Fatto e motivi

(Ricorso 4 febbraio 2003)

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della Provincia di Bolzano, in persona del suo presidente della giunta, avverso l'art. 34 della legge provinciale 15 novembre 2002, n. 14, intitolata «norme per la formazione di base, specialistica e continua, nonchè altre norme in ambito sanitario» pubblicata nel Boll. uff. n. 50 del 3 dicembre 2002.

La determinazione di proposizione del ricorso è stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 gennaio 2003 (si depositerà estratto del relativo verbale).

L'art. 4 della legge provinciale di Bolzano 5 marzo 2001, n. 7, ha assegnato allo «osservatorio epidemiologico provinciale operante nell'ambito della ripartizione sanità della provincia» una serie di compiti, tra i quali merita segnalare lo «attivare indagini per specifiche (e però non legislativamente specificate) esigenze conoscitive», lo «effettuare controlli ed elaborazioni periodiche sui dati acquisiti» e il «distribuire in forma programmata o su richiesta dati selezionati ed elaborati ai competenti organi decisionali». Per lo svolgimento dei compiti attribuiti al predetto osservatorio è autorizzata la stipulazione di convenzioni anche con «esperti esterni all'amministrazione» (non pare sia esclusa la prestazione dei servizi in questione ad opera di soggetti societari).

Il comma 5 del citato art. 4, con formula di ampia portata, pone il principio «il trattamento dei dati sanitari personali deve svolgersi nel rispetto della vigente normativa sulla tutela delle persone e di altri soggetti». Senonchè, l'art. 34 della legge provinciale 15 novembre 2002, n. 14, nel sostituire il previgente comma 3 della menzionata legge provinciale del 2001, sembra contraddire il dianzi riportato principio espresso dal comma 5 di quest'ultima, quando introduce a carico sia di tutti «gli enti gli uffici e le strutture (sanitarie) pubbliche e private convenzionate», sia dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta «per le prestazioni oggetto di convenzione», l'obbligo giuridico di rendere disponibili, ossia - parrebbe - di comunicare a semplice richiesta (non è precisato da chi e come formulata), «i dati anche personali, comuni e sensibili, sanitari ambientali e gestionali di cui sono in possesso».

A fonti secondarie (regolamenti provinciali) sarebbe rimessa la definizione di modalità e tecnologie di dette comunicazioni.

Nulla si dispone, oltre che sulle modalità delle relative richieste, circa le competenze amministrative in proposito, circa la necessità o meno del consenso delle persone cui i dati appartengono, e circa la conservazione e la protezione dei dati ottenuti.

Se ben si è compreso, il novellato comma 3 dell'art. 34 in esame non esclude, ad esempio, che la conoscenza del contenuto della cartella clinica di un paziente ricoverato in struttura sanitaria sia autoritativamente acquisita dalla ripartizione sanità o da altro apparato, senza cautela di anonimato e senza che il paziente (o ex-paziente) presti consenso o almeno sia informato. Per di più, l'ambito di applicazione dell'art. 34 non include la sanità interamente privata, ossia non convenzionata; il che determina una diseguaglianza nella «tutela della persona» e nella salvaguardia del diritto civile alla «privacy».

Quest'ultima osservazione conduce a prospettare la questione se (ed eventualmente in quale misura) il tema dei diritti civili della personalità possa essere sottratto alla materia cui naturaliter attiene - ad avviso di questa difesa la materia «ordinamento civile» (secondo il linguaggio del novellato Titolo quinto della Costituzione) - sol perchè attraverso anche da prestazioni sanitarie o, più in generale, sociali e lato sensu amministrative. Invero, la sfera dei diritti civili della personalità per così dire preesiste agli interventi che sogliono ora denominarsi di welfare, ed è interessata anche da rapporti inter-privati.

L'art. 34 in esame contrasta con più parametri costituzionali.

Anzitutto gli articoli 11 e 12 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige (come sostituiti nel 1971) non prevedono tra le materie elencate la «tutela della persona» (nel significato attribuito a tale espressione dal dianzi citato comma 5); la materia «igiene e sanità», ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera non assorbe in sè la sfera dei diritti civili di personalità, per quanto testè osservato. Nè in contrario può addursi che le finalità - prevenzione e contrasto delle epidemie - perseguite dalla disposizione in esame sono meritevoli di considerazione: il riparto delle competenze costituzionalmente garantite deve prescindere dalla eventuale «bontà» delle intenzioni dei legislatori.

Comunque, la anzidetta materia «igiene e sanità» - è ed è rimasta anche dopo la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - materia «di legislazione concorrente»; e quindi la provincia può emanare norme legislative «nei limiti» indicati nello incipit dell'art. 4 del predetto statuto speciale e negli ulteriori limiti «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato» (art. 5 del medesimo statuto) e dei «principi fondamentali» posti dalla legislazione dello Stato (art. 117, comma terzo, Cost.). Ora, come riconosciuto dal legislatore provinciale quando ha menzionato la legge 31 dicembre 1996, n. 675, il legislatore statale, assecondando indicazioni europee, ha prodotto un complesso sistema di norme in tema di acquisizione, trattamento, elaborazione, protezione e conservazione dei dati personali (norme che sono particolarmente severe per i dati personali sensibili, quali sono quelli relativi alle condizioni di salute), ed ha persino istituito una autorità indipendente a presidio della cosiddetta privacy. Questo sistema di norme statali costituisce indubbio «limite» alla esplicazione della potestà legislativa concorrente della provincia nella nominata materia. Tra l'altro, l'art. 23, comma 4, della citata legge n. 675 del 1996 prevede un divieto di comunicare (ed a fortiori di diffondere) dati relativi allo stato di salute, con la sola eccezione della finalità di prevenzione e repressione di reati.

Ancora, l'art. 34 in esame contrasta con l'art. 2 Cost., con l'art. 117, comma secondo, lettera l), (ordinamento civile) ed m) (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali) Cost., ed anche - considerata la competenza attribuita alla predetta autorità indipendente - con l'art. 117, comma secondo, lettera g), (ordinamento organizzazione amministrativa dello Stato) Cost. La Provincia non può avvalersi dell'ampliamento delle sue competenze legislative conseguente all'applicazione anche ad essa dell'art. 117, comma terzo, Cost., senza incontrare la riserva di «legislazione esclusiva» posta a favore dello Stato dallo stesso art. 117 al comma secondo. Il legislatore provinciale, per quanto esorbita dalle materie «elencate» nel menzionato statuto speciale non può invadere gli ambiti di cui al citato art. 117, comma secondo, Cost. Che il legislatore provinciale, con l'art. 34 in esame, abbia disposto nelle indicate materie di legislazione esclusiva dello Stato appare palese per quanto dianzi segnalato ed argomentato.