Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge contro la Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, con sede a Cittadella Regionale, viale Europa - Località Germaneto, 88100 - Catanzaro, per la declaratoria della illegittimità costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 8 maggio 2019, degli articoli 1, commi 1, 2, 3 e 4, e 2, comma 1, della legge della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 34 del 13 marzo 2019.
In data 13 marzo 2019, sul n. 34 del Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, è stata pubblicata la legge regionale 13 marzo 2019, n. 6 intitolata «Integrazione delle Aziende ospedaliere della Città Capoluogo della Regione».
Tale legge dispone, da un lato, la «integrazione» tra l'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro e l'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini» (art. 1, commi da 1 a 3) nonchè quella del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con la (neocostituita) Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio» (art. 1, comma 4); dall'altro, la cessazione degli organi dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro e dell'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini» e dei rispettivi direttori sanitari ed amministrativi con conseguente risoluzione dei relativi rapporti di lavoro senza attribuzione di alcun indennizzo (art. 2, comma 1).
Dette disposizioni eccedono le competenze regionali, invadono quelle statali e sono perciò violative di previsioni costituzionali: esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinchè ne sia dichiarata la illegittimità costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti
Motivi di diritto
Premessa
Per meglio comprendere il senso e la portata delle censure che si verranno esponendo è d'uopo premettere che la Regione Calabria, per la quale si era verificata una situazione di disavanzo nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario suscettibile di compromettere l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il 17 dicembre 2009 aveva stipulato, ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), un Accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze - comprensivo di un Piano di rientro dal disavanzo sanitario - il quale individuava, come previsto dalla norma, gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui all'intesa (Stato-Regioni) prevista dal comma 173 della medesima disposizione.
Peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni previste dall'art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004, nonchè dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, in attuazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione e dell'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la Regione Calabria è stata commissariata ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222.
La norma da ultimo citata prevede infatti che, «qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro ... si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la tutela dell'unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni ..., il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano» (art. 4, comma 1, decreto-legge cit.); in caso di inottemperanza alla diffida o nell'ipotesi in cui gli atti e le azioni posti in essere risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro (art. 4, comma 2, primo periodo, decreto-legge cit.).
Ed infatti, nella seduta del 30 luglio 2010, il Consiglio dei ministri deliberò la nomina di un Commissario ad acta per la realizzazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente pro tempore della regione.
Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, il Commissario ad acta approvò i Programmi operativi con i quali fu data prosecuzione al Piano di rientro 2013-2015.
Sopraggiunta la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), il Consiglio dei ministri, con delibera del 12 marzo 2015, ha conferito, ai sensi dell'art. 1, comma 569, della stessa legge, l'incarico di Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro all'ing. Massimo Scura, secondo i Programmi operativi di cui all'art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009.
Tale delibera ha attribuito al Commissario ad acta i contenuti del mandato commissariale già affidato al Presidente pro tempore della Giunta regionale calabra. Al Commissario è stato infatti assegnato l'incarico prioritario di adottare ed attuare i Programmi operativi e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica e nell'ambito della cornice normativa vigente.
Infine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 il Governo ha provveduto alla nomina di una nuova Struttura commissariale affidando al gen. dott. Saverio Cotticelli l'incarico di proseguire nell'attuazione dei Programmi operativi 2016-2018 e degli interventi già affidati al precedente Commissario ad acta.
Alla luce del contesto normativo ed amministrativo testè descritto, la legge regionale 13 marzo 2019, n. 6, contiene disposizioni che, come s'è detto, appaiono sotto più rispetti viziate d'illegittimità costituzionale.
I - L'art. 1, commi 1 e 2, della legge regionale Calabria 13 marzo 2019, n. 6
L'art. 1, comma 1, della legge 13 marzo 2019, n. 6 - da qui in avanti anche la legge - stabilisce che «Al fine di migliorare l'offerta assistenziale, assicurare la raionalizzazione della spesa assistenziale e l'ottimizzazione delle risorse, in considerazione dell'intesa tra la Regione Calabria e l'Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro, l'Azienda ospedaliera "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro è integrata con l'Azienda ospedaliero-universitaria "Mater Domini", che assume la denominazione di Azienda ospedaliero-universitaria "Mater Domini-Pugliese Ciaccio"».
