CPR-SRP 8.3.01 - Piano oncologico nazionale - Allegato 4: attivazione di programmi operativi di controllo di qualità delle attività diagnostiche e terapeutiche

Piano oncologico nazionale - Allegato n° 4 - Attivazione di programmi operativi di controllo di qualità delle attività diagnostiche e terapeutiche

(Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, provvedimento 8 marzo 2001)

1) ESAMI RADIODIAGNOSTICI.

Premessa

Nel settore della radiodiagnostica è molto sentita la necessità di accurati controlli, sia per quanto riguarda la qualità delle immagini radiologiche, sia per le dosi di radiazioni utilizzate. Tale carenza è particolarmente avvertita per gli esami mammografici, considerata la loro larga diffusione, che vede coinvolto anche un elevato numero di donne asintomatiche.

Attualmente gli esami mammografici possono essere eseguiti con dosi superiori a quelle mediamente necessarie (con rischio di danno indotto) e produrre immagini di pessima qualità e quindi non idonee ad evidenziare tumori di piccole dimensioni (inefficacia dell'esame).

La Commissione della Comunità Europea ha promulgato direttive che sono riportate nella circolare del Ministero della Sanità n. 62 dell'agosto 1984 e nella G.U. n.265 del 5 ottobre 1984, al fine di ottenere sia il miglioramento della qualità delle immagini radiologiche sia la riduzione della dose.

Il controllo e l'assicurazione di qualità in radiodiagnostica si possono ottenere se è applicato un protocollo esecutivo estremamente dettagliato, come quello proposto nel 1992 dalla Commissione delle Comunità Europee (pubblicazione DGV 775/92) e che prevede il coinvolgimento interdisciplinare di varie figure professionali: radiologi, fisici, esperti qualificati, tecnici sanitari di radiologia medica.

Situazione attuale

L'Italia dispone di una cospicua normativa di riferimento. Il Decreto Legislativo n°230/95 (GU 136 del 13 giugno 1995) ed i successivi decreti applicativi, hanno ben recepito molte delle norme di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione, dei pazienti e dei lavoratori contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti, connesse ad esposizioni mediche (direttiva 97/43 EURATOM) ed hanno stabilito anche il tipo, le modalità e la periodicità dei controlli di qualità e la necessità che i radiologi, i fisici specialisti e gli esperti qualificati predispongano idonei protocolli e i criteri minimi di accettabilità delle apparecchiatura.

Qualificate pubblicazioni, (si cita a puro titolo di esempio" ISTISAN 95/12 Controllo di qualità in mammografia, aspetti tecnici e clinici"; "Controlli di qualità in Radiologia, basi tecnologiche e riferimenti normativi") hanno già affrontato problemi specifici, suggerendo idonei protocolli per gli esami più comuni.

Nella realtà si è ancora in fase organizzativa e il raggiungimento della fase operativa si presenta ancora lontano sia per la carenza di figure professionali qualificate, sia per il costo piuttosto impegnativo per rendere operativi programmi di garanzia di qualità.

Proposta

Il raggiungimento di una situazione soddisfacente e possibilmente ottimale su tutto il territorio nazionale, richiede:

  1. a) disponibilità, da parte di tutte le unità di radiodiagnostica, di un set minimo di apparecchiature necessarie per espletare giornalmente in sede ed in un modo autonomo i controlli di qualità di primo livello;
  2. b) potenziamento dei Servizi di Fisica Sanitaria esistenti in rapporto al reale numero di apparecchiature presenti nel territorio di afferenza;
  3. c) individuazione di Centri di Riferimento Regionali per l'assicurazione di Qualità (C.RQ.). Questi centri, dovranno essere collocati presso qualificate Unità Operative di Radiodiagnostica dove esistano competenze cliniche, indispensabili per un corretto controllo di qualità.

