(Consiglio di Stato - 13 - 24 dicembre 2021)
1. L'Istituto Santa Chiara S.r.l., titolare di un centro diagnostico nel Comune di Castrignano dei Greci, accreditato istituzionalmente con la ASL di Lecce nella branca specialistica ambulatoriale della diagnostica per immagini con utilizzo di grandi macchine, TAC e RMN, ha impugnato - formulando altresì istanza risarcitoria - la determinazione della Regione Puglia n. 103/2019 del 29.4.2019 con cui venivano concessi, con un unico provvedimento, l'autorizzazione all'esercizio e l'accreditamento istituzionale alla società ARS Radiologica S.r.l., struttura sanitaria privata con sede in Ruffano, per l'attività specialistica ambulatoriale di diagnostica per immagini con uso di grandi macchine (1 TAC e 1 RMN da 1,5 Tesla), in aggiunta all'accreditamento già posseduto da tale struttura per l'attività specialistica ambulatoriale di diagnostica per immagini senza uso di grandi macchine.
Deve precisarsi che la detta società, ARS Radiologica s.r.l., all'esito di un pregresso contenzioso, definito da questa Sezione con la sentenza n. 4190/2016 (e in sede di ottemperanza dalla sentenza n.1827/2018), aveva conseguito il parere di compatibilità all'installazione delle suddette apparecchiature di cui alla determinazione n. 38 del 27 febbraio 2017, che escludeva, al contempo, espressamente la possibilità di conseguire l'accreditamento per saturazione del relativo fabbisogno.
In forza di tale parere veniva rilasciata dal Comune di Ruffano, in data 28.7.2017, l'autorizzazione alla realizzazione del programmato ampliamento mediante installazione di 2 grandi macchine (1 TAC e 1 RM).
Con la mentovata determinazione della Regione Puglia n. 103/2019, oggetto di impugnativa in prime cure, la Regione Puglia dava rilievo al mutamento del quadro normativo e, in particolare, alla L.R. n. 9 del 2 maggio 2017 che, innovando rispetto al pregresso quadro normativo, prevedeva, nella versione ratione temporis applicabile, cioè precedente alla modifica di cui alla L.R. 30 novembre 2019 n. 52, che "3. L'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio non produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale, che si fonda sul criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale, salvo che non si tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'articolo 5, comma 2, inerenti strutture già accreditate".
In sintesi, nella declinazione del nuovo principio normativo la Regione dava rilievo al fatto che, nel caso di strutture già accreditate, le modifiche in ampliamento - inclusa quella qui in rilievo alla stregua di quanto previsto dall'articolo 5 comma 2 della medesima legge - erano dispensate dall'apprezzamento sulla funzionalità delle implementazioni infrastrutturali rispetto agli indirizzi della programmazione regionale.
E proprio contro questo automatismo abilitativo si poneva il nucleo principale delle contestazioni mosse dall'Istituto Santa Chiara S.r.l. con l'atto introduttivo del presente giudizio.
1.1. Ars Radiologica S.r.l., da parte sua, dopo aver eccepito l'infondatezza del ricorso principale, proponeva ricorso incidentale, poi integrato da motivi aggiunti, impugnando la determinazione della Regione Puglia n. 91/2010 con cui era stato concesso l'accreditamento istituzionale all'Istituto Santa Chiara S.r.l. per la diagnostica per immagini con uso di g.m. (1 TAC e 1 RMN da 1,5 Tesla), lamentando la mancata disponibilità dell'immobile e la saturazione già a quella data del relativo fabbisogno.
1.2. Si costituiva in giudizio la Regione Puglia, contestando sia il ricorso principale che quello incidentale e chiedendo il rigetto delle domande.
2. Con sentenza n. 784/2021, il TAR per la Puglia ha accolto il ricorso principale nella parte relativa all'azione di annullamento e, per l'effetto, ha annullato la determinazione regionale n. 103/2019, respingendo al contempo la domanda risarcitoria; il giudice di prime cure ha, poi, dichiarato irricevibile il ricorso incidentale.
2.1. Segnatamente, il TAR ha, anzitutto, evidenziato che, con sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 12 marzo 2021, era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017, nella versione, non applicabile al caso di specie, derivante dalla modifica di cui alla L.R. n. 52/2019. L'art. 49 della L.R. n. 52/2019 aveva, infatti, modificato il comma 3 dell'art. 19, prevedendo che l'eccezione alla regola della programmazione regionale si verificasse in tre casi, tra i quali, per quanto qui di interesse, quello della "3 .1. (. ..) autorizzazione all'esercizio per l'attività di diagnostica per immagini con utilizzo di grandi macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.6.3.) già rilasciata alla data di entrata in vigore della presente legge a struttura già accreditata per l'attività di diagnostica per immagini senza utilizzo di grandi macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.7.3.)".
2.2. Pur non essendo sottoposta all'attenzione della Corte la versione dell'articolo 19 citato, qui applicabile ratione temporis, il TAR riteneva che i principi affermati dalla Consulta dovessero orientarne l'interpretazione concludendo nel senso che "l'ampliamento" contemplato dal combinato disposto dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017 - nella versione all'epoca vigente - e dell'art. 5, comma 2 della L.R. n. 9/2017 non potesse essere interpretato nel senso che le prestazioni diagnostiche con g.m. fossero meramente aggiuntive rispetto a quelle senza g.m., dovendosi piuttosto ritenere che l'ampliamento suscettibile di consentire la deroga - in quanto, per l'appunto, meramente aggiuntivo - implicasse la stessa natura delle prestazioni per le quali vi era stato l'originario accreditamento, evenienza qui non in rilievo.
