Fatto e diritto

(Ricorso 08 maggio 2017)

Premesse di fatto

In data 3.03.2017, sul n. 9 della Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, è stata pubblicata la legge regionale 1° marzo 2017, n. 4, intitolata «Proroga dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e istituzione del Fondo regionale per la disabilità. Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale».

La legge consta di soli quattro articoli:

i) l'art. 1, recante l'«istituzione del Fondo regionale per la disabilità»;

ii) l'art. 2, rubricato «Proroga dell'esercizio provvisorio del bilancio della Regione»;

iii) l'art. 3, rubricato «Norme urgenti per le procedure di nomina nel settore sanitario regionale»;

iv) l'art. 4, che disciplina l'entrata in vigore della legge regionale in discorso.

In particolare, l'art. 3 della legge regionale n. 4 del 2017 (hinc inde la Legge) interviene in materia di nomine dei direttori generali delle aziende sanitarie provinciali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliere universitarie della Regione disponendo che «Nelle more della modifica legislativa discendente dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 e considerato il mancato aggiornamento dell'elenco regionale secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni al fine di evitare liti e contenziosi, gli incarichi di direttore generale delle Aziende sanitarie provinciali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende ospedaliere universitarie della Regione attualmente vigenti sono confermati sino alla naturale scadenza ed è fatto divieto di procedere a nuove nomine, ove non ricorra l'incarico ordinario si procede alla nomina di commissario ai sensi di quanto disposto dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni. Resta confermato quanto stabilito dall'articolo 1 della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43».

Nelle more dell'adozione delle misure correttive necessitate dalla declaratoria della parziale illegittimità costituzionale della legge 7 agosto 2015, n. 124 di cui alla sentenza di codesta Corte 25 novembre 2016, n. 251, la disposizione introduce dunque un regime speciale e transitorio in materia di dirigenza sanitaria regionale il quale, tutte le volte in cui gli incarichi di direttore generale delle aziende sanitarie regionali giungano nel frattempo alla loro naturale scadenza, si articola, per un verso, nel divieto di nuove nomine e, per un altro, nella nomina di un commissario.

La norma è però costituzionalmente illegittima sia perchè, contrastando con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di dirigenza sanitaria - la quale, come da ultimo ricordato da codesta Corte proprio nella sentenza n. 251/2016, è direttamente riconducibile alla tutela della salute -, viola sia l'art. 117, comma 3, Cost. sia l'art. 17 lett. b) e c) dello Statuto speciale della Regione siciliana, approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla 1. cost. 26 febbraio 1948, n. 2 - che circoscrive la potestà legislativa regionale in materia di sanità pubblica e assistenza sanitaria «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato» - ; sia perchè essa lede altresì i principi di ragionevolezza, di adeguatezza e di buon andamento di cui agli. artt. 3 e 97 Cost.

L'art. 3 della Legge regionale viene dunque impugnato con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinchè ne sia dichiarata l'illegittimità costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

Motivi di diritto

1. - Per comprendere appieno il senso e la portata delle censure che si verranno sviluppando occorre rammentare che, com'è noto, nel quadro della piu' generale riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ed in linea con il disegno di progressiva affrancazione dai condizionamenti di carattere politico già perseguito dal d.l. 13 settembre 2012, n. 158, conv., con modif., dalla l. 8 novembre 2012, n. 189, la dirigenza sanitaria pubblica ha di recente formato oggetto di un profondo intervento riformatore da parte del legislatore statale.

La ratio della riforma è quella di introdurre correttivi al vigente sistema di reclutamento dei vertici delle aziende sanitarie nella - difficile - ricerca di un punto di equilibrio tra l'esigenza di un rapporto fiduciario tra l'organo politico e gli organi di vertice delle aziende e quella di garantire che, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione, le nomine avvengano, in modo imparziale e trasparente, tra soggetti muniti delle necessarie competenze tecnico-professionali: il tutto in piena coerenza con il consolidato orientamento della Corte costituzionale in ordine alla natura di tali incarichi direzionali e gestionali (v., in proposito, le illuminanti considerazioni svolte nella sentenza n. 34 del 2010 di codesta Corte).

