DELIBERAZIONE DEL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI,
12 NOVEMBRE 2009
(Gazzetta Ufficiale n. 289 del 12.12.09, pag. 34)
Prescrizioni concernenti la raccolta d'informazioni sullo stato di sieropositivita' dei pazienti da parte degli esercenti le professioni sanitarie. (Deliberazione n. 35)
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Filippo Patroni Griffi, segretario generale;
Visto il provvedimento adottato in data odierna nei confronti di uno studio dentistico odontoiatrico, in merito alla raccolta di informazioni relative allo stato di sieropositività dei pazienti mediante la compilazione di un questionario in fase di prima accettazione dello stesso;
Tenuto conto della particolare delicatezza delle informazioni idonee a rilevare lo stato di sieropositività dei pazienti;
Rilevata la necessità di estendere le prescrizioni formulate nel suddetto provvedimento a tutti gli esercenti le professioni sanitarie;
Visti gli atti d'Ufficio;
Vista la legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS) e il decreto del Ministro della sanità del 28 settembre 1990 (Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private);
Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Giuseppe Fortunato;
Premesso
E' stato segnalato al Garante che in uno studio dentistico e odontoiatrico all'atto della prima accettazione dei pazienti è distribuito un questionario in cui si chiede a questi di evidenziare il proprio stato di salute ed, in particolare, se si è affetti da infezione da HIV.
Da alcune ricerche preliminari effettuate dall'Ufficio, è emerso che tale questionario è utilizzato da alcuni studi dentistici odontoiatrici ed è, talvolta, presente nelle applicazioni progettate da società informatiche per tali studi.
Gli esercenti le professioni sanitarie, previa acquisizione del consenso informato del paziente, possono trattare i dati sanitari dello stesso per finalità di tutela della sua salute o incolumità fisica, fermi restando i casi di prestazioni d'urgenza per i quali si può prescindere dal consenso dell'interessato (articoli 75 e seguenti del Codice).
Prima ancora di procedere all'attività di cura dell'interessato, infatti, l'esercente la professione sanitaria deve fornire allo stesso una completa informativa sul trattamento dei dati personali che intende effettuare, nonchè acquisire il suo consenso anche oralmente. In tal caso il consenso è documentato con annotazione scritta da parte dell'esercente la professione sanitaria (articoli 13 e 81 del Codice).
Una volta acquisito il consenso informato del paziente al trattamento dei suoi dati personali, gli esercenti le professioni sanitarie hanno il compito di raccogliere tutte le informazioni sanitarie necessarie ad assicurargli una corretta assistenza medica. Sia nell'informativa da rendere all'interessato che nell'ambito dei colloqui con il medico curante, infatti, quest'ultimo deve rendere edotto il paziente in merito all'importanza di ricostruire un quadro il più possibile completo delle informazioni sanitarie che lo riguardano, al fine di potergli offrire un migliore percorso di cura. In tale contesto, si inserisce il dovere del medico di illustrare al paziente le scelte diagnostiche o terapeutiche che intende perseguire e le relative prevedibili conseguenze; ciò, al fine di consentire allo stesso di aderire o meno alle proposte diagnostico-terapeutiche avanzate dal medico (cfr. art. 33 del Codice di deontologia medica del 16 dicembre 2006).
Con riferimento alla raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività, è, dunque, compito del medico curante illustrare al paziente l'importanza di conoscere anche tale informazione in relazione al tipo di intervento o al piano terapeutico da eseguire. Qualora ritenga, infatti, che la conoscenza dello stato di sieropositività sia indispensabile in relazione al trattamento sanitario o terapeutico che intende porre in essere, è suo compito illustrare al paziente le conseguenze che la mancata conoscenza di tale informazione potrebbe determinare.
Fermo restando, pertanto, che il medico è tenuto a raccogliere un'anamnesi dettagliata del paziente ed a illustrare a quest'ultimo l'importanza di tale raccolta di dati personali, l'interessato è comunque libero di scegliere, in modo informato - e quindi consapevole - di non comunicare al medico alcune informazioni sanitarie che lo riguardano, ivi compresa la sua eventuale sieropositività, senza per ciò subire alcun pregiudizio sulla possibilità di usufruire delle prestazioni sanitarie richieste (cfr. Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario del 16 luglio 2009 [doc. web n. 1634116], par. n. 3, con particolare riferimento al diritto riconosciuto all'interessato di non comunicare ad un medico informazioni sanitarie che lo riguardano; cfr. altresì Documento di lavoro sul trattamento dei dati personali relativi alla salute contenuti nelle cartelle cliniche elettroniche (Cce) adottato il 15 febbraio 2007 dal Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali previsto dall'art. 29 della direttiva 95/46/CE, in particolare par. III, n. 1).