3. Con ricorso depositato in data 10.06.2021, ha proposto appello la società ARS Radiologica s.r.l., chiedendo la riforma della sentenza suddetta, previa sospensione della relativa esecutività anche mediante adozione di misure cautelari monocratiche.
3.1. L'appellante principale, m particolare, ha articolato seguenti motivi di ricorso:
a) "Inammissibilità del ricorso introduttivo".
L'Istituto Santa Chiara s.r.l. non sarebbe legittimato al ricorso, non potendo far leva sul proprio accreditamento ottenuto in sovrannumero per lamentare un'analoga soprannumerarietà dell'accreditamento concesso ad Ars Radiologica S.r.l. Il TAR avrebbe dovuto esaminare tale rilievo, qualificabile come eccezione pregiudiziale, a prescindere dalla ritenuta tardività del ricorso incidentale;
b) "Erronea declaratoria di tardività della impugnazione recata dal ricorso incidentale".
Il TAR avrebbe erroneamente ritenuto tardivo il ricorso incidentale senza considerare che in nessun modo l'accreditamento dell'Istituto Santa Chiara S.r.l. costituisce elemento di saturazione del fabbisogno opposto dalla Regione ad Ars Radiologica S.r.l. siccome rilasciato in sovrannumenro;
c) Fondatezza del ricorso incidentale di primo grado.
L'istanza del 2006, presentata dall'Istituto Santa Chiara S.r.l. per ottenere i successivi provvedimenti di rilascio del parere di compatibilità e di accreditamento, sarebbe priva degli elementi essenziali. Conseguentemente, i pareri di compatibilità rilasciati all'Istituto nel 2007 sarebbero illegittimi, in quanto al momento della presentazione delle relative istanze l'Istituto non sapeva neppure dove avrebbe potuto realizzare e svolgere l'attività, non avendo la disponibilità dell'immobile.
d) Carenza di interesse dell'Istituto Santa Chiara S.r.l. al ricorso introduttivo di primo grado.
A seguito dell'accreditamento di Ars Radiologica S.r.l., l'Istituto Santa Chiara s.r.l. non solo non avrebbe subito alcun nocumento, ma avrebbe addirittura incrementato il suo budget a seguito degli addendum contrattuali stipulati con la ASL Lecce. Non vi sarebbe, pertanto, alcun danno e dunque alcun interesse dell'Istituto all'impugnazione proposta.
e) Errata statuizione nel merito.
Con la sentenza appellata, il giudice di prime cure avrebbe operato un'errata lettura abrogante dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017. Tale disposizione, nel testo anteriore alle modifiche successivamente introdotte, legittimamente consentirebbe ad Ars Radiologica s.r.l. di ottenere l'accreditamento per la diagnostica per immagini con uso di g.m. Il TAR avrebbe, peraltro, omesso di considerare che l'accreditamento di Ars Radiologica s.r.l. si fonda anche su altre distinte e concorrenti previsioni normative, ciascuna idonea a legittimarlo, vale a dire l'art. 3, comma 32, della L.R. n. 40/2007; gli artt. 24 e 25 L.R. n. 9/2017.
4. Con appello incidentale, depositato in data 22.06.2021, l'Istituto Santa Chiara S.r.l., dopo aver eccepito l'inammissibilità e l'infondatezza dell'appello principale, ha, a sua volta, impugnato la decisione di primo grado sulla scorta delle seguenti deduzioni censoree:
a) " Error in procedendo e in iudicando. Violazione, falsa ed errata applicazione dell'art. 24 della L.R. n. 09117. Errata enunciazione del rapporto tra giudicato e ius superveniens nel caso specifico. Violazione del principio di intangibilità del giudicato disceso sulle sentenze n. 4190/1 6 e 1827/18. Nullità conseguente".
Il TAR avrebbe errato nel ritenere non dirimenti, siccome superate dalle sopravvenute modifiche normative, le sentenze di questa Sezione nn. 4190/2016 e 1827/2018. La verifica di compatibilità rilasciata con determinazione n. 38/2017 escludeva la possibilità di accreditare la struttura di Ruffano di Ars Radiologica s.r.l. per mancanza di fabbisogno e tale statuizione risulta confermata dal Consiglio di Stato con le pronunce predette. Ciò renderebbe nullo il provvedimento di accreditamento gravato in prime cure per violazione del giudicato;
b) "Error in procedendo e in iudicando. Violazione, falsa ed errata applicazione dell'art. 8 ter e quater del Dlgs 502/92. Errata enunciazione del principio di necessaria funzionalità dell'accreditamenti al fabbisogno".
Il TAR avrebbe errato nel ritenere che, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017, "l'ampliamento suscettibile di consentire la deroga (... ) sia quello che ha la stessa natura delle prestazioni per le quali vi è stato l'originario accreditamento". Anche l'ampliamento della stessa attività già oggetto di accreditamento, infatti, sarebbe soggetta ad una necessaria verifica di compatibilità. La sentenza appellata, dunque, dovrebbe essere riformata nella parte in cui ritiene che l'ampliamento della stessa attività già accreditata deroghi al principio della funzionalità dell'accreditamento con il fabbisogno;
c) " Error in procedendo e in iudicando. Grave difetto di istruttoria e motivazione. Omessa ed errata pronuncia in ordine a fatti rilevanti, decisivi ai fini del decidere. Immotivato rigetto della domanda risarcitoria".