Il successivo comma 2 dispone invece che «L'Azienda ospedaliero-universitaria "Mater Domini-Pugliese Ciaccio" ha sede in Catanzaro, ha personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale ai sensi della vigente normativa statale e subentra nelle funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi dell'Azienda ospedaliera "Pugliese Ciaccio" e dell'Azienda ospedaliero-universitaria "Mater Domini" con l'efficacia prevista dall'art. 2, comma 1. Sono organi dell'Azienda ospedaliero-universitaria "Mater Domini-Pugliese Ciaccio" il direttore generale, il collegio sindacale e l'organo di indirizzo».
Benchè il termine impiegato dal legislatore regionale - «integrazione» - per la sua atecnicità non identifichi con esattezza, dal punto di vista giuridico, la vicenda che ha riguardato le Aziende ospedaliere della città capoluogo della regione, la denominazione del nuovo soggetto - destinato ad assumere la denominazione di Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio» -, la previsione che lo stesso ha «personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale ai sensi della vigente normativa statale» ed il subentro del medesimo «nelle funzionizioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi» facenti capo alle due preesistenti aziende ospedaliere cittadine nonchè la disposta cessazione di diritto dei relativi organi rendono evidente che con la legge in rassegna la Regione Calabria ha inteso costituire una nuova azienda ospedaliero-universitaria.
Ma se così è - e così non può in effetti non essere -, la legge regionale è in parte qua incostituzionale nella misura in cui, provvedendo alla costituzione di un'azienda ospedaliero-universitaria secondo modalità procedimentali diverse da quelle indicate e disciplinate dall'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e senza una - valida, per le ragioni che si diranno - previa intesa tra regione ed università prescritta dall'art. 2, comma 7, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, viola principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato in materia di tutela della salute, contrastando quindi con il limite imposto dall'art. 117, comma 3, Cost. alla potestà legislativa regionale nelle materie oggetto di legislazione concorrente.
Secondo quanto risulta dal combinato disposto delle norme statali in precedenza citate, le aziende ospedaliero-universitarie attraverso le quali si realizza la collaborazione fra il Servizio sanitario nazionale e le università sono infatti costituite secondo il procedimento previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992 a mente del quale la proposta regionale di istituzione di una nuova azienda ospedaliero-universitaria, formulata, d'intesa con l'università (art. 2, comma 7, decreto legislativo n. 517/1999), al Ministro della salute, è, previa verifica della ricorrenza dei requisiti indicati dallo stesso art. 4 decreto legislativo n. 502/1992, da questi a sua volta sottoposta all'esame del Consiglio dei ministri il quale delibera autorizzando la regione, con decreto presidenziale, a costituire la nuova azienda ospedaliero-universitaria.
Ben diversamente, il vigente Programma operativo 2016-2018 - predisposto dal Commissario ad acta ai sensi dell'art. 2, comma 88, della legge n. 191/2009 ed approvato con decreto n. 63 del 5 luglio 2016 -, nell'ambito della riorganizzazione delle reti assistenziali e, nello specifico, della rete ospedaliera, tra gli obiettivi di riqualificazione delle strutture pubbliche prevede, al punto 2.1.1.1 e previa intesa con l'Università degli studi «Magna Graecia», non la costituzione di una nuova azienda ospedaliero-universitaria, bensì - e più semplicemente - la fusione per incorporazione dell'(esistente) Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio nell'(esistente e persistente) Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini e la modifica della denominazione di questa in Azienda ospedaliera universitaria Renato Dulbecco.