Per quanto riguarda i controlli di qualità di I livellava precisato che, per garantire in radiologia una buona qualità, costante nel tempo, è necessario eseguire quotidianamente su ogni unità di radiodiagnostica almeno la valutazione della qualità dell'immagine e della dose in ingresso e un controllo del sistema di trattamento (sensitometria) Queste semplici procedure di test dovranno essere eseguite in sede ed in maniera autonoma quindi le amministrazioni sanitarie o i datori di lavoro dovranno fornire le attrezzature necessarie (esposimetro e\o dosimetro, fantoccio dedicato, sensitometro, densitometro automatico e manuale) e adeguate iniziative di formazione del personale. Per quanto riguarda la funzionalità dei C.R.Q. vanno considerati e ottemperati alcuni aspetti fondamentali.

Per quanto riguarda il personale, l'istituzione del Centro presso Unità Operative assicura la presenza delle competenze cliniche (radiologo); è indispensabile assicurare la presenza di almeno un fisico sanitario e di un operatore tecnico. Il CRQ opererà in stretta collaborazione con i servizi di Fisica Sanitaria esistenti e attuerà le procedure di certificazione ai fini dell'accreditamento delle strutture sanitarie.

Oltre alle attrezzature summenzionate il Centro dovrà essere dotato di termometro, misuratore dei kV e del tempo di esposizione, fotometro, lastre di plexiglas, filtri di alluminio, dispositivo per la misurazione della macchia focale e del contatto schermo-film, personal-computer.

In conclusione e come per tutti gli altri esami è necessario garantire un programma di controllo di qualità periodico.

2) ESAMI DI MEDICINA NUCLEARE

Premessa

In medicina nucleare valgono, in linea di massima, le premesse sia concettuali sia normativa trattate nel capitolo relativo agli esami di radiodiagnostica.

Schematicamente, il controllo di qualità delle prestazioni medico-nucleari deve partire proprio da un approccio clinico, così come prescritto dal Decreto Legislativo n°230\95, per poi continuare con verifiche sulla qualità e tipo di radionuclide da somministrare, sulla strumentazione e sui protocolli da seguire.

Ogni singola prestazione diagnostica o terapeutica di medicina nucleare richiede una attenta valutazione clinica sulla base:

Per quanto riguarda la scelta della molecola di supporto e del radionuclide, questa deve essere orientata ad ottenere il miglior risultato clinico con la minor dose per il paziente. La scelta della molecola di supporto è legata al tipo di informazioni diagnostiche che si vogliono avere, tenendo in conto la necessità della rispondenza della qualità del radiofarmaco agli standard della Farmacopea Ufficiale, quali la purezza radionuclinica, la resa di marcatura, la stabilità del prodotto, ecc.

Un altro aspetto importante è il controllo della strumentazione previsto dal D.M. attuativo dell'art. 113 del Decreto Legislativo n° 230\95. E' pertanto necessario, così come recita la normativa vigente, che il responsabile delle apparecchiature di medicina nucleare provveda affinché esse siano sottoposte a controllo di qualità da parte del fisico specialista o dell'esperto qualificato e che il giudizio della qualità tecnica sia dato dal medico specialista.

Le linee guida proposte dal Gruppo di Studio A.I.M.N. propongono controlli sperimentali, mensili ed annuali, tali da rendere omogenei i test di verifica su tutto il territorio nazionale.

E' auspicabile che i parametri ottenuti possano essere riportati in un apposito programma in modo da poter effettuare una valutazione statistica della costanza di risposta dei sistemi sotto controllo.

Situazione attuale

Al momento, non è stato predisposto un sistema di verifica dello stato di attuazione della normativa predetta né tanto meno un sistema di monitoraggio della qualità della strumentazione e delle prestazioni

Proposta

Nel campo specifico oncologico appare ancora più evidente la necessità di un controllo anche delle metodologie applicate. Per tale motivo si potrebbe ipotizzare, come proposto per la radiodiagnostica, l'individuazione di Centri di Riferimento regionali, o interregionali, per la verifica globale della qualità.

Compito di queste strutture sarebbe quello di verificare nel tempo tutti i parametri strumentali e metodologici, imposti dalla normativa vigente e definiti anche tramite il contributo delle Società e Associazioni Scientifiche, con verifiche almeno annuali.

