 3, 8, 9 e 14 del decreto impugnato generano nuove spese, non oggetto di adeguata copertura, mentre l'art. 14, comma 1, per come modificato in sede di conversione, sottrae somme al bilancio regionale: sul punto si veda quanto appresso dettagliato.
a) Innanzi tutto, tutti gli articoli impugnati contrastano con il principio di leale collaborazione, in quanto l'art. 8 del decreto legislativo n. 171/2016 aveva previsto che dalla modifiche di settore non sarebbe dovuta sopravvenire nessuna nuova spesa: il mancato previo raggiungimento di intesa in sede di Conferenza su tali nuovi oneri determina la lamentata violazione.
Tutte le norme impugnate col presente motivo incidono inoltre sulle competenze regionali, in materia di legislazione concorrente (tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica), e l'art. 8 anche in materia di competenza residuale (ordinamento e organizzazione amministrativa regionale); le ragioni delle lamentate lesioni sono la privazione del potere presidenziale di nomina di Commissari delle Aziende già sopra dettagliato sub 2) (art. 3), l'imposizione di indiscriminata «messa a disposizione» dell'intera macchina amministrativa regionale anche a soggetti diversi dal Commissario ad acta, anch'essa dettagliata sub 2) (art. 8 e 14, comma 2), la previsione di attività ispettive ulteriori rispetto a quanto già stabilito nel Piano di Rientro (art. 9) e la sottrazione al bilancio regionale di quota indefinita del Fondo pay back 2013 - 2017, quota da determinarsi con decreto interministeriale emanabile senza alcun termine temporale (art. 14, comma 1).
b) l'art. 3 e l'art. 14, comma 1, stabiliscono di determinare la copertura finanziaria mediante la riduzione di fondo speciale, ripartiti i 18 mesi di durata su due esercizi in quota paritaria per ciascun anno, 2019 e 2020 «l'aggiunta di € 50.000 per l'anno 2019 è irrilevante, avendo omesso la Regione di impugnare il comma 6-bis introdotto in sede di conversione, che genera tale ulteriore esborso, ed avendo discrezionalmente il Legislatore inteso coprire l'intervento solo per l'anno in corso»: il combinato disposto lede l'art. 81, comma 4, Cost., in quanto la copertura - v. art. 3, comma 5, non modificato in sede di conversione, e Relazione tecnica, p. 12, ove si legge che «dovrà essere ripartita sui due esercizi finanziari di riferimento (2019 e 2020) per una quota pari a 9 mesi per esercizio. Sulla base di quanto detto si ottiene, pertanto, un impegno massimo di spesa pari ad euro 472.500 per ciascuno dei due esercizi finanziari considerati» - è stata calcolata ipotizzando che i 18 mesi sarebbero stati ripartiti esattamente tra i due anni 2019 e 2020, e che non tutti i Commissari sarebbe stati nominati fuori regione.
Ciò detto, la normativa impugnata è entrata in vigore già dal 2 maggio, e ciò dimostra l'erroneità del calcolo effettuato, il che, considerando che per il 2020 la quota sarà certamente molto maggiore, fornisce la prova dell'incerta copertura finanziaria «anzi, fornisce la prova della certa mancanza di copertura parziale» per l'anno 2020 qui denunciata. Come già sopra dedotto, la norma impugnata incide sulle competenze regionali, in materia di legislazione concorrente (tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica); le ragioni delle lamentate lesioni risiedono nella privazione del potere della Giunta di nomina di Commissari delle Aziende (art. 20, comma 2, legge regionale n. 29/2002).
c) identica censura rispetto a quella appena sviluppata sub b) viene mossa agli articoli 9 e 14, comma 1, che risultano afflitti dalla medesima incertezza nella copertura; le ragioni delle lamentate lesioni risiedono nella privazione del potere ispettivo già in capo alla Regione.
d) ancora, l'art. 8, comma 4, prevedendo la compensazione degli effetti dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione AGENAS mediante la riduzione del Fondo per la compensazione, non prevedendo una compensazione integrale, ma solo parziale, determina la lamentata violazione dell'art. 81, comma 4, Cost.; le ragioni delle lamentate lesioni risiedono nella incidenza sulla organizzazione degli uffici regionali.
e) infine, il comma 1 dell'art. 14, per come modificato in sede di conversione, prevede che una quota delle somme spettanti alla Regione in sede di riparto del c.d. «Fondo Payback 2013 - 2017» è vincolata per «Per la copertura finanziaria del piano di rientro aziendale di cui all'art. 5, comma 6», quota non determinata, ma da determinare con decreto ministeriale.
Come accertato dalla Corte dei conti, Sezione autonomie, con la delibera n. 13/2019 del 28 maggio 2019, avente ad oggetto «Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali per l'esercizio 2017», con l'art. 9-bis del decreto-legge n. 135/2018 è stato recepito accordo tra Farmindustria e Conferenza Regione, e «Tale accordo, quindi, consentirà finalmente alle regioni di incassare le somme relative ai payback 2013-2017, peraltro già iscritte tra le entrate nei rispettivi bilanci, parte delle quali (1.562 milioni) già incassate dal Mef ma non versate alle regioni a causa dei contenziosi aperti» «per quel che riguarda la Regione Calabria, ultimo bilancio parificato è appunto quello del 2017, approvato con legge regionale n. 40/2018; il bilancio 2018, in corso di parifica, riporta dati analoghi»; su tali dati, pare evidente la violazione degli articoli 119 e 97 Cost.: innanzi tutto, viene sottratta una quota del Fondo payback 2013 - 2017 - accertata dalla Sezione autonomie come già iscritta nei bilanci di tutte le regioni, ivi compresa quindi la regione ricorrente, seppur ancora non erogata - per finanziare un indefinito numero di piani di rientro aziendali, per i quali, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del decreto-legge convertito, venga disposta la gestione straordinaria.
Pare inoltre altrettanto evidente la violazione dell'art. 81 Cost.: codesta Corte ha a più riprese affermato che «la copertura di nuove spese "deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri"» (si vedano le sentenze n. 100 del 2010 e n. 213 del 2008), e che una copertura relativa ad un numero imprecisato di piani di rientro possa credibilmente rinvenirsi nel rinvio ad una quota indeterminata di somme ancora da erogare pare oggettivamente poco plausibile.
Infine, la norma pare violare anche l'art. 97 Cost.: la norma, infatti, demanda ad un decreto interministeriale l'individuazione della quota di fondo da sottrarre, e l'assenza di termine specifico «quindi, anch'esso incertus quando» per l'adozione di detto decreto lede sia il principio di equilibrio del bilancio, che il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, entrambi «presidiati» dalla norma costituzionale invocata.
Istanza di riunione
Vista la già intervenuta fissazione della discussione del ricorso n. 59/2019, si chiede che il sig. Presidente voglia consentire la trattazione del presente ricorso unitamente al ricorso n. 59/2019 già sopra richiamato, al fine di disporne - ex art. 22 Norme integrative - la trattazione alla medesima udienza.