Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;
Contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria di illegittimità costituzionale e conseguente annullamento degli artt. 7, 8 e 9 della legge regionale n. 1 del 15 gennaio 2009, emanata dalla Regione Calabria, e pubblicata nel B.U.R. n. 1 del 21 gennaio 2009 recante «Ulteriori disposizioni in materia sanitaria», per contrasto con gli artt. 3, 51, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione e ciò a seguito ed in forza della delibera di impugnativa assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 13 marzo 2009.
1. - Nel Bollettino ufficiale n. 1 del 21 gennaio 2009 della Regione Calabria è stata pubblicata la legge regionale n. 1 del 2009.
Con tale provvedimento legislativo, la Regione Calabria ha stabilito disposizioni in materia sanitaria.
2. - In particolare, l'art. 7 dispone che «ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 8, comma 1-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni e dell'Accordo collettivo nazionale della medicina generale del 23 marzo 2005, la regione provvede all'inquadramento in ruolo dei medici a tempo indeterminato, attualmente incaricati nell'emergenza sanitaria, previo giudizio di idoneità secondo le procedure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 1992, n. 502, a condizione che gli stessi abbiano maturato almeno cinque anni di attività a regime di convenzione, di cui almeno tre nell'emergenza.».
Il successivo art. 8, al comma 1, dispone che «i medici titolari di continuità assistenziale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge ed utilizzati in attività diverse, da almeno tre anni presso le Aziende sanitarie della regione, possono chiedere, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di essere inquadrati nel relativo posto in organico, previo giudizio di idoneità ove già non esperito».
Ai sensi dell'art. 9, invece, «i medici della Medicina dei servizi risultati idonei ed inseriti negli elenchi di cui ai decreti dirigenziali n. 17301 del 17 novembre 2005 e 12611 del 6 ottobre 2006 del Dipartimento regionale tutela della salute sono inquadrati in ruolo, nei posti in atto occupati nelle aree previste dal decreto dirigenziale n. 416 del 17 luglio 2000 dello stesso Dipartimento».
Va subito rilevato che le disposizioni qui censurate investono due diversi ambiti materiali. Da un lato, esse costituiscono espressione della funzione di coordinamento della finanza pubblica; dall'altro, afferiscono alla tutela della salute, materie, entrambe, oggetto di potestà legislativa concorrente di Stato e regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. Da ciò consegue che, vertendosi in materie di legislazione concorrente, lo Stato è legittimato a porre principi fondamentali, come tali vincolanti per le regioni e per le province autonome, palesemente disattesi dalla legge regionale impugnata.
L'art. 7 della legge Regione Calabria viola innanzitutto il principio fondamentale in materia di tutela della salute contenuto nell'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502/1992, secondo il quale l'inquadramento dei dirigenti medici è consentito, in deroga al principio del pubblico concorso, solo qualora ricorrano le particolari condizioni ed i determinati riferimenti temporali indicati dalla norma stessa. Infatti, l'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502/1992, permette, in deroga al principio del pubblico concorso, l'inquadramento dei soli medici in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 229/1999, i quali al 31 dicembre 1998 risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni.
La disposizione regionale, prevedendo, invece, l'inquadramento nei ruoli della dirigenza medica del personale incaricato nell'emergenza sanitaria, che abbia maturato cinque anni di attività in regime di convenzione e che risulti in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale, protrae l'efficacia della norma transitoria contenuta nell'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502/1992, che ha ormai esaurito i suoi effetti.
La norma statale richiamata rappresenta una disposizione transitoria ed eccezionale e, quindi, insuscettibile di applicazione estensiva o analogica.
Pertanto, la previsione regionale che opera l'estensione dell'inquadramento a fattispecie non contemplate dalla norma statale, eccede dalla competenza concorrente in materia di tutela della salute e viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 7 della legge Regione Calabria, inoltre, si pone in contrasto anche con il principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica contenuto nell'art. 1, comma 565, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), il cui obiettivo è il contenimento della spesa di personale. Infatti, la disposizione regionale, prevedendo un inquadramento nei ruoli dei dirigenti medici non consentito dalla legislazione statale, determina oneri aggiuntivi non quantificati e, pertanto, eccede dalla competenza concorrente attribuita alle regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica, violando l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
La medesima disposizione regionale contrasta altresì con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto elude - al di fuori dei casi espressamente contemplati dall'art. 8, comma 1-bis, del d.lgs. n. 502/1992 - il principio di eguaglianza dei cittadini ed il principio del concorso pubblico, quale strumento ineludibile di accesso al pubblico impiego, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale, ed a creare, in ambito nazionale, difformità di applicazione della disposizione statale richiamata.