3) ESAMI DI LABORATORIO

3.1 I marcatori serici

Premessa

La comparsa del fenotipo maligno comporta un incremento della produzione e/o del rilascio da parte della cellula trasformata di una serie di sostanze, la cui determinazione a livello serico è utilizzata a fini diagnostico-prognostici.

La rilevanza clinica di detti Marcatori Tumorali Serici è essenzialmente proporzionale alla precocità con la quale sono capaci di descrivere un determinato fenomeno clinico. L'alto contenuto tecnologico, la grossa valenza economica, ed il continuo aggiornamento delle conoscenze scientifiche, particolarmente rapido nell'ultimo periodo, ha fatto si che il settore sia caratterizzato da una crescente disponibilità di indicatori biologici per uso routinario. A fronte di una crescente e duttile potenzialità diagnostica, fa riscontro una eterogeneità di utilizzo da parte dei medici e pertanto un alto tasso di utilizzo improprio. A questo stato di cose ha sicuramente contribuito la mancanza in letteratura di studi prospettici, controllati e randomizzati, che definiscano inequivocabilmente la valenza clinica dei marcatori tumorali serici.

L'utilizzo clinico di detti marcatori è guidato da alcuni fattori, quali il livello di evidenza scientifica della validità diagnostica, la specificità tissutale (d'organo, tipo cellulare o istologico) e l'obiettivo clinico da perseguire.

Situazione attuale

Tabella 1

Tipo Neoplasia Obiettivo clinico Marker Elettivo
Ca. Tiroide Diagnosi, Stadio, Prognosi,

Monitoraggio dopo terapia radicale
Monitoraggio della Terapia

Calcitonina (ca. midoli.)
Tireoglobulina (ca. diff.)
Ca. Polmone Stadio,Prognosi,
Monitoraggio dopo terapia radicale
Monitoraggio risposta terapia
NSE (microcitoma)
Ca. colon-retto Monitoraggio dopo terapia radicale CEA
Ca. Fegato

Stadio,
Monitoraggio risposta terapia

AFP
Ca. Ovaio Stadio,Prognosi,
Monitoraggio risposta terapia
Ca125 AFP, HCG
Ca. Utero Stadio,Prognosi,
Monitoraggio Risposta terapia
HCG (mola vescicolare)
Tumori Germinali Testicolo Diagnosi,Stadio,
Prognosi
Monitoraggio risposta terapia
AFP, HCG
Ca. prostata Diagnosi, Stadio
Prognosi
Monitoraggio risposta terapia
PSA totale
rapporto PSA totale/PSA libero
Ca. mammella Monitoraggio risposta terapia Ca 15.3

Importante sottolineare come la determinazione di molti di questi markers sia inclusa nel tariffario nazionale.

Proposta

Analogamente a quanto avviene per la maggior parte degli esami di laboratorio ad uso clinico, anche per i markers tumorali circolanti esiste la necessità di una valutazione e validazione della accuratezza dei metodi di analisi adottati per la valutazione dei singoli marcatori e della appropriatezza clinica di utilizzo.

La soluzione di detti problemi rimanda ad iniziative di diverso tipo e a diversi livelli. (Tab. 2) riassumibili nella necessità di attivare 1) una continua revisione della letteratura scientifica sugli argomenti in questione, 2) programmi di Controllo di Qualità Analitici e Pre-analitici relativi ai singoli marcatori e 3) un programma di aggiornamento continuo degli operatori.

Tabella 2

Problema Soluzione Livello di approccio Ref
Appropriatezza utilizzo Revisione letteratura Nazionale Comitato Esperti
Criteri interpretazione Univocità - Revisione - Educazione Nazionale Comitato Esperti
Valutazione Errore Analitico Controllo qualità Regionale Centro Riferimento
Valutazione Errore Preanalitico Certificazione Laboratorio Nazionale Centro Riferimento Nazionale

Delle iniziative indicate, attualmente risulta attivato solo un programma di controllo di qualità della fase analitica (analisi variabilità intra ed interlaboratorio) relativa solo ad una serie di marcatori tumorali circolanti.