L'art. 11, comma 1, lett. p) della legge 7 agosto 2015, n. 124 - recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» -, nel dettare i principi fondamentali in materia ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, ha così previsto, per la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie, una «selezione unica per titoli, previa avviso pubblico, dei direttori generali in possesso di specifici titoli formativi e professionali e di comprovata esperienza dirigenziale, effettuata da parte di una commissione nazionale composta pariteticamente da rappresentanti dello Stato e delle regioni, per l'inserimento in un elenco nazionale degli idonei istituito presso il Ministero della salute, aggiornato con cadenza biennale, da cui le regioni e le province autonome devono attingere per il conferimento dei relativi incarichi da effettuare nell'ambito di una rosa di candidati costituita da coloro che, iscritti nell'elenco nazionale, manifestano l'interesse all'incarico da ricoprire, previo avviso della singola regione o provincia autonoma che procede secondo le modalità del citato articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni».

L'art. 11, comma 1, lett. p) della l. n. 124/2015 ha quindi demandato ad un decreto legislativo delegato la disciplina delle procedure di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie prevedendo, in estrema sintesi:

a) la selezione, da parte di una commissione nazionale, dei candidati idonei al conferimento dell'incarico di direttore generale ai fini del loro inserimento in un elenco nazionale;

b) il conferimento dell'incarico, da parte della regione e secondo le modalità previste dall'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, nell'ambito di una rosa di candidati scelti tra gli iscritti nell'elenco nazionale che manifestano l'interesse all'incarico da ricoprire.

1.2 - In attuazione della delega è stato perciò emanato il d.lgs. 4 agosto 2016, n. 171 il quale, ai fini del conferimento dell'incarico di direttore generale, ha previsto, agli artt. 1 e 2, una doppia selezione: la prima, a livello nazionale, per la costituzione di un elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina a direttore generale (art. 1); la seconda, a livello regionale e preceduta da avviso pubblico destinato esclusivamente a coloro che risultano iscritti nell'elenco nazionale, diretta alla formazione di una rosa di candidati da proporre, per la nomina, al presidente della regione (art. 2).

Il decreto delegato contiene inoltre, all'art. 5, una disciplina transitoria secondo la quale «fino alla costituzione dell'elenco nazionale e degli elenchi regionali di cui, rispettivamente, agli articoli 1 e 3, si applicano, per il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo, di direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, di direttore dei servizi sociosanitari, delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, e per la valutazione degli stessi, le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui non e stato costituito l'elenco regionale, per il conferimento degli incarichi di direttore amministrativo, di direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, di direttore dei servizi socio-sanitari, le regioni attingono agli altri elenchi regionali già costituiti».

Chiude il sistema l'art. 9 del decreto a mente del quale, e per quanto qui interessa, «A decorrere dalla data di istituzione dell'elenco nazionale di cui all'articolo 1, sono abrogate le disposizioni del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, di cui all'articolo 3-bis, comma 1, commi da 3 a 7, e commi 13 e 15. Tutti i riferimenti normativi ai commi abrogati dell'articolo 3-bis devono, conseguentemente, intendersi come riferimenti alle disposizioni del presente decreto» (comma 1).

Dal complesso delle riportate disposizioni risulta dunque - sempre per quanto qui interessa - che, fino all'istituzione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei - ad oggi non ancora intervenuta -, il conferimento dell'incarico di direttore generale delle aziende sanitarie regionali dovrà avvenire secondo le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del decreto n. 171/2016 e, quindi, secondo quanto al riguardo disposto dall'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992 il quale, a sua volta, prevede che «La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni» (comma 3, al momento ancora vigente per effetto di quanto disposto dal sopracitato art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 171 /2016).

1.3 - E' ben vero che la legge di delegazione è stata impugnata dalla Regione Veneto avanti a codesta Ecc.ma Corte la quale, con la sentenza n. 251 del 2016, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, tra l'altro, dell'art. 19, comma 1, lettera p), della l. n. 124/2015 nella parte in cui ha previsto che il decreto legislativo attuativo fosse adottato previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anzichè previa intesa. in sede di Conferenza Stato-Regioni; ma è altrettanto vero che la dichiarata illegittimità costituzionale della legge delega non si è estesa ai decreti delegati.