Il TAR avrebbe errato laddove ha ritenuto di non poter accogliere l'istanza risarcitoria dell'Istituto Santa Chiara s.r.l. La riduzione del tetto di spesa assegnato all'Istituto per gli anni 2019 e 2020 sarebbe dipesa dall'accreditamento di Ars Radiologica s.r.l. Il danno economico risarcibile sarebbe pari alla decurtazione del budget per prestazioni TAC e RMN in regime di accreditamento che l'Istituto ha dovuto subire dall'anno 2019 in poi. Il nesso causale tra l'atto impugnato e il danno lamentato sarebbe dimostrato dallo spostamento di risorse conseguente all'accreditamento di Ars Radiologica s.r.l. La colpa dell'Amministrazione consisterebbe nella violazione del d.lgs. n. 502/1992, nonchè nell'inerzia perpetrata anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 36/2021. Anderebbe altresì riformata la statuizione relativa alla disposta compensazione delle spese di lite.
5. Aderendo all'appello principale solo nella parte in cui rivendica la legittimità della determinazione n. 103/2019 di accreditamento della struttura gestita da Ars Radiologica s.r.l., anche la Regione Puglia, con atto depositato in data 02.07.2021, ha proposto appello incidentale, articolando i seguenti motivi di gravame:
a) "Violazione art. 19, comma 3, L.R. 9/2017 ratione temporis applicabile - violazione art. 2 lett. k) L. R. 9/2017 - Violazione art. 5 L.R. 9/2017 - Violazione art. 24 L. R. 9/2017 - motivazione carente, illogica e contraddittoria".
Il giudice di prime cure avrebbe errato laddove ha esteso gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 36/2021 anche al testo dell'art. 19, comma 3, della L.R. n. 9/2017 nella versione precedente alla modifica normativa introdotta dall'art. 49 L.R. n. 52/2020, oggetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale. In ogni caso, l'accreditamento sarebbe stato concesso ad Ars Radiologica s.r.l. anche sulla base della deroga al regime di sospensione degli accreditamenti ed al criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale dettati dall'art. 24, cmruna 1, L.R. n. 9/2017, perfettamente applicabile al caso di specie.
Per il resto, la Regione Puglia ha sostenuto l'inammissibilità e l'infondatezza tanto delle altre censure dell'appello principale, quanto dell'appello incidentale.
6. Con successive memorie depositate in giudizio Ars Radiologica S.r.l. e l'Istituto Santa Chiara S.r.l. hanno ribadito le proprie censure e replicato alle difese avversarie.
7. Con decreto presidenziale n. 3191/2021, è stata accolta l'istanza di concessione della tutela cautelare monocratica e, per l'effetto, sospesa l'esecutività della sentenza appellata fino alla camera di consiglio dell'8 luglio 2021.
7.1. Con ordinanza n. 3789/2021, questa Sezione, rilevato che "le questioni devolute all'attenzione del Collegio, ivi inclusi i profili di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017 nella versione applicabile ratione temporis, si rivelano complesse e meritevoli di approfondimento nell'appropriata sede di merito; nelle more e in una valutazione comparativa dei contrapposti interessi, deve accordarsi prevalenza, nel solco delle coordinate già tracciate con decreto monocratico n. 3191/2021 le cui argomentazioni devono intendersi qui richiamate, alle esigenze azionate dal!'appellante principale che si pongono a presidio della conservazione della efficacia dei titoli abilitativi (id est accreditamento) già in godimento (e annullati dal TAR) anche per le ricadute che ne derivano in termini di maggiore ampiezza e continuità assistenziale dei servizi resi all 'utenzà, ha accolto l'istanza cautelare e, per l'effetto, ha sospeso l'esecutività della sentenza appellata.
7.2. Nelle successive memorie depositate in vista dell'udienza di merito, le parti hanno preso atto della recente, ulteriore sentenza della Corte Costituzionale n. 195/2021 con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 9 L.R. n. 18/2020, che aveva sostituito l'ultimo periodo dell'art. 9, comma 3, L.R. n. 9/2017, prevedendo che, "ferma restando la necessità di verificare la sussistenza dei requisiti di accreditamento, nelle soprariportate ipotesi l'autorizzazione al!'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale".
Secondo la Regione Puglia ed Ars Radiologica S.r.l., neppure tale pronuncia sarebbe dirimente ai fini del giudizio, in quanto la normativa applicabile al caso di specie andrebbe evinta dall'originario disposto dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017, nel testo vigente prima delle modifiche del 2019 e del 2020, non inficiato in alcun modo dalle decisioni della Corte Costituzionale. Ars Radiologica s.r.l., inoltre, ha sottolineato I'impossibilità che una pronuncia di incostituzionalità concernente una norma nella sua versione successiva possa automaticamente travolgere una norma diversa e precedente: se per norme tra loro strettamente connesse come quelle oggetto delle due pronunce della Consulta sono stati ritenuti necessari due autonomi giudizi, ciò dovrebbe valere a maggior ragione per la norma precedente di contenuto significativamente diverso da quelle successive.
Ad avviso dell'Istituto Santa Chiara S.r.l., al contrario, il testo originario dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017, sulla base del quale è stato concesso l'accreditamento ad Ars Radiologica s.r.l., esprimeva lo stesso identico criterio di accreditamento censurato dalla Consulta con le sentenze nn. 36/2021 e 195/2021. Le sentenze di accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale, avendo effetto retroattivo, comporterebbero l'illegittimità dell'accreditamento concesso ad Ars Radiologica s.r.l. per radicale contrasto con l'impianto normativo del d.lgs. n. 105/1992. La sentenza appellata, dunque, meriterebbe di essere confermata nella parte in cui ha disposto l'annullamento del predetto accreditamento. In subordine, dovrebbe essere promossa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017 nella sua versione originaria.