3.2 MARCATORI TISSUTALI

3.2.1 Test genetici per la diagnosi di predisposizione ereditaria.

Premessa

Sulla base delle attuali evidenze scientifiche, i tumori possono essere definiti malattie multifattoriali in cui lo sviluppo di cellule neoplastiche è dovuto all'accumularsi di mutazioni multiple in geni cruciali per il controllo della proliferazione, differenziazione e apoptosi cellulare, per la riparazione del DNA.

Una storia oncologica, in familiari di primo o di secondo grado, è riscontrata in oltre il 20% dei pazienti affetti da neoplasie. Secondo i dati attualmente disponibili, l'1,5% di tutti i casi di tumore è associato a sindromi specifiche di natura ereditaria. L'identificazione dei portatori di forme di suscettibilità ereditaria allo sviluppo delle neoplasie rappresenta, quindi, una parte integrante dell'opera di prevenzione in campo oncologico in quanto, in casi selezionati, il riconoscimento del rischio ereditario di sviluppare tumori specifici si può accompagnare all'attuazione di interventi mirati, in grado di ridurre la morbilità e/o la mortalità per tali neoplasie.

Tenuto conto delle molteplici determinazioni genetiche, già condotte nei laboratori di numerose istituzioni, della rapida evoluzione delle conoscenze di genetica molecolare in questo settore, si rende indispensabile l'attivazione di programmi nazionali per il controllo di qualità dei test genetici e delle procedure di raccolta e restituzione di informazioni genetiche a famiglie e soggetti a rischio.

Situazione attuale

Al momento attuale, i test genetici ritenuti in grado di fornire informazioni clinicamente utilti e sulla base della quale sono prese decisioni mediche di provata efficacia, riguardano diverse sindromi ereditarie.

Un primo gruppo di sindromi comprende:

L'esecuzione di test genetici per l'identificazione di portatori asintomatici all'interno delle famiglie in cui si è manifestata in precedenza una delle condizioni di cui sopra, è, pertanto, da considerarsi parte integrante di una corretta prassi di assistenza clinica e di conseguenza si raccomanda di valutare l'opportunità che questi test siano riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale come analisi di tipo diagnostico.

Un secondo gruppo comprende sindromi ereditarie predisponenti ai cancro di cui sono stati identificati alcuni dei geni responsabili quali:

I relativi test genetici devono essere utilizzati, attualmente, solo nell'ambito di programmi di ricerca genetica e clinica, in quanto i protocolli di follow-up oggi proposti a livello nazionale ed internazionale sono ancora in via di definizione (es. HNPCC) o non è ancora stata dimostrata una provata efficacia (es. sindrome di Li-Fraumeni).

In particolare, relativamente a questo secondo gruppo di sindromi ereditarie predisponenti al cancro, va segnalato il carcinoma familiare della mammella e dell'ovaio per il notevole impatto sociale, psicologico ed assistenziale insito in tale forma tumorale. La presenza di una documentata alterazione dei geni BRCA1 o BRCA2 in una paziente consente l'individuazione dei soggetti a rischio nell'ambito della famiglia.

Allo stato attuale, è ancora in corso di valutazione l'efficacia dei protocolli di follow-up adottati da vari Centri.

Proposta

La moltiplicazione incontrollata dei laboratori che forniscono informazioni sui test genetici impone l'attivazione di controlli di qualità per la certificazione della qualità delle determinazioni genetiche condotte, quale premessa indispensabile per l'istituzione di una rete di laboratori accreditati in cui questi test sono condotti e nella prospettiva di un loro utilizzo clinico. Va inoltre sottolineato che l'attivazione di tale rete rappresenta solo il primo segmento di tutta la complessa problematica relativa alla predisposizione ereditaria allo sviluppo dei tumori e che un corretto utilizzo di queste informazioni genetiche potrà essere garantito solo dalla istituzione di Centri di riferimento multi e interdisciplinari per la consulenza genetico-oncologica.