Come codesta Ecc.ma Corte ha avuto cura di precisare nella citata sentenza - v. punto 9 del Considerato in diritto -, «Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l'effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione».

Sulla scorta di tale pronuncia il Consiglio di Stato, con parere 9 gennaio 2017 n. 83, reso su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione -, ha perciò osservato che:

- «la stessa Corte [...] si è pronunciata esclusivamente sulla legittimità costituzionale della legge delega e non anche dei decreti legislativi, che non sono stati oggetto di impugnazione in via principale. In questa peculiare fattispecie non occorre, allora, valutare quale sia l'incidenza di un vizio del procedimento disciplinato da un atto legislativo presupposto sull'atto successivamente adottato, in quanto la Corte ha inteso modulare in modo chiaro gli effetti. della propria pronuncia, escludendo che i decreti legislativi siano stati incisi direttamente dalla pronuncia di illegittimità costituzionale»;

- «corollario di questo postulato è che tali decreti [...] restano validi ed efficaci fino a una eventuale pronuncia della Corte che li riguardi direttamente, e salvi i possibili interventi correttivi che nelle more dovessero essere effettuati".

Dal complesso delle disposizioni riportate risulta dunque la regola - avente valore di principio fondamentale in materia di dirigenza sanitaria - secondo la quale la nomina, da parte delle regioni, dei direttoti generali delle aziende deve necessariamente ed obbligatoriamente avvenire mediante ricorso agli elenchi di idonei a tal fine predisposti.

2. - Tanto premesso e chiarito, l'art. 3 della Legge regionale impugnata introduce, come s'è detto, una disciplina speciale e provvisoria in materia di dirigenza sanitaria regionale la quale, nelle more degli interventi correttivi discendenti dalla pronunzia della Corte, si articola, per un verso, nel divieto di effettuare nuove nomine alla scadenza degli incarichi in corso e, per un altro, nella nomina di un commissario in luogo di un nuovo direttore generale.

Tale disciplina - la quale non prevede neppure i requisiti che debbono essere posseduti dai commissari, le procedure che debbono essere seguite per pervenire a tali nomine e i relativi termini di decadenza - è però difforme da quella dettata dalla normativa statale sia a regime sia, in via transitoria, nelle more dell'istituzione dell'elenco nazionale.

A regime, perchè, come s'è detto, a mente degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 171/2016, la nomina., da parte delle regioni, dei direttori generali delle aziende sanitarie può aver luogo «esclusivamente» tra gli iscritti all'elenco nazionale dei direttori generali.

In via transitoria, perchè, ai sensi del combinato disposto degli artt. 5 e 9 del d.lgs. n. 171/2016 e 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, fino alla costituzione di detto elenco nazionale la nomina, da parte delle regioni, dei direttori generali delle aziende sanitarie dovrà seguire «le procedure vigenti alla data di entrata in vigore del ... decreto» e, cioè, quelle delineate dall'art. 3-bis citato il quale prescrive il ricorso obbligatorio all'elenco regionale degli idonei ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni (v. il comma 3 della norma da ultimo citata).

L'art. 3 della Legge regionale prevede invece un'ipotesi speciale di commissariamento non prevista nè dal d.lgs. n. 171/2016 nè dall'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, peraltro pure richiamato dalla disposizione regionale, la quale in tal modo viola quel sistema di regole che la l. n. 124 del 2015, prima, e il decreto legislativo n. 171 del 2016, poi, hanno inteso apprestare al fine di garantire la trasparenza, l'imparzialità e il buon andamento dell'azione amministrativa.

2.1 - Ma non basta, perchè vietando di procedere a nuove nomine, l'art. 3 della Legge regionale si pone pure in contrasto con il comma 2 dello stesso art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992 il quale stabilisce - con previsione esplicitamente fatta salva dalla riforma di cui al d.lgs. n. 171/2016 (v. l'art. 9, comma 2, il quale indica le norme del d.lgs. n. 502/1992 non abrogate) - che «La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio. Scaduto tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies», il quale, in caso di inerzia della regione nella nomina del direttore generale, prevede, dopo la fissazione di un congruo termine per provvedere, un intervento sostitutivo del Governo, ex art. 120 Cost., «anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta».