7.3. All'udienza del 16.12.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Questa Sezione, con sentenza non definitiva, n. 8467 del 21.12.2021, dopo aver respinto le eccezioni sollevate in rito, ha passato in rassegna le plurime doglianze veicolate con gli appelli, principale e incidentale, proposti dalle parti, giudicandole non fondate (con riserva di pronuncia sulla domanda risarcitoria) ad eccezione, e per il solo profilo rescindente, del motivo di gravame articolato dall'appellante principale, Ars radiologica s.r.l., ripreso anche nell'appello incidentale della Regione Puglia, con il quale la suddetta parte lamentava l'erroneità della opzione esegetica privilegiata dal giudice di prime cure dell'art. 19, comma 3, della legge regionale della Puglia n. 9/2017 nella formulazione vigente al momento dell'accreditamento di Ars Radiologica s.r.l. (intervenuto con determina n. 103 del 29.4.2019) e, dunque, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dagli artt. 49, comma 1, della L.R. 30 novembre 2019, n. 52 e 9 comma 1 della L.R. 7 luglio 2020, n. 18, dichiarate costituzionalmente illegittime rispettivamente con sentenza del 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36 e con sentenza 22 settembre - 15 ottobre 2021, n. 195.
9. Il Collegio ha, invero, ritenuto, da un lato, che la soluzione ermeneutica privilegiata dal giudice di prime cure della richiamata disposizione, dettata dalla necessità di offrirne una lettura costituzionalmente orientata, non fosse compatibile con il suo significato letterale e, dall'altro, che il relativo contenuto precettivo, costruito coerentemente con tale significato, ponesse la norma in conflitto con i principi fondamentali che reggono il d. lgs. 502/1992, per come declinati dalla Corte Costituzionale, proprio in relazione alla legislazione della Regione Puglia, nelle sentenze del 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36 e del 22 settembre - 15 ottobre 2021, n. 195, dando dunque luogo ad una questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata della norma in argomento per contrasto con il disposto di cui all'art. 117 comma 3 Cost., questione che viene sollevata con la presente ordinanza. 10. Nel dar conto del suddetto approdo decisorio s'impone preliminarmente, ai fini del suo corretto inquadramento, la preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
10.1. A tali fini, mette conto evidenziare che l'accreditamento di Ars Radiologica S.r.l. è stato concesso con determina n. 103 del 29.4.2019 e, dunque, sulla base di quanto ratione temporis stabilito dall'art. 19, comma 3, della L.R. della Regione Puglia n. 9/2017, ai sensi del quale "L'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio non produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale, che si fonda sul criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale, salvo che non si tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, inerenti strutture già accreditate".
I casi di "modifiche, ampliamento e trasformazione" di cui all'art. 5, comma 2, della medesima L.R. n. 9/2017, specificamente individuate dal legislatore nella versione della norma applicabile ratione temporis sono: "2.1. gli ampliamenti di strutture già esistenti e autorizzate, in essi compresi: 2.1.1. l'aumento del numero dei posti letto, posti letto - tecnici e grandi apparecchiature rispetto a quelli già autorizzati; 2.1.2. l'attivazione di funzioni sanitarie e/o socio-sanitarie aggiuntive rispetto a quelle già autorizzate; 2.2. la trasformazione di strutture già esistenti e specificamente: 2.2.1. la mod(fica della tipologia (disciplina) di posti letto rispetto a quelli già autorizzati; 2.2.2. la modifica di altre funzioni sanitarie e/o socio sanitarie già autorizzate; 2.2.3. il cambio d'uso degli edifici, finalizzato a ospitare nuove funzioni sanitarie o sociosanitarie, con o senza lavori,· 2.2.4. l'adattamento delle strutture già esistenti e la loro diversa utilizzazione; 2.3. il trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate. ".
10.2. L'installazione di grandi macchine all'interno della medesima struttura di Ars Radiologica S.r.l., già accreditata per l'erogazione di prestazioni di radiologia tradizionale, sussumibile anche nella previsione di cui all'art. 5 comma 2.1.1, integrava anche la distinta fattispecie relativa a "l'attivazione di funzioni sanitarie e/o socio-sanitarie aggiuntive rispetto a quelle già autorizzate" ai sensi dell'art. 5, comma 2, punto 2.1.2.
Conseguentemente, nell'economia della disciplina di riferimento applicabile ratione temporis, l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio conseguita da Ars Radiologica s.r.l. per l'attività di diagnostica per immagini con utilizzo di grandi macchine, inserendosi nel contesto di un ampliamento di una struttura già accreditata per la radiologia tradizionale, assurgeva a vicenda giuridica idonea a generare effetti vincolanti anche ai fini del rilascio dell'accreditamento, a prescindere dal criterio della funzionalità rispetto alla programmazione regionale.
10.3. Pur tuttavia il TAR ha ritenuto che il suddetto approdo ermeneutico dovesse essere corretto a seguito di una lettura costituzionalmente orientata della norma, all'uopo valorizzando i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 36 del 12 marzo 2021, riferita alle modifiche introdotte nel suindicato impianto regolatorio con l'art. 49 comma 1 della L.R. della Regione Puglia del 30 novembre 2019, n. 52.
Tale ultima disposizione ha, invero, modificato il comma 3 dell'art. 19, prevedendo che l'eccezione alla regola della verifica di compatibilità con gli indirizzi della programmazione regionale si verifica in tre casi, tra i quali, per quanto qui di interesse, quello della "3.1. (...) autorizzazione all'esercizio per l'attività di diagnostica per immagini con utilizzo di grandi macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.6.3.) già rilasciata alla data di entrata in vigore della presente legge a struttura già accreditata per l'attività di diagnostica per immagini senza utilizzo di grandi macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto l.7.3.)" all'uopo precisando che "Nelle soprariportate ipotesi l'autorizzazione all'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale a condizione che, nell'ambito comunale di riferimento, non insista struttura pubblica o privata già accreditata per la medesima attività".