Tali Centri si possono configurare come unità funzionali composte da genetisti, biologi molecolari, patologi, oncologi clinici e psicologi, che, mediante un lavoro di équipe, siano in grado di assicurare una adeguata integrazione nella pratica clinica delle nuove conoscenze scientifiche via via disponibili. E' opportuno, pertanto, che tali Centri si realizzino in istituzioni oncologiche (IRCCS, Dipartimenti Oncologici Universitari ed Ospedalieri) attive, per quanto attiene la ricerca, nel campo della genetica medica oncologica.

La determinazione dei rischio genetico di cancro deve sempre avvenire nell'ambito di una consulenza genetica i cui elementi principali sono: la ricostruzione della storia familiare, la valutazione di quest'ultima alla luce delle conoscenze attuali, una corretta trasmissione al paziente e/o ai suoi familiari delle informazioni relative alle varie opzioni disponibili (diagnostiche, terapeutiche e profilattiche).

L'offerta a pazienti e a loro familiari asintomatici di test genetici, volti ad individuare una predisposizione ereditaria allo sviluppo di neoplasie, deve avvenire esclusivamente nell'ambito di tre situazioni: a) consulenza genetica per sindromi ereditarie note predisponenti al cancro; b) programmi di ricerca genetica e clinica approvati da istituzioni nazionali e/o internazionali; c) eventuali programmi di screening, che in futuro dovessero rivelarsi efficaci e vantaggiosi sul piano del rapporto costi/benefici.

Inoltre, la raccolta di un consenso informato all'esecuzione di analisi genetiche da parte dei pazienti e dei loro familiari, rappresenta un elemento centrale del processo interattivo della consulenza genetica e richiede da un lato la piena consapevolezza da parte di chi si sottopone all'analisi delle potenzialità e dei limiti della stessa, e dall'altro una garanzia di totale riservatezza circa i risultati del test.

Da quanto esposto si evince la necessità di proporre l'attivazione di fasi successive per la verifica dell'utilità dei test e il riconoscimento dei laboratori coinvolti in tutta la complessa problematica della predisposizione genetica:

E' inoltre opportuno che tali informazioni genetiche, per la complessità delle problematiche cliniche ed etico-sociali da esse suscitate, siano gestite da Centri di riferimento multi- ed interdisciplinari per la consulenza genetica oncologica opportunamente individuati.

L'offerta di test genetici deve essere proposta solo da Laboratori altamente qualificati, in stretta connessione con i servizi di genetica afferenti o collaboranti con i Poli oncologici, dotati delle figure professionali necessarie a garantire elevati standard di qualità e attivamente impegnati in una ricerca migliorativa delle prestazioni stesse, come certificato dalla loro produzione scientifica e/o dalla loro partecipazione a progetti pilota in ambito nazionale e internazionale. E' auspicabile che tali laboratori ed i servizi di genetica operino in modo sinergico e siano tra loro collegati in rete.

3.2.2 Test Virali

Premessa

Indagini epidemiologiche e osservazioni clinico-sperimentali indicano che circa il 15% di tutte le neoplasie umane è causato direttamente o indirettamente da infezioni virali. I meccanismi attraverso i quali alcuni virus producono la trasformazione cellulare sono stati in gran parte chiariti e, in alcuni casi, sono state definite le interazioni con altri fattori cancerogeni ambientali. La caratterizzazione delle varianti virali coinvolte e dei livelli di espressione del genoma virale potrebbe consentire un miglior inquadramento prognostico e l'adozione di più appropriati schemi terapeutici. Infine, la concreta possibilità di attuare strategie di prevenzione e di terapia basate su interventi di immunoterapia attiva specifica (vaccini profilattici e terapeutici) rende estremamente importante l'accuratezza diagnostica delle infezioni virali e l'individuazione delle neoplasie associate.

Situazione attuale

Per la patologia epatica, conseguente ad infezioni con virus B e C, le relative tecniche di analisi e l'interpretazione diagnostica sono ormai standardizzate ai fini della valutazione clinica e terapeutica. Lesioni preneoplastiche e neoplastiche sono associate a diversi tipi di infezioni virali.