La legge statale contempla dunque il commissariamento, da parte del Governo (e non della regione), di un'azienda sanitaria soltanto nel caso in cui la regione competente non provveda, com'è suo preciso dovere, alla tempestiva sostituzione del direttore generale scaduto dall'incarico; ma non prevede affatto che la regione possa procedere al commissariamento di un'azienda sanitaria che è priva di direttore generale sol perchè, come nella fattispecie, una legge della stessa regione ha - illegittimamente - posto un divieto - sia pur temporaneo - di procedere a nuove nomine.

2.3 - Ma l'art. 3 della Legge regionale si pone altresì in contrasto con il comma 3 dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992 - cui, come s'è detto, rinvia, in via transitoria, l'art. 5 del d.lgs. n. 171/2016 - il quale, con norma avente anch'essa valore di principio fondamentale, dispone che per la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie le regioni debbono obbligatoriamente attingere «all'elenco regionale di idonei, ovvero agli analoghi elenchi delle altre regioni».

Epperciò, nel caso in cui, nelle more della costituzione dell'elenco nazionale, si debba procedere al conferimento di nuovi incarichi dirigenziali, ove l'elenco regionale degli idonei non sia stato costituito - fattispecie alla quale è assimilabile quella in cui l'elenco regionale, benchè costituito, non sia stato, come pare essere avvenuto nel caso della Regione siciliana, aggiornato -, la regione è tenuta ad attingere agli elenchi di altre regioni e non può certo addurre la mancanza o il mancato aggiornamento dell'elenco a ragione giustificativa, per un verso, del rifiuto - o, come nel caso, del divieto - di disporre nuove nomine e, per un altro, della nomina di commissari.

Laddove, al contrario, come s'è detto, il comma 2 dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992, tuttora vigente in via transitoria, impone alla regione di procedere alla nomina del (nuovo) direttore generale nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di scadenza del precedente.

2.4 - E parimenti improprio - rectius: illegittimo - deve pure ritenersi il riferimento operato dall'art. 3 della Legge all'art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992 ai fini della nomina del commissario regionale posto che la norma statale richiamata disciplina le modalità di scelta - mediante il ricorso ai relativi elenchi - dei direttori generali, non già dei commissari delle aziende sanitarie.

3. - Oscuro resta infine il richiamo - contenuto nell'ultimo periodo dell'art. 3 della Legge regionale impugnata - a «quanto stabilito dall'articolo 1 della legge regionale 2 agosto 2012, n. 43».

Tale legge, per quanto qui rileva, interviene infatti sulla 1.r. 28 marzo 1995, n. 22 - intitolata «Norme sulla proroga degli organi amministrativi e sulle procedure per le nomine di competenza regionale» - aggiungendovi, tra l'altro, l'art. 3-bis - rubricato «Norme in materia di nomine ed incarichi di competenza del Governo della Regione» - il quale stabilisce che, a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di indizione delle elezioni dell'Assemblea regionale siciliana e del Presidente della Regione ovvero dopo il verificarsi di una causa di conclusione anticipata della legislatura regionale, il Presidente, la Giunta e gli Assessori regionali non possono, a pena di nullità, procedere a nomine, designazioni o conferimenti di incarichi in organi di amministrazione attiva, consultiva o di controllo della Regione, in enti, aziende, consorzi, agenzie, soggetti, comunque denominati, di diritto pubblico o privato sottoposti a tutela, controllo o vigilanza da parte della Regione, in società controllate o partecipate dalla Regione (comma 1).

A tale regola fa eccezione il caso di cessazione per scadenza naturale delle nomine, designazioni od incarichi dopo il verificarsi di una delle fattispecie di cui sopra, nel qual caso, al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa, il Governo regionale nomina commissari straordinari i quali permangono in carica fino alla nomina dei titolari da parte del nuovo Governo della Regione che vi provvede non oltre il termine di sessanta giorni dalla data di proclamazione del Presidente della Regione neoeletto (comma 2).