La Corte Costituzionale, con sentenza 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36, ha,però, dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato comma 1 dell'art. 49, della L.R. n. 52/2019, a tali fini evidenziando che "In ciascuna delle tre ipotesi di deroga viene in rilievo, infatti, un'autorizzazione già rilasciata che vincola, secondo la legge regionale, il successivo accreditamento ed enunciando all'opposto il principio secondo cui "le vicende del processo di accreditamento restano tendenzialmente estranee alla determinazione del fabbisogno che rileva per la verifica di compatibilità delineata dall'indicato art. 8- ter, comma 3" (sentenza n. 7 del 2021, punto 4.4.1. del Considerato in diritto). I due procedimenti - di autorizzazione e di accreditamento - sono, in base ai richiamati principi fondamentali della legge statale, tra di loro autonomi, essendo ciascuno finalizzato alla valutazione di indici di fabbisogno diversi e non sovrapponibili. La dichiarazione di illegittimità costituzionale colpisce le parti della disposizione che prevedono le già richiamate tre deroghe, e che - nel periodo finale - ne ribadiscono l'operatività".
10.4. Il giudice di prime ha, dunque, ritenuto che le modifiche introdotte dall'art. 49 della L.R. n. 52/2019, rispetto alla res controversa, costituissero uno sviluppo esplicativo del principio già contenuto nell'originaria versione della norma e, recependo gli arresti ermeneutici compendiati nella suindicata decisione della Consulta, ha ritenuto che "l'ampliamento" contemplato dal combinato disposto dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017 - nella versione a suo tempo applicabile - e dall'art. 5, comma 2, L.R. n. 9/2017, non possa essere interpretato - risultando altrimenti incostituzionale la relativa disciplina - "nel senso che le prestazioni diagnostiche con g.m. siano meramente aggiuntive rispetto a quelle senza g.m., dovendosi piuttosto ritenere che l'ampliamento suscettibile di consentire la deroga - in quanto, per l'appunto, meramente aggiuntivo - abbia la stessa natura delle prestazioni per le quali vi è stato l'originario accreditamento".
10.5. Il suddetto approdo esegetico è stato ritenuto da questo Collegio, con la decisione non definitiva suindicata, non condivisibile in quanto espressione di una non consentita torsione del contenuto precettivo della norma che, sebbene dettata dalla necessità di salvaguardarne la compatibilità con la Costituzione, si rivela non compatibile con il suo effettivo significato, quale evincibile dall'applicazione degli ordinari canoni ermeneutici.
Il Collegio non ignora che il giudice a quo è tenuto a vagliare ogni possibilità di interpretare la disposizione in modo conforme al dettato costituzionale, pur tuttavia, nel caso di specie, tale sforzo esegetico incontra un impedimento insuperabile nel tenore letterale delle disposizioni normative qui in rilievo che, nella loro univocità precettiva, non danno luogo a dubbi di sorta siccome non suscettive di ragionevoli letture alternative.
E, invero, è sufficiente a tal riguardo rilevare che, nell'impianto regolatorio della richiamata disciplina di settore, nella versione ratione temporis applicabile e per come sopra ricostruito, non è affatto necessario, per rendere operativa la deroga al criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale, che le prestazioni per cui si chiede l'ampliamento abbiano la stessa natura di quelle per cui si è ottenuto l'accreditamento, locuzione oltretutto rimasta nelle sue implicazioni conformative e applicative del tutto inesplorata nella decisione di primo grado. Il giudice di prime cure ha, invero, del tutto obliato la circostanza che nel suindicato contesto normativo il significato delle accezioni "modifiche, ampliamento e trasformazione" delle strutture sanitarie è stato fatto oggetto di diretta definizione da parte del legislatore siccome espressamente declinato all'art. 5, comma 2, L.R. n. 9/2017, cui l'art. 19, comma 3, della medesima legge regionale, rinvia, di guisa che non è possibile sovrapporre al vincolante contenuto dei relativi precetti un'autonoma perimetrazione contenutistica avulsa dalle indicazioni direttamente evincibili da tali precetti.
E giova qui ribadire che la disposizione di cui all'art. 5 comma 2.1. testualmente contempla nella relativa elencazione, tra l'altro, "l'aumento del numero dei posti letto, posti letto - tecnici e grandi apparecchiature rispetto a quelli già autorizzati" (al comma 2.1.1.) e "l'attivazione di funzioni sanitarie e/o socio-sanitarie aggiuntive rispetto a quelle già autorizzate" (al comma 2.1.2) di guisa che la lettura offerta dal TAR si pone in frontale contrasto con lo stesso valore semantico delle proposizioni letterali che compongono le suindicate previsioni normative, finendo con l'accreditare - per effetto dell'aggiunta di un'eccezione all'ampio ambito operativo delle suindicate previsioni normative - un'interpretazione parzialmente abrogatrice di tali disposizioni che, viceversa, collocano, in virtù del chiaro tenore letterale delle proposizioni che le compongono, la fattispecie qui in rilievo nell'elencazione delle ipotesi di "ampliamento" valorizzate in chiave derogatoria dall'art. 19 comma 3 della legge regionale 9/2017, vigente ratione temporis. In altri termini, non può essere revocato in dubbio, alla stregua del tenore letterale delle disposizioni passate in rassegna, che l'implementazione dell'attività già esercita con utilizzo di grandi macchine costituisse un'ipotesi di "ampliamento" della struttura già accreditata per la radiologia tradizionale, con conseguente operatività della fattispecie derogatoria contemplata nell'originaria versione dell'art. 19 comma 3 della legge regionale in argomento nella parte in cui assegnava all'intervenuto rilascio dell'autorizzazione effetti vincolanti anche ai fini dell'accreditamento a prescindere dal criterio della funzionalità rispetto alla progranunazione regionale.