Papilloma virus (HPV): è responsabile delle lesioni proliferative del tratto genitourinario, delle prime vie aeree e digestive e della cute. Sono stati identificati finora più di 80 diversi tipi di HPV.
La ricerca di sequenze HPV può essere effettuata con metodi diversi, caratterizzati da una diversa sensibilità e applicabilità: metodi di ibridizzazione diretta (dot blot, Southern blot, ibridizzazione in situ (ISH, "Hybrid Capture" (HC) e metodi di amplificazione (PCR).

Virus di Epstein-Barr (EBV): è un virus DNA ed appartiene alla famiglia dei virus herpetici gamma. La sua infezione è correlata con lo sviluppo della mononucleosi infettiva, dei linfomi di Burkitt e simil-Burkitt, del linfoma immunoblastico in individui immunocompromessi, del carcinoma rinofaringeo. Meno frequentemente l'EBV è coinvolto nel linfoma di Hodgkin, in alcuni linfomi a cellule T, nel carcinoma gastrico e nella sindrome di Duncan (sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X).
Le tecniche diagnostiche dell'infezione da EBV sono basate essenzialmente sulla dimostrazione sierologica di anticorpi virus-specifici svelati attraverso immunofluorescenza, ELISA, fissazione del complemento, immunoblotting
etc. Per quanto concerne la dimostrazione dell'EBV nei tessuti, sono utilizzate le tecniche molecolari di Southern e la PCR; molto usate sono anche l'ibridizzazione in situ per evidenziare gli EBER.

Virus herpetico umano tipo 8 (HHV-8/KSHV): appartiene alla famiglia dei virus herpetici gamma ed è associato al sarcoma di Kaposi. E' presente nelle varianti di KS classico, endemico, iatrogeno, epidemico (AIDS-associato); inoltre è stato rinvenuto in alcuni rari linfomi caratterizzati da versamenti sierosi (body cavity, based lymphoma o BCBL, primary effusion lymphoma o PEL). Da indagini preliminari sieroepidemiologiche risulta una prevalenza di infezione nella popolazione adulta sana italiana del 10-25%, con elevata prevalenza nel sud e in Sardegna.
La diagnosi di infezione si basa sulla ricerca di anticorpi verso antigeni virali (proteine del ciclo litico, proteine di latenza) eseguite con metodi ELISA e di immunofluorescenza.

Virus umano T-Linfotropico (HTLV-1): è un retrovirus complesso e la sua infezione è legata allo sviluppo della leucemia/linfoma a cellule T dell'adulto (ATLL). Questa neoplasia è osservata endemicamente in alcune aree geografiche. L'HTLV-1 è inoltre correlato eziologicamente con una neuropatia cronica degenerativa nota come paraparesi spastica tropicale (TSP) e con alcune patologie su sfondo immunitario (artropatia, uveite, miosite etc.). E' stato isolato anche un HTLV-2, diffuso in Italia soprattutto nella popolazione HIV-1 positiva tossicodipendente, la cui infezione non è ancora stata correlata con condizioni patologiche definite.
La diagnostica di queste infezioni si basa sulla dimostrazione di anticorpi (test ELISA, immunoblot) e sulla ricerca di sequenze nucleotidiche mediante Southern blot e PCR. La definizione della clonalità del sito di integrazione dei DNA provirale è oltremodo utile nella diagnostica differenziale dell'ATLL e nel monitoraggio della malattia minima residua. In ragione della relativa bassa prevalenza dall'infezione da HTLV, la relativa diagnostica nei laboratori non è tuttavia molto sviluppata; inoltre, la differenziazione tra HTLV-1 e HTLV-2 è frequentemente trascurata.

Proposta

Molti dei test virali, soprattutto quelli molecolari, basati essenzialmente su PCR, e utilizzati per l'evidenziazione di sequenze nucleotidiche virali non sono attualmente standardizzati e necessitano di opportuni controlli.