Restano comunque ferme le disposizioni previste dalla normativa vigente che disciplinano i casi di cessazione anticipata per i titolari di incarichi conferiti dal Presidente, dalla Giunta o dagli Assessori della Regione (comma 3): disposizioni che, con specifico riferimento al settore sanitario, sono costituite dagli artt. 19 e 20 della l.r. 14 aprile 2009, n. 5 recante «Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale».

In particolare, il comma 3 dell'art. 20 della legge regionale testè citata dispone che «in caso di vacanza dell'ufficio per morte, dimissioni o decadena del direttore generale dell'Azienda del Servizio sanitario regionale, nelle more della nomina da parte del Presidente della Regione del nuovo direttore generale, al fine di garantire la continuità gestionale della medesima Azienda, l'Assessore regionale per la sanità nomina un commissario straordinario in possesso dei medesimi requisiti richiesti per l'iscrizione nell'elenco dei soggetti aspiranti alla nomina di direttore generale delle Aziende del Servizio sanitario regionale».

E dunque, ove così debba intendersi il richiamo di cui all'ultimo periodo dell'art. 3 della Legge regionale, esso è assolutamente non pertinente sia perchè l'intero complesso normativo regionale deve ritenersi completamente superato dalla legislazione statale successivamente intervenuta in materia - a cominciare dal d.l. n. 158/2012 - sia - e il rilievo pare pervero decisivo - perchè le ipotesi di vacanza dell'ufficio ivi previste morte, dimissioni o decadenza - integrano tutte casi di cessazione anticipata dall'incarico e, come tali, ostano all'applicazione della norma - e della misura organizzativa straordinaria ivi disciplinata - all'ipotesi - che qui interessa - della cessazione naturale dall'incarico per scadenza del termine finale di durata dello stesso.

Si tratta dunque di cause tassative di vacanza dell'ufficio, ontologicamente diverse da quella che ne occupa la quale integra invece fattispecie distinta, per la quale l'ordinamento già prevede, a regime e in via transitoria, una propria disciplina insuscettibile di essere omologata o ricondotta a quella dettata, per fattispecie diverse, dalle norme regionali cui pare rinviare quella che qui si censura.

4. - Oltre a tutto ciò, la norma censurata viola altresì i principi di ragionevolezza e di buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

Il principio di ragionevolezza, identificabile «nell'esigena di conformità dell'ordinamento a valori di giustizia e di equità e a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica» (Corte cost. n. 162 del 2014, n. 87 del 2012 e n. 421 del 1991), è insito nel principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. ed è a sua volta alla base del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., costituendo valido «complemento» di qualunque altro principio e parametro costituzionale e ponendosi quale criterio di giudizio della logicità, della coerenza, dell'adeguatezza, della congruenza, della proporzionalità e della non arbitrarietà di qualsiasi norma di legge, statale o regionale.

E, sotto questo profilo, non potrebbe essere piu' evidente la violazione dei principi di razionalità, dì proporzionalità e di adeguatezza da parte di un norma che, come l'art. 3 della Legge regionale in discorso, pur in presenza di un sistema di norme che, a regime e in via transitoria, disciplinano il procedimento per provvedere alla sostituzione dei direttori generali scaduti dall'incarico imponendo di attingere, a seconda dei casi, all'elenco nazionale o a quelli regionali degli idonei, stabilisce invece il divieto di procedere a nuove nomine e il ricorso a commissari, vale a dire alla nomina di organi straordinari.

5. - Per il complesso delle considerazioni che precedono l'art. 3 della Legge regionale è, come s'è detto, costituzionalmente illegittimo sia perchè, contrastando con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di dirigenza sanitaria e, quindi, di tutela della salute (art. 11, comma 1, lett. p) della L n. 124/2015, artt. 1, 2, 5 e 9 del d.lgs. n. 171/2016 nonchè art. 3-bis del d.lgs. n. 502/1992), viola sia l'art. 117, comma 3, Cost. sia l'art. 17 lett. b) e c) dello Statuto speciale della Regione siciliana - che, come s'è visto, circoscrive la potestà legislativa regionale (concorrente) in materia di sanità pubblica e assistenza sanitaria «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato» -; sia perchè esso lede altresì i principi di ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento di cui agli artt. 3 e 97 Cost.