Alla stregua delle suindicate considerazioni, non può che ribadirsi il principio secondo cui la lettera della norma impugnata, il cui significato non può essere valicato neppure per mezzo dell'interpretazione costituzionalmente conforme (sentenza n. 219 del 2008), non consente in via interpretativa di conseguire l'effetto che solo una pronuncia di illegittimità costituzionale può produrre (cfr. Corte Costituzionale n. 110 del 3 maggio 2012).
Sulla scorta delle suindicate considerazioni la sentenza di primo grado è stata, pertanto, in parte qua, riformata.
10.6. Per completezza espositiva, vale soggiungere che il legislatore regionale, con l'art. 9 comma 1 della L.R. 7 luglio 2020, n. 18, ha ulteriormente modificato l'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 19 L.R. n. 9/2017, già modificato dall'art. 49 L.R. n. 52/2019, prescrivendo che "ferma restando la necessità di verificare la sussistenza dei requisiti di accreditamento, nelle soprariportate ipotesi l'autorizzazione all'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento".
La Corte Costituzionale, con sentenza 22 settembre - 15 ottobre 2021, n. 195, intervenuta successivamente alla pubblicazione della sentenza del TAR Lecce gravata in questa sede, ha dichiarato costituzionalmente illegittima anche tale disposizione, ritenendo "nuovamente integrata la violazione dell'art. 117 co 3 Cost.; e tanto a cagione della violazione del principio di autonomia dei procedimenti di autorizzazione e di accreditamento.
Deve qui conclusivamente evidenziarsi che le divisate pronunce della Corte Costituzionale, riferite alle norme di modifica di cui agli artt. 49, comma 1, della L.R. 30 novembre 2019, n. 52 (dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza del 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36) e 9 comma 1 della L.R. 7 luglio 2020, n. 18 (dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 22 settembre-15 ottobre 2021, n. 195), non hanno interessato la formulazione della disposizione in argomento (id est art. 19 comma 3 della legge regionale del 02/05/2017, n. 9), nella versione vigente al momento dell'adozione dell'atto avversato in prime cure di guisa che la regula iuris in essa compendiata tuttora costituisce il referente normativo che regge l'odierno rapporto controverso.
Pur tuttavia, il Collegio ha ritenuto di non poter di certo ignorare che tale norma replichi il medesimo principio informatore che permeava le disposizioni summenzionate già dichiarate incostituzionali e che impinge nel non consentito automatismo, attesa la diversità dei relativi presupposti di legittimazione, tra l'autorizzazione di una struttura sanitaria e il provvedimento di accreditamento, ponendosi in tal modo in contrasto con il principio generale rinveniente dalla legislazione statale e mutuabile da una lettura sistemica degli artt. 8 bis, 8 ter e 8 quater del D.Lgs. 30/12/1992, n. 502.
11. In ragione di ciò, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 117 comma 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 3, della legge regionale della Puglia n. 9/2017 nella formulazione vigente al momento dell'accreditamento di Ars Radiologica s.r.l. (intervenuto con determina n. 103 del 29.4.2019) e, dunque, nella versione antecedente alle modifiche introdotte dagli artt. 49, comma 1, della L.R. 30 novembre 2019, n. 52 e 9 comma 1 della L.R. 7 luglio 2020, n. 18, dichiarate costituzionalmente illegittime rispettivamente con sentenza del 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36 e con sentenza 22 settembre - 15 ottobre 2021, n. 195, a mente della quale "L'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio non produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale, che si fonda sul criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale, salvo che non si tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di cui al!'art. 5, comma 2, inerenti strutture già accreditate".
Si è già evidenziato come la determinazione n. 103/2019 costituisca diretto e vincolato precipitato applicativo delle previsioni derogatorie rinvenienti dall'art. 19 comma 3 della legge regionale n. 9 del 2017 che, anche nella versione sopra richiamata, pone, in presenza di strutture già accreditate per altre attività, l'obbligo dell'Amministrazione di prendere atto ai fini del rilascio di un ulteriore provvedimento di accreditamento - e senza la mediazione costitutiva di una propria autonoma e specifica valutazione quanto alla funzionalità rispetto alla programmazione regionale - della già intervenuta autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio di attività costituenti modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, evenienza questa già sopra acclarata.
In siffatte evenienze viene, dunque, introdotta una deroga al principio generale in forza del quale l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio delle strutture sanitarie e sociosanitarie non produce effetti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale, che si fonda sul criterio di funzionalità rispetto alla programmazione regionale.
E', infatti, finanche esplicitata nell'economia della suindicata fattispecie normativa (L'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio non produce fletti vincolanti ai fini della procedura di accreditamento istituzionale .... salvo che non si tratti di modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, inerenti strutture già accreditate) la circostanza che, in presenza delle condizioni derogatorie ivi espressamente previste (modifiche, ampliamento e trasformazione di cui all'art. 5, comma 2, inerenti strutture già accreditate), l'accreditamento risulti legato, sotto il profilo genetico, da un rapporto vincolato e automatico con il distinto e presupposto provvedimento autorizzatorio, senza che, nei suddetti casi, sull'an del rilascio possano in alcun modo interferire valutazioni discrezionali dell'Amministrazione nell'ambito (come avviene di norma) di un apposito procedimento amministrativo, da ritenersi viceversa indispensabile siccome forma indefettibile della funzione amministrativa.