3. - Gli artt. 8 e 9, nel prevedere l'inquadramento in ruolo dei medici titolari, in virtù di convenzione, della «continuità assistenziale» e della «Medicina dei Servizi», che presentino determinati requisiti, eccedono dalle competenze regionali. Tali disposizioni regionali configurano, infatti, una sostanziale stabilizzazione dei dirigenti medici che non è consentita dalla legislazione statale. In particolare:
Esse contrastano innanzitutto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica contenuti nell'art. 3, comma 94, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e nell'art. 1, comma 558, e commi da 513 a 543 (ai quali il comma 565 fa rinvio), della menzionata legge n. 296 del 2007, che, nel disciplinare la stabilizzazione del personale precario escludono espressamente l'applicabilità delle relative procedure al personale dirigente.
Tali disposizioni regionali eccedono pertanto dalle competenze regionali in materia di coordinamento della finanza pubblica e violano l'art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre tale stabilizzazione del personale dirigenziale contrasta con la necessità che alla dirigenza sanitaria si acceda per concorso pubblico per titoli ed esami, stabilita dall'art. 15 del d.lgs. n. 502/1992, che costituisce normativa di principio in materia di tutela della salute (ai fini dell'art. 117, terza comma, Cost.) secondo quanto può evincersi anche dall'art. 19, comma 1, della stessa legge, che la qualifica espressamente come tale.
Esse, in fine, potendo dar luogo ad un trattamento differenziato rispetto al personale precario di altre amministrazioni pubbliche violano altresì i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, nonchè il principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost.
Come codesta ecc.ma Corte ha avuto già modo di affermare in più occasioni, non appare dubbio che nel sistema di assistenza sanitaria - delineato dal legislatore nazionale fin dall'emanazione della legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1970, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) - l'esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che, annualmente, è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario.
Il legislatore regionale ha, pertanto, violato i confini entro cui sarebbe stato legittimo il suo intervento regolativo della materia, avendo esso operato un incauto scollamento con la disciplina statale.
Posto, quindi, che, in forza del terzo comma dell'art. 117 Cost., il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente (come sarebbe confermato dal secondo comma dell'art. 119 Cost.), per cui allo Stato è riservata la determinazione dei principi fondamentali nell'ambito e nel rispetto dei quali può legittimamente esplicarsi la potestà legislativa delle regioni, la legge regionale censurata si è profondamente discostata da detti principi, prevedendo la stabilizzazione del personale sanitario non contemplata dalla legge statale.
4. - Infine, come già detto, gli artt. 7, 8 e 9 della legge regionale in esame, prevedendo, ai fini dell'inquadramento nei ruoli, semplicemente un previo giudizio di idoneità, si pongono in contrasto anche con il principio del pubblico concorso, stabilito dall'art. 97 della Costituzione, e danno luogo ad un trattamento differenziato rispetto al personale precario di altre amministrazioni pubbliche, violando gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha recentemente ribadito, nella sentenza n. 81/2006, che «il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico. Il legislatore regionale, pertanto, non può prescindere dall'esigenza di consentire la partecipazione al concorso a chiunque vi abbia interesse, in violazione degli artt. 51 e 97 della Costituzione».
Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico (si vedano in argomento anche le sentenze n. 159 del 2005, n. 205 e n. 34 del 2004). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto d'impiego con la pubblica amministrazione.
I principi generali enunciati dalla Consulta in materia di pubblico concorso conducono a ritenere che le misure relative alla stabilizzazione del personale precario contenute nelle leggi finanziarie statali debbano considerarsi eccezionali e, in quanto tali, non suscettibili di interpretazione estensiva o analogica che consenta una loro applicazione a fattispecie dalle stesse leggi non contemplate.
5. - In sintesi, l'art. 7 della legge Regione Calabria, deve considerarsi incostituzionale, innanzitutto, perchè opera l'estensione dell'inquadramento del personale medico a fattispecie non contemplate dall'art. 8, comma 1-bis, d.lgs. n. 502/1992, eccedendo, così, la competenza concorrente in materia di tutela della salute e violando l'art. 117, terzo comma, Cost.
Gli artt. 7, 8 e 9 della legge Regione Calabria, poi, sono incostituzionali perchè in contrasto con le leggi finanziarie del 2007 e 2008 che, essendo principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, costituiscono il limite alla competenza concorrente riconosciuta alle regioni dall'art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre, gli artt. 7, 8 e 9 della legge in esame sono incostituzionali perchè violano il principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, nella parte in cui prevedono una deroga al principio del concorso pubblico.
6. - Pertanto, in base alle considerazioni che precedono, il Presidente del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentato e difeso, chiede che la Corte ecc.ma voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e quindi annullare gli artt. 7, 8 e 9 della legge Regione Calabria n. 1 del 15 gennaio 2009, indicata in epigrafe, per contrasto con gli artt. 3, 51, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione.