Fatto e motivi

(Ricorso 7 marzo 2006)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro Regione Campania, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, con sede in Napoli, per la declaratoria di incostituzionalità e conseguente annullamento della legge Regione Campania del 29 dicembre 2005, n. 24 (pubbl. in B.U.R. n. 69 del 30 dicembre 2005) recante:

"Disposizioni per la formazione del Blancio annuale e pluriennale della Regione Campania - Legge finanziaria 2006", con specifico riguardo agli articoli 7, commi 1, 2, 3 e 4; 4, comma 3, nonchè 23 di tale legge, per contrasto con gli artt. 117, comma 3 nonchè del principio della leale collaborazione istituzionale di cui agli artt. 118 e 120 Cost., come pure dell'art. 123 Cost. e dell'art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione.

E ciò a seguito ed in forza della determinazione del Consiglio dei ministri di impugnativa della predetta legge regionale assunta nella seduta del 23 febbraio 2006.

Nel B.U.R. n. 69 del 30 dicembre 2005 della Regione Campania risulta pubblicata la epigrafata legge regionale n. 24/2005, con cui sono state dettate "disposizioni per la formazione del Bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania (Legge finanziaria 2006)".

Avverso tale legge, con specifico riguardo ai primi quattro commi dell'art. 7, al comma 3 dell'art. 4 nonchè all'art. 23, in quanto ritenuti sia contrastanti con il vigente riparto costituzionale delle competenze in materia di legislazione concorrente (ripartita) e quindi violativi dei principi dettati o desumibili dalla legislazione statale vigente nelle materie da essi trattate, sia violative della "riserva di Statuto" di cui all'art. 123 Cost. sia, infine, invasiva della competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lett. e) Cost., il Presidente del Consiglio dei ministri, con il presente atto, ricorre ai sensi dell'art. 127, primo comma Cost. e dell'art. 31, legge 11 marzo 1953, n. 87 (come sostituito dall'art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003 n. 131) a codesta ecc.ma Corte costituzionale per chiedere la declaratoria di illegittimità costituzionale, e quindi l'annullamento, della epigrafata legge regionale con specifico riguardo all'art. 7, commi 1, 2, 3 e 4, all'art. 4, comma 3, e all'art. 23 di detta legge; e ciò sulla base delle motivazioni e considerazioni che seguono.

1) Alcune disposizioni contenute nell'articolo 7, relative agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) presenti sui territorio campano, eccedono dalle competenze regionali. E' opportuno premettere che la materia oggetto della legge regionale in esame, concernente gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) non trasformati in Fondazioni, è stata esaminata da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 270 del 2005. In tale pronuncia la Corte ha chiarito che, pur non potendosi ricondurre la normativa relativa agli IRCCS alla potestà legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma lett. g), Cost., non potendo tali Istituti essere considerati enti nazionali (bensì enti a mera "rilevanza nazionale"), tuttavia l'esigenza di garantire un'adeguata uniformità al sistema e la tutela di alcuni interessi unitari esistenti in materia giustifica l'attrazione in capo allo Stato, in via di sussidiarietà, di funzioni che sono di competenza delle regioni, non potendosi dubitare che la previsione e la disciplina degli enti pubblici operanti nelle materie della tutela della salute e della ricerca scientifica siano, sotto il profilo organizzativo, di competenza regionale e debbano, pertanto, essere oggetto della corrispondente potestà legislativa. Peraltro, sempre secondo la Corte, l'"attrazione per sussidiarieta" in capo allo Stato esige, "al fine di evitare un improprio svuotamento delle ... prescrizioni costituzionali, ... la previsione di adeguate forme di coinvolgimento delle regioni interessate, secondo i moduli di leale collaborazione più volte Indicati come ineliminabili" dalla stessa Corte (cfr., fra le altre, le sentt. nn. 8/2004 e 303/2003).

Lo Stato, dunque, è legittimamente intervenuto in materia di IRCCS, avocando a sè certi poteri (con la legge n. 3/2003 e con il d.lgs. n. 288/2003) ma al contempo affiancando ad essi la previsione di una necessaria intesa con le regioni, come risulta chiaramente dall'art. 5 del d.lgs. n. 288/2003 nella parte in cui è rimessa ad un atto di intesa, da raggiungere in sede di Conferenza Stato-regioni, la determinazione delle "modalità di organizzazione, di gestione e di funzionamento degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni". Intesa che, in attuazione dell'art. 5 testè citato, è stata raggiunta con l'accordo Stato-regioni del 1° luglio 2004. Di talchè si ritiene che nella materia degli IRCCS (non trasformati in Fondazioni) la potestà legislativa regionale debba rispettare i principi fondamentali in materia di tutela della salute, contenuti nel d.lgs. n. 288/2003 e nel relativo Atto d'intesa, che del primo costituisce parte integrante, profilandosi altrimenti - come accade nella legge che qui si impugna - la violazione, per un verso, dell'art. 117, comma 3, Cost. e, per altro verso, del principio della leale collaborazione istituzionale desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 117 e 118, comma 1 e 120 Cost.

In particolare, la legge regionale qui impugnata presenta i summenzionati profili di illegittimità costituzionale in ordine alle seguenti disposizioni:

l'art. 7, comma 1, nella parte in cui sottopone gli IRCCS regionali "alla vigilanza della regione", si pone in contrasto con l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 288/2003, il quale, ritenuto legittimo dalla Corte nella sent. n. 270/2005, mantiene in capo al Ministero della salute "le funzioni dl vigilanza" sugli enti in questione.

l'art. 7, comma 2, nel sottoporre al controllo della regione l'attività di ricerca degli IRCCS regionali, si pone in contrasto con l'art. 8, comma 3 del d.lgs. n. 288/2003, il quale, non censurato dalla Corte nella sentenza sopra indicata, prevedendo che l'attività di ricerca degli IRCCS sia coerente con il programma di ricerca sanitaria nazionale di cui all'art 12-bis del d.lgs. n. 502/1992, sottopone la stessa alla vigilanza del Ministero della salute.

l'art. 7, comma 3, nello stabilire che i componenti del Consiglio di indirizzo e verifica degli Istituti campani siano "nominati dal presidente della regione, su proposta dell'assessore regionale alla sanità," senza prevedere alcuna designazione ministeriale, si pone in contrasto con l'art. 2, comma 1, dell'Atto di intesa, il quale prevede una diversa composizione del CIV, statuendo che lo stesso sia "composto da cinque membri, due dei quali nominati dal Ministro della salute e due dal presidente della regione ed il quinto, con funzioni del presidente, nominato dal Ministro della salute, sentito il presidente della regioni".

l'art. 7, comma 4, nello stabilire che tutti e cinque i membri del Collegio sindacale degli IRCCS siano "designati dalla Giunta regionale della Campania, su proposta dell'assessore regionale alla sanita", senza contemplare alcuna componente ministeriale, si pone in contrasto con l'art. 4 dell'Atto d'intesa, il quale, rinviando a quanto disposto dall'art. 4 del d.lgs. n. 288/2003, prevede che il suddetto organo sia composto da cinque membri, "di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro della salute e uno dall'organismo di rappresentanza delle autonomie locali".

2) L'articolo 4, comma 3, prevede l'attribuzione di una funzione di indirizzo politico-amministrativo alla giunta. Tale previsione incide sulla forma di governo che, ai sensi dell'articolo 123, è riservata allo Statuto e non può essere disciplinata con legge regionale ordinaria. Infatti, l'attribuzione di una funzione di indirizzo politico-amministrativo alla giunta determina una modifica del sistema di relazioni tra gli organi regionali, così come delineato dal vigente Statuto della regione, il quale attribuisce al Consiglio regionale la funzione di indirizzo politico programmatico (art. 20), punto 1 della legge 22 maggio 1971, n. 348, ed alla giunta l'attuazione delle direttive politiche e programmatiche decise dal Consiglio (art. 31 Stat.). Non è quindi prevista una funzione politico-amministrativa in capo alla giunta, nè può la stessa essere disposta con legge regionale, perchè interviene illegittimamente nella materia della forma di governo, rimessa allo statuto regionale.

In tal senso quindi l'articolo in esame viola la previsione di cui all'articolo 123 della Costituzione.

3) All'articolo 23 è prevista una modifica del comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale n. 28/2003 ed è aggiunto il seguente comma:

"Al fine di contribuire alla riduzione dell'inquinamento atmosferico derivante dal traffico veicolare, i veicoli appartenenti alle categorie Internazionali M1 e N1 alimentati a metano e GPL o azionati con motore elettrico, sono esentati dal pagamento della tassa automobilistica regionale dal 1° gennaio 2005".

Tale previsione contrasta con la normativa statale di riferimento, ed in particolare con l'articolo 17, comma 5, lett. a) e h),della legge n. 449/1997, che dispongono, invece, la riduzione di un quarto - e non già l'esenzione - dell'importo del tributo per i veicoli alimentati a gas metano e GPL, nonchè per i veicoli con motore elettrico; per questi ultimi la normativa statale violata è l'art. 20 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, che prevede l'esenzione quinquennale per autoveicoli elettrici per il periodo di cinque anni a decorrere dalla data del collaudo. La normativa regionale si discosta sensibilmente dalla normativa statale violando così l'art. 117, comma 2, lettera e), in materia di sistema tributario. Proprio in materia di tasse automobilistiche la Corte ha avuto modo di pronunciarsi con le nn. 296/03 e 297/03, chiarendo che la suddetta tassa non può essere considerata un tributo proprio ai sensi dell'articolo 119, secondo comma, della Costituzione, bensì trattasi di materia rientrante all'interno della competenza esclusiva statale di cui all'articolo 117, secondo comma, lett. e) in quanto tributo istituito con legge statale nel cui ambito la regione può legiferare soltanto nei limiti e nelle misure stabilite dalla legge statale.