In altri termini, in presenza delle menzionate fattispecie derogatorie, il provvedimento di rilascio dell'accreditamento si pone come misura rigorosamente attuativa di norme vincolanti che rendono la statuizione amministrativa atto dovuto ed a contenuto vincolato.
E d'altro canto, attraverso una piana lettura delle argomentazioni compendiate nello stesso preambolo della determinazione n. 103/2019, si coglie, con immediatezza, il senso dell'ineluttabilità che regge la spedizione della misura concessorio/abilitativa in argomento.
Ne deriva, per tale via, la sicura rilevanza della questione di legittimità costituzionale in quanto la decisione del presente giudizio, rispetto all'unico profilo controverso ancora da sciogliere, non può prescindere dalla valutazione della legittimità costituzionale della norma di legge sopra richiamata. L'eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 3, L.R. n. 9/2017, quale unico fondamento di legittimazione della deroga di cui la Regione ha fatto applicazione, comporterebbe, infatti, l'illegittimità della suddetta determinazione n. 103/2019, che di essa costituisce diretta e immediata espressione esecutiva.
12. Si è già, inoltre, sopra evidenziata, al paragrafo 10.5. da intendersi qui richiamato, la impraticabilità dell'interpretazione costituzionalmente orientata sostenuta dal giudice di prime ovvero di qualsivoglia altra interpretazione adeguatrice stante il tenore letterale della disposizione in argomento. D'altro canto, e in via sussidiaria, deve rilevarsi che la giurisprudenza costituzionale è costante nel ritenere che il fatto che il giudice a quo abbia consapevolmente reputato che il tenore letterale della disposizione censurata imponga un'interpretazione e ne impedisca altre, eventualmente conformi a Costituzione, non è ragione di inammissibilità, dato che «la verifica dell'esistenza e della legittimità di interpretazioni alternative, che il rimettente abbia ritenuto di non poter fare proprie, è questione che attiene al merito del giudizio e non alla sua ammissibilità» (ex plurimis, sentenze n. 240 del 2018, n. 194, n. 69, n. 53, n. 42 del 2017, n. 95 del 2016, n. 221 del 2015).
Il giudice delle leggi ha, infatti, chiarito che se, dunque, «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perchè è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne)» (sentenza n. 356 del 1996), ciò non significa che, ove sia improbabile o difficile prospettarne un'interpretazione costituzionalmente orientata, la questione non debba essere scrutinata nel merito. Anzi, tale scrutinio, ricorrendo le predette condizioni, si rivela, come nella specie, necessario, pure solo al fine di stabilire se la soluzione conforme a Costituzione rifiutata dal giudice rimettente sia invece possibile (cfr. Corte Costituzionale, 24/02/2017, n.42).
12.1. Nè assume rilievo la circostanza che la norma in argomento, e vigente al momento dell'atto impugnato in prime cure, sia stata successivamente abrogata. La Corte costituzionale ha costantemente affermato la persistenza della rilevanza della questione anche nel caso in cui la norma sottoposta a scrutinio sia sostituita da una successiva, perchè la legittimità dell'atto deve essere esaminata, in virtù del principio tempus regit actum, con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione (sentenze 24 aprile 2013, n. 78; 11 luglio 2012, n. 177; nonchè, tra le altre, sentenze 25 novembre 2011, n. 321; 11 giugno 2010, n. 209; 28 novembre 2008, n. 391; 20 novembre 2000 n. 509). Segnatamente, in una vicenda analoga a quella qui in rilievo la Corte, nella sentenza n. 177/2021, ha precisato che "Il fatto che la norma da scrutinare sia stata sostituita da una successiva, poi dichiarata costituzionalmente illegittima, non toglie di per sè rilevanza alla questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la disposizione precedente; questa Corte ha avuto modo di precisare in altre occasioni, infatti, che, ove un determinato atto amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma poi abrogata - o, come nella specie, dichiarata costituzionalmente illegittima - la legittimità dell'atto deve essere esaminata, in virtù del principio tempus regit actum, «con riguardo alla situazione di fatto e di diritto» esistente al momento della sua adozione (sentenza n. 209 del 2010, nonchè, in precedenza, sentenza n. 509 del 2000)".
Del resto, i due istituti giuridici dell'abrogazione e della illegittimità costituzionale delle leggi non sono eguali fra loro, ma si muovono su piani diversi ed hanno, soprattutto, effetti diversi. Mentre la dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex tunc e quindi estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della Corte, restandone così esclusi soltanto i «rapporti esauriti», (cfr. l'art. 136 Cost., e l'art. 30, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87) l'abrogazione, salvo il caso (in questo caso non ricorrente) dell'abrogazione con effetti retroattivi, opera solo per l'avvenire, atteso che anche la legge abrogante è sottoposta alla regola di cui all'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale (c.d. Preleggi), secondo cui "la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo".
D'altro canto nemmeno può essere obliato che le norme che hanno modificato l'originaria versione della disposizione sopra richiamata sono state già dichiarate costituzionalmente illegittime, come sopra già evidenziato, ingenerando così un fenomeno di reviviscenza normativa.