Tale operazione - risolvendosi nella (semplice) fusione per incorporazione di un'azienda nell'altra e non nella costituzione di una nuova azienda - avrebbe dovuto - rectius: dovrà - attuarsi mediante l'adozione di un decreto commissariale e la successiva rimozione, da parte della regione, delle norme che (ancora) prevedono l'esistenza di due distinte aziende ospedaliere, la Mater Domini e la «Pugliese-Ciaccio» (il riferimento è alla l.r. 12 novembre 1994, n. 26, al relativo d.P.G.R. attuativo 8 febbraio 1995, n. 170 e alla l.r. 19 marzo 2004, n. 11).
Deve invece escludersi che nuove aziende ospedaliero-universitarie - quand'anche risultanti, come nella specie, dall'«integrazione» tra una preesistente azienda ospedaliera e una preesistente azienda ospedaliero-universitaria - possano essere costituite dalle regioni - tanto più se soggette, come la Regione Calabria, a commissariamento - al di fuori del - e a prescindere dal - procedimento disciplinato in via ordinaria dalle norme richiamate in precedenza le quali stabiliscono, a tutti gli effetti, principi fondamentali che, come tali, limitano e vincolano l'esercizio della potestà legislativa regionale in materia: donde l'illegittimità costituzionale di quelle disposizioni regionali che, come nel caso, da quei principi e da quelle norme si discostano.
II - L'art. 1, comma 3, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6 L'art. 1, comma 3, della legge stabilisce invece che entro novanta giorni dall'entrata in vigore della stessa «sono definiti i rapporti tra la Regione Calabria e l'Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza, mediante protocollo d'intesa definito ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università), sottoscritto dal Presidente della Giunta regionale, dal Rettore dell'Università e dal Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria».
Tale disposizione è anch'essa costituzionalmente illegittima - per violazione dell'art. 120, comma 2, Cost. nella misura in cui interferisce con le funzioni e con i compiti del Commissario ad acta nominato per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria.
Come s'è ricordato in premessa, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 il Governo ha provveduto alla nomina di una nuova struttura commissariale affidando al gen. dott. Saverio Cotticelli l'incarico di proseguire nell'attuazione dei Programmi operativi 2016-2018 e degli interventi già affidati al precedente Commissario ad acta e, in particolare e per quanto qui interessa, quello di definire e stipulare, in coerenza con la normativa vigente, il protocollo d'intesa con l'Università degli studi «Magna Graecia» di Catanzaro (punto 15 della lettera b) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato). Tale compito - si sottolinea - è stato però assegnato al solo Commissario ad acta, e non anche al Presidente della Regione.
Sotto questo profilo, la previsione dell'intervento del Presidente della Giunta regionale - accanto al Rettore dell'Università e al Commissario ad acta - nella stipulazione del protocollo d'intesa diretto a definire e disciplinare, in conformità di quanto previsto dall'art. 1 del decreto legislativo n. 517/1999, i rapporti tra il Servizio sanitario regionale e l'Università degli studi «Magna Graecia» di Catanzaro rappresenta quindi, a tutti gli effetti, un'evidente, indebita e costituzionalmente illegittima - per violazione dell'art. 120, comma 2, Cost. - ingerenza regionale nella sfera di competenza del Commissario ad acta.
In pendenza del commissariamento della Regione, la definizione e la sottoscrizione del protocollo d'intesa con l'Università degli studi «Magna Graecia» di Catanzaro è infatti compito e funzione - prioritaria, precipua ed esclusiva - del Commissario ad acta, compito e funzione nel cui svolgimento la regione commissariati non può indebitamente ingerirsi «affiancandosi», per via normativa, al Commissario nominato.
Legiferando in materia, la Regione Calabria si è perciò illegittimamente riappropriata di un potere dal cui esercizio è stata temporaneamente interdetta per effetto dell'esercizio, da parte del Governo, del potere sostitutivo previsto dall'art. 120, comma 2, Cost. - e dalle relative norme statali di attuazione (in generale, quanto ai modi e ai termini, dall'art. 8 della legge n. 131/2003 e, nello specifico, dall'art. 4 del decreto-legge n. 159/2007) - al fine di garantire «la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» in materia di prestazioni sanitarie; e, così facendo, è perciò incorsa, eo ipso, nella violazione del precetto costituzionale sopra richiamato.