3.2.3 TEST BIOLOGICI

Premessa

Negli ultimissimi decenni, la crescente acquisizione di informazioni sulla biologia del tumore e l'affinamento delle metodologie di laboratorio hanno portato ad una vera e propria rivoluzione culturale e alla introduzione, nella attività routinaria, di esami sempre più sofisticati. In particolare, nel settore degli esami di laboratorio, si è assistito ad una evoluzione dagli esami morfologici e biochimici a quelli cellulari e, più recentemente, molecolari.

La grande svolta culturale si è concretizzata nell'integrazione della tradizionale stadiazione patologica con una stadiazione biofunzionale. Tale integrazione ha comportato la transizione da un approccio deterministico, basato sul modello tradizionale della diffusione progressiva e ordinata della malattia oncologica da locale, a regionale, a sistemica, ad un approccio nel quale sono considerati anche fattori biologici, legati in parte all'entità della trasformazione cellulare e in parte alle caratteristiche immunologiche dell'ospite. La caratterizzazione biologica del tumore primitivo, infatti, si è dimostrata in grado di fornire sia informazioni prognostiche ad un buon livello di accuratezza, sia informazioni utili per pianificare il tipo di trattamento, loco-regionale e/o sistemico.

Questa innovatività concettuale è già stata trasferita nella pratica clinica in alcune istituzioni e lascia intravedere importanti ripercussioni in termini di efficacia terapeutica e di costo-beneficio sia economico che di tossicità per il paziente.

Situazione attuale

L'interesse suscitato dai risultati ottenuti da studi biologico-clinici condotti in istituzioni di eccellenza ha portato ad un'ampia diffusione delle varie determinazioni biologiche sul tumore, alcune delle quali incluse nel tariffario nazionale delle prestazioni rimborsate dal SSN, in laboratori di anatomia patologica o di ricerca.

Queste determinazioni sono attualmente utilizzate non solo per analisi retrospettive, a scopo di ricerca per definire e convalidare le potenzialità dei marcatori biologici, quali indicatori prognostici o predittori di risposta ai diversi trattamenti, ma anche prospetticamente per la pianificazione del trattamento clinico.

Questa auspicata svolta nell'atteggiamento della gestione clinica del paziente non è stata preceduta o accompagnata da un adeguato controllo di qualità intra ed interlaboratorio delle diverse determinazioni morfologiche, biochimiche, cellulari o molecolari.

L'esigenza e l'attivazione di controlli di qualità è stata per la prima volta avvertita per i recettori per ormoni steroidei in occasione dei loro utilizzo per la definizione prognostica e per la programmazione di ormonoterapie nelle pazienti con carcinoma mammario e per i diversi marcatori serici.

Successivamente ulteriori iniziative scientifiche hanno promosso l'attivazione di un controllo di qualità sulle caratteristiche proliferativi del tumore, utilizzando diversi approcci, quale indicatore prognostico e predittore di risposta alla chemioterapia.

Successivamente, sempre in ambito scientifico è stato esteso il controllo di qualità ad altri aspetti e variabili cellulari coinvolti nella trasformazione e progressione tumorale e perciò determinanti per la diagnosi e prognosi della malattia tumorale.

Questi controlli, scaturiti da iniziative di piccoli gruppi ed estesi a poche istituzioni, hanno evidenziato un'allarmante eterogeneità dei risultati tra i diversi laboratori, che si traduce in una errata gestione terapeutica dei pazienti. Inoltre, il progressivo accumularsi delle conoscenze sulla biologia cellulare e molecolare dei tumori ha portato alla identificazione di numerosi eventi correlati alla predisposizione, trasformazione e progressione tumorale, anch'essi tutti determinati e utilizzati al di fuori di controlli di qualità.

Proposta

Si raccomanda fortemente l'assunzione di iniziative atte ad istituzionalizzare controlli di qualità, per le determinazioni morfologiche e biologiche del tumore, per le quali la rilevanza a fini diagnostici, prognostici e nella pianificazione dei trattamento è ormai convalidata, come requisito essenziale per l'accreditamento dei laboratori di oncologia.