Il medico è, infatti, tenuto ad agire nel rispetto della libertà e della autonomia decisionale del paziente (art. 38 del richiamato codice di deontologia medica).
La raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività di ogni singolo paziente da parte degli esercenti le professioni sanitarie deve avvenire, pertanto, in conformità al quadro normativo sopra delineato ed ai principi di pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto alle finalità del trattamento riconducibili alle specifiche attività di cura dell'interessato (art. 11, comma 1, lett. a) del Codice).
La raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività di ogni paziente che si rivolge per la prima volta allo studio medico effettuata in fase di accettazione, indipendentemente dal tipo di intervento clinico o dal piano terapeutico che lo stesso deve eseguire (es. trattamento di igiene orale professionale, ablazione del tartaro, rx ortopanoramica), appare in contrasto con i suddetti principi di pertinenza e non eccedenza dei dati. In tale quadro, si ritiene necessario prescrivere agli esercenti le professioni sanitarie di non raccogliere in fase di accettazione di ogni paziente che si rivolge a questi per la prima volta - e a prescindere dal tipo di intervento o piano terapeutico da eseguire - informazioni relative alla presenza di un eventuale stato di sieropositività. Gli esercenti le professioni sanitarie, infatti, - previo consenso informato del paziente - possono raccogliere l'informazione relativa all'eventuale presenza di un infezione da HIV solo qualora tale dato anamnestico sia ritenuto dagli stessi necessario in funzione del tipo di intervento sanitario o di piano terapeutico da eseguire sull'interessato; resta fermo che quest'ultimo rimane libero di decidere in modo consapevole (e quindi informato) e responsabile di non comunicare al medico alcuni eventi sanitari che lo riguardano.
In ogni caso, il medico che viene a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di infezione da HIV, oltre a essere sottoposto a specifici doveri deontologici di segretezza e non discriminazione del paziente, è tenuto anche ad adottare ogni misura o accorgimento occorrente per la tutela dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dello stesso, nonchè le misure di sicurezza individuate dal Codice (art. 5, legge n. 135/1990, articoli 3, 10, 11, 20 del predetto codice di deontologia medica, articoli 33 e seguenti del Codice e Disciplinare tecnico allegato B) al Codice).
L'esigenza di raccogliere informazioni in merito all'eventuale infezione da HIV in fase di accettazione del paziente non può, nemmeno, ricondursi alla necessità di attivare specifiche misure di protezione per il personale sanitario, in quanto la normativa di settore prevede che, stante l'impossibilità di avere certezza sullo stato di sieropositività del paziente, le misure di protezione devono essere adottate nei confronti di ogni singolo assistito.
La legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS), infatti, ha previsto specifiche disposizioni per la protezione del contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, attuate con decreto del Ministro della sanità del 28 settembre 1990.
Più precisamente, il predetto decreto, nel considerare impossibile «identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV», ha previsto che le «precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio» debbano essere prestate «nei confronti della generalità delle persone assistite» (cfr. premesse del citato decreto). In particolare, le specifiche precauzioni previste per gli operatori odontoiatrici devono essere adottate nei confronti di «ogni singolo paziente» (cfr. art. 4 del citato decreto nonchè il paragrafo sulle «Precauzioni per gli odontoiatri» contenuti nelle Linee guida di comportamento per gli operatori sanitari per il controllo delle infezioni da HIV del 6 settembre 1989 emanate dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS).
Le disposizioni sopra citate evidenziano, infatti, che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile identificare con certezza tutti i pazienti affetti da HIV e che, pertanto, le misure di protezione dal contagio devono essere adottate, a prescindere dalla conoscenza dello stato di sieropositività del paziente, nei confronti di ogni soggetto sottoposto a cure dentistiche.
Tutto ciò premesso il Garante:
1. Ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice, prescrive agli esercenti le professioni sanitarie di non raccogliere l'informazione circa l'eventuale stato di sieropositività in fase di accettazione di ogni paziente che si rivolge a questi per la prima volta, e a prescindere dal tipo di intervento o piano terapeutico da eseguire, fermo restando che tale dato anamnestico può essere legittimamente raccolto, previo consenso informato dell'interessato, da parte del medico curante nell'ambito del processo di cura, in relazione a specifici interventi clinici ove ciò sia ritenuto necessario.
2. Ai sensi dell'art. 143, comma 2, del Codice, dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Ministero della giustizia - Ufficio pubblicazione leggi e decreti, per la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 12 novembre 2009
Il Presidente: Pizzetti
Il relatore: Fortunato
Il segretario generale: Patroni Griffi