Si ricorda, in proposito, che codesta Ecc.ma Corte ha più volte dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 120, comma 2, Cost., di altre disposizioni emanate dalla Regione Calabria proprio in materia sanitaria sotto il profilo della indebita interferenza delle norme regionali impugnate con l'attività e le funzioni del Commissario ad acta.
Così, nella sentenza n. 110 del 2014 - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di disposizioni della l.r. Calabria 29 marzo 2013, n. 12 - codesto Ecc.mo Collegio ha ricordato che la giurisprudenza costituzionale «ha più volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (sul punto, v. anche le sentenze n. 79/2013, n. 28/2013, n. 18/2013, n. 131/2012, n. 78/2011).
Nella sentenza n. 106 del 2017 - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di norme della l.r. Calabria 20 aprile 2016, n. 10 - codesta Ecc.ma Corte ha ribadito che «il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 14 del 2017; n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). L'illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l'interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)» (sentenza n. 14 del 2017; nello stesso senso, n. 266 del 2016 e n. 227 del 2015). Il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si traduce, dunque, in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale (sentenza n. 51 del 2013), potendo essa intervenire in maniera disarmonica rispetto alle scelte commissariali e, dunque, indirettamente ostacolare l'unitarietà dell'intervento (sentenza n. 266 del 2016)».
III - L'art. 1, comma 4, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6 L'art. 1, comma 4, della legge stabilisce poi che «In attesa del complessivo riordino organizzativo del sistema delle aziende del servizio sanitario regionale, il protocollo d'intesa di cui al comma 3 prevede l'integrazione del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con l'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio».
Anche questa disposizione è costituzionalmente illegittima - per violazione, ad un tempo, dell'art. 117, comma 3, Cost. e dell'art. 120, comma 2, Cost. - nella misura in cui, prevedendo un accorpamento «integrazione» - di strutture sanitarie - del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con l'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio» di nuova istituzione - non contemplato nè dal Programma operativo vigente nè dai decreti commissariali emanati, per un verso, contrasta con il principio, di coordinamento della finanza pubblica, secondo il quale le previsioni del Piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei programmi operativi - che del primo costituiscono attuazione e aggiornamento (v. art. 2, comma 88-bis, legge n. 191/2009) - sono vincolanti - in «positivo» e in «negativo» - per le regioni che li hanno sottoscritti - con violazione, per questo riguardo, dell'art. 117, comma 3, Cost. -; e, per un altro, interferisce, ancora una volta, con le funzioni e con i compiti del Commissario ad acta - così violando l'art. 120, comma 2, Cost.
E in effetti, come s'è visto, la «integrazione» disposta dalla norma regionale impugnata contrasta con quanto previsto dal punto 2.1.1.1 del vigente Programma operativo 2016-2018, il quale, nell'ambito della riorganizzazione delle reti assistenziali e, nello specifico, della rete ospedaliera, tra gli obiettivi di riqualificazione delle strutture pubbliche, se prevede l'integrazione dell'Azienda ospedaliera universitaria «Mater Domini» con l'Azienda ospedaliera «Pugliese Ciaccio» - per incorporazione della seconda nella prima, ad iniziativa, però, del Commissario ad acta, e non della Regione -, non contempla (altresì) l'integrazione del presidio ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con la (neocostituita) Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini-Pugliese Ciaccio».
La previsione regionale censurata ignora inoltre sia gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi che, a mente del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, debbono presiedere alla organizzazione - e alla riorganizzazione - della rete assistenziale ospedaliera; sia il decreto 5 luglio 2016, n. 64, con il quale il Commissario ad acta, nell'attuazione del mandato affidatogli con deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 in merito alla riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete dell'emergenza-urgenza e delle reti tempo-dipendenti regionali, ha assegnato alla Struttura di Lamezia Terme - DEA/Dipartimento Emergenza Urgenza e Accettazione di I livello - il ruolo di «Spoke» - vale a dire di centro ospedaliero periferico di riferimento - dell'Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro (v. pagg. 3 e 4 dell'allegato 1 a detto decreto commissariale denominato «PL e Strutture pubbliche e private»; pag. 66 dell'allegato a detto decreto commissariale denominato «Documento di riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete dell'emergenza urgenza e delle reti tempo-dipendenti»).
L'integrazione, operata ope legis, di strutture sanitarie non prevista nè dal Programma operativo vigente nè dai decreti commissariali emanati se, come s'è detto, da un lato, interferisce (nuovamente) con le funzioni e con i compiti del Commissario ad acta - e, sul punto, si rinvia, per brevità, alla giurisprudenza costituzionale citata nel motivo che precede -, dall'altro, viola gli impegni assunti dalla regione, dapprima, con il Piano di rientro e, poi, con i Programmi operativi - che, come pure s'è detto, del primo costituiscono doverosa attuazione e aggiornamento «al fine di tenere conto del finanziamento del servizio sanitario programmato per il periodo di riferimento, dell'effettivo stato di avanzamento dell'attuazione del piano di rientro, nonchè di ulteriori obblighi regionali derivanti da Intese fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano o da innovazioni della legislazione statale vigente» (così l'art. 2, comma 88-bis, l. n. 191/2009).
Per questo profilo, la norma regionale impugnata si pone in contrasto con i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009: e, in particolare, con quello fissato dal comma 95 dell'art. 2 citato a mente del quale gli interventi previsti nell'Accordo Stato-Regione e nel relativo Piano di rientro «sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro» (enfasi aggiunta).
Con sentenza n. 79 del 2013 codesta Ecc.ma Corte ha infatti evidenziato che la giurisprudenza costituzionale «ha ripetutamente affermato che "l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa", peraltro in un "quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessiti di contenere i disavanzi del settore sanitario" (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può "legittimamente imporre alle regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari" (sentente n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)».
In tale contesto, è stato così più volte riconosciuto all'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 natura di «principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (così la già ricordata sentenza n. 79/2013 che richiama a sua volta le pronunce n. 91/2012, n. 163/2011, n. 123/2011, n. 141/2010 e n. 100/2010): di talchè, «costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)", finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (sentenze n. 227 del 2015, n. 14 del 2017 e n. 266 del 2016)».
L'art. 1, comma 4, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6 è dunque costituzionalmente illegittimo per violazione sia dell'art. 117, comma 3, Cost. - ponendosi in contrasto con un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica - sia dell'art. 120, comma 2, Cost. - interferendo con le funzioni assegnate dal Governo al Commissario ad acta nell'esercizio del potere sostitutivo previsto da quella disposizione -.
IV - L'art. 2, comma 1, della l.r. Calabria 13 marzo 2019, n. 6
L'art. 2, comma 1, della legge dispone infine che «Dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino ufficiale telematico della Regione Calabria (BURC) del protocollo d'intesa di cui all'art. 1, l'integrazione di cui alla presente legge diviene efficace e cessano di diritto gli organi dell'Azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro e dell'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini» e i rispettivi direttori sanitari ed amministrativi., con risoluzione dei relativi rapporti di lavoro e senza attribuzione di alcun indennizzo».
La norma regionale dispone dunque la decadenza automatica, dal giorno successivo a quello di pubblicazione del protocollo d'intesa previsto dall'art. 1, comma 3, della stessa legge, degli organi delle aziende «integrate» nonchè dei relativi direttori amministrativi e sanitari.
Tale disposizione, prevedendo altresì la risoluzione dei rapporti di lavoro e, soprattutto, l'esclusione di qualsiasi forma di indennizzo per la cessazione anticipata dell'incarico e della relativa retribuzione senza l'osservanza delle regole all'uopo stabilite dalla disciplina statale di riferimento, statuisce in materia di ordinamento civile e viola, di conseguenza, la riserva di legge stabilita dalla lettera l) del comma 2 dell'art. 117 della Costituzione.
E' infatti ben noto che codesta Ecc.ma Corte è stata più volte chiamata a valutare la compatibilità con i principi costituzionali - e, segnatamente, con quelli di cui all'art. 97 Cost. - di disposizioni, statali e regionali, introduttive di fattispecie di decadenza automatica da incarichi di funzioni dirigenziali per cause estranee alle vicende del rapporto e svincolate da qualsiasi valutazione dei risultati conseguiti.
Ed è altresì noto che tali ipotesi di decadenza automatica sono state ritenute compatibili con i principi di cui all'art. 97 Cost. solo se riferite ad addetti ad uffici di diretta collaborazione con l'organo di Governo (sentenza n. 304 del 2010) o a figure apicali, quali quelle contemplate dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (sentenza n. 34 del 2010).
Relativamente a detti incarichi, infatti, «così come la nomina del personale, compreso quello dirigenziale, può avvenire, in base alla normativa vigente, intuitu personae, senza predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato nell'adozione dell'atto di assegnazione allo stesso modo, e simmetricamente, è possibile in qualunque momento interrompere il rapporto in corso qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo svolgimento del rapporto stesso» (così la sent. n. 304/2010).
Per il personale dirigenziale non apicale i meccanismi di decadenza automatica o meramente discrezionale sono stati invece costantemente ritenuti incompatibili con i principi di cui all'art. 97 Cost. (v., ex multis, le sentenze nn. 228 e 124 del 2011, n. 224 del 2010, nn. 104 e 103 del 2007).
Ed invero, in relazione alla figura del direttore amministrativo di un ente ospedaliero, è stato sottolineato come, «una volta (...) instaurato il rapporto di lavoro, con la predeterminazione contrattuale della sua durata, vengono in rilievo altri profili, connessi, in particolare, da un lato, alle esigenze dell'Amministrazione ospedaliera concernenti l'espletamento con continuità delle funzioni dirigenziali proprie del direttore amministrativo, e, dall'altro lato, alla tutela giudiziaria, costituzionalmente protetta, delle situazioni soggettive dell'interessato, inerenti alla carica» (cfr. sentenza n. 224 del 2010 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 6, della legge della Regione Lazio 16 giugno 1994, n. 18, che prevedeva che il direttore amministrativo e il direttore sanitario cessassero automaticamente dall'incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale).
In altri termini, «(...) avuto riguardo al complessivo sistema di nomina e di revoca del dirigente in questione, la previsione (...) di una interruzione automatica del rapporto per effetto della nomina del nuovo direttore generale, senza la previsione di una fase procedurale che faccia dipendere la decadenza da pregressa responsabilità del dirigente, comporta una vera e propria discontinuità della gestione (sentenza n. 55 del 2009), in contrasto con l'art. 97 della Costituzione» (cfr. sentenza n. 224 del 2010, cit.).
Nel caso di specie, la decadenza di diritto degli organi e dei rispettivi direttori sanitari ed amministrativi è stata prevista in ragione dell'«integrazione» delle due aziende ospedaliere e della conseguente necessità, per effetto della costituzione di un nuovo soggetto giuridico, di procedere alla nomina dei relativi organi e al conferimento dei relativi incarichi dirigenziali.
Cionondimeno, l'ovvia necessità di evitare che la disposta riorganizzazione comporti, con il mantenimento degli organi e dei dirigenti delle aziende «integrate», una duplicazione di incarichi e di costi nonchè una sovrapposizione di attività e di competenze, non legittima, sul piano costituzionale, l'esclusione - con norma regionale - di qualsivoglia forma di indennizzo per la cessazione ante tempus dell'incarico e della relativa retribuzione, tanto più al di fuori delle ipotesi e senza l'osservanza del procedimento previsti dall'art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 e dall'art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999.
La norma regionale, disciplinando - «in negativo» - gli effetti patrimoniali discendenti dalla revoca anticipata dell'incarico dirigenziale incide dunque direttamente sui diritti e sugli obblighi delle parti del rapporto di lavoro autonomo invadendo così la materia dell'ordinamento civile riservata dall'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.