13. In punto di non manifesta infondatezza, ritiene il Collegio che la menzionata disposizione si ponga in contrasto con l'art. 117 comma 3 della Cost, in relazione ai principi fondamentali posti dalla legge statale in materia di tutela della salute nella specie declinati agli artt. 8, comma 4, 8 bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, per le medesime ragioni già evidenziate dal Giudice delle leggi nelle menzionate decisioni del 9 febbraio - 12 marzo 2021, n. 36 e del 22 settembre - 15 ottobre 2021, n. 195, non direttamente applicabili in quanto riferite a norme diverse da quella qui in rilievo, ma replicabili nei principi ivi affermati siccome riferiti a una fattispecie parimenti governata da una vincolante sequenza di effetti giuridici ampliativi, geneticamente collegati in via ordinaria a distinti e autonomi provvedimenti, ma qui scandita, per effetto di derogatorie previsioni normative regionali, da rigidi automatismi ingeneranti una non consentita sovrapposizione tra autorizzazione e accreditamento.
Com'è noto, la competenza regionale in materia di autorizzazione ed accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e nel reticolo delle disposizioni sopra menzionate il legislatore statale pone in rapporto di autonomia i provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento di strutture sanitarie, dovendo soggiungersi che la necessità della mediazione costitutiva di un atto di accredimento s'impone anche nel caso di ampliamento di una struttura preesistente ai sensi dell'art. 8 quater comma 7 del d. lgs 502/1992 (arg. ex Corte Costituzionale n. 132 del 2013).
La res controversa oggi all'esame appare, dunque, del tutto speculare rispetto a quelle scrutinate dalle pronunce appena ricordate: viene, invero, nuovamente in rilievo una deroga incentrata su un'autorizzazione già rilasciata che vincola, secondo la legge regionale, il successivo accreditamento.
Nel proprio percorso argomentativo il Collegio è agevolato dai summenzionati arresti decisori della Corte Costituzionale in cui è agevole cogliere i fondamentali principi che governano la materia in argomento e che possono essere così sintetizzati:
- il regime delle autorizzazioni e degli accreditamenti costituisce principio fondamentale in materia di tutela della salute;
- nell'ambito della relativa cornice normativa occorre «distinguere [... ] gli aspetti che attengono all' "autorizzazione", prevista per !'esercizio di tutte le attività sanitarie, da quelli che riguardano l' "accreditamento" delle strutture autorizzate»;
- quanto all'"autorizzazione", articolata sul duplice versante della realizzazione della struttura e dell'esercizio dell'attività sanitaria, è subordinata alla verifica, da parte della Regione interessata, della realizzabilità della struttura in relazione alla localizzazione territoriale, tenuto conto del fabbisogno complessivo di assistenza che considera anche le prestazioni extra livelli essenziali di assistenza (sentenza n. 7 del 2021), e al possesso dei requisiti minimi di tipo strutturale, tecnologico e organizzativo e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie;
- l'accreditamento, con il quale alla struttura pubblica o privata già autorizzata è concesso lo status di soggetto erogatore di prestazioni sanitarie nell'ambito e per conto del servizio sanitario nazionale, richiede, invece, "requisiti ulteriori" (rispetto a quelli necessari all'autorizzazione) e l'accettazione del sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992» (sentenza n. 292 del 2012, punto 4 del Considerato in diritto);
- la differenza che intercorre tra l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, in base al sistema delineato dagli artt. 8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, per come ricostruito nel vissuto della giurisprudenza di settore, mostra che per la prima i profili rilevanti «sono quelli inerenti il fabbisogno complessivo di prestazioni sanitarie nel territorio e in particolare quelli concernenti la localizzazione delle strutture già presenti», così da garantire la corretta distribuzione sul territorio «in modo che siano adeguatamente servite tutte le zone, anche quelle a bassa redditività, che in mancanza di tale strumento non sarebbero coperte» (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 7 marzo 2019, n. 1589). Ai fini dell'accreditamento rileva invece il fabbisogno di assistenza programmato per garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e prevede il coinvolgimento, in base all'art. 8-bis, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, solo "dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonchè di soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8- quinquies", senza quindi considerare le strutture private non accreditate» (sentenza n. 7 del 2021, punto 4.4. del Considerato in diritto);
- nell'impianto fondamentale dei già ricordati articoli del d.lgs. n. 502 del 1992, «le vicende del processo di accreditamento restano tendenzialmente estranee alla determinazione del fabbisogno che rileva per la verifica di compatibilità delineata dall'indicato art. 8-ter, comma 3» (sentenza n. 7 del 2021, punto 4.4.1. del Considerato in diritto). I due procedimenti - di autorizzazione e di accreditamento - sono, in base ai richiamati principi fondamentali della legge statale, tra di loro autonomi, essendo ciascuno finalizzato alla valutazione di indici di fabbisogno diversi e non sovrapponibili.
14. Ed è proprio nel solco delle coordinate già tracciate dalla Corte che il Collegio ritiene indispensabile un nuovo scrutinio di costituzionalità esteso anche all'art. 19, comma 3, della L.R. n. 9/2017 della Regione Puglia, nella versione antecedente alle modifiche normative già dichiarate illegittime, non ricorrendo ostacoli di ordine strutturale e funzionale per estendere i medesimi principi sopra richiamati anche alla disposizione suddetta nella parte in cui, ai fini dell'accreditamento, delinea un meccanismo operativo del tutto analogo a quello già censurato dalla Corte siccome segnato da un rigido automatismo cui si riconnette il travaso in un distinto contesto procedimentale (id est accreditamento) degli effetti abilitativi rinvenienti da altro, ancorchè presupposto, procedimento (finalizzato questa volta al rilascio dell'autorizzazione). Deve ritenersi, dunque, inevitabile la soluzione di affidare al Giudice delle leggi la cognizione dei divisati meccanismi distorsivi che, sul piano operativo, infirmano la costituzionalità delle norme in esame.
Il presente giudizio va quindi sospeso con trasmissione degli atti processuali alla Corte costituzionale.