SUPPORTO BIOSTATISTICO AGLI ESAMI DI LABORATORIO.

L'ottimizzazione delle risorse impiegate nei laboratori oncologici deve essere basata su un'adeguata valutazione statistica della qualità delle informazioni provenienti dalle misure in studio. In particolare devono essere evidenziate le proprietà quantitative delle misure in atto in relazione al tipo di utilizzo clinico previsto.

La ricerca di base permette di caratterizzare biologicamente il marcatore e quindi l'informazione derivante dallo stesso. Le fasi di ricerca successive prevedono la messa a punto del saggio, la validazione del saggio, il controllo di qualità entro e tra laboratori.

Il controllo di qualità tra laboratori Dopo la messa a punto e validazione del saggio, la ricerca è focalizzata sull'impatto clinico della misura del biomarcatore stesso. In particolare l'interesse riguarda la possibilità di definire specifici protocolli terapeutici e più generalmente di identificare pazienti a diversa probabilità di ricaduta e/o morte nel periodo di follow-up successivo all'intervento terapeutico primario.

La competenza biostatistica offre la possibilità di strutturare la ricerca susseguente a quella di base in modo quantitativo. La ricerca può articolarsi nelle attività schematizzate nei seguenti punti, con l'indicazione delle corrispondenti metodologie biostatistiche di riferimento:

  1. Messa a punto del saggio: disegno dell'esperimento, analisi della varianza ed analisi delle scale di misura;
  2. Validazione del saggio: analisi della regressione lineare e non-lineare per problemi di calibrazione e di confronto tra metodi.
  3. Controllo di qualità entro laboratorio: metodi di campionamento, analisi della varianza ed analisi della concordanza tra misure.
  4. Controllo di qualità tra laboratori: analisi della varianza, analisi della regressione ed analisi della concordanza tra misure.

Se i punti 3 e 4 di controllo di qualità vero e proprio presuppongono l'esecuzione del saggio nell'ambito della routine, l'esecuzione dei punti 1 e 2 deve comunque precedere la ricerca clinica sulle proprietà dei saggio stesso. Lo studio dell'impatto diagnostico o prognostico di un saggio comporta la valutazione della dipendenza delle variabili, che esprimono lo stato patologico del paziente od il tempo di sopravvivenza libero da malattia, dai valori misurati nel saggio stesso considerando congiuntamente le altre variabili note come fattori di diagnosi o prognosi. La ricerca a questo livello è organizzata secondo quanto previsto dai punti successivi.

5) Disegno e realizzazione dello studio clinico. metodi di campionamento e disegno sperimentale.

6) Analisi dei dati dello studio: tecniche di costruzione di modelli di regressione flessibile per la discriminazione diagnostica o per l'analisi dei tempi di sopravvivenza in presenza di variabili continue e/o discrete.

7) validazione dei modelli. Questa operazione è fondamentale per l'utilizzo clinico del modello statistico. Permette la verifica della capacità discriminatoria e predittiva in generale del modello statistico realizzato nella fase precedente, possibilmente sulla base di dati provenienti da studi indipendenti.

1) Sintesi dei risultati e definizione di criteri per la decisione clinica. Presentazione del risultato di un modello statistico possibilmente complesso in termini di informazioni più facilmente interpretabili dal punto di vista clinico-biologico. Il lavoro congiunto di medici, biologi e biostatistici permette la derivazione delle regole decisionali cliniche

Tale attività deve prevedere:

Il supporto biostatistico integrato è uno degli aspetti fondamentali prelusivi alla fase di accreditamento dei saggi nell'ottica della garanzia di qualità del servizio erogato e dell'ottimizzazione dei rapporto costi/benefici.

CONCLUSIONI

Da quanto espresso emerge l'opportunità di attivare controlli di qualità per gli esami strumentali e di laboratorio, eseguiti per la gestione del paziente oncologico, dal momento diagnostico a quello terapeutico.

L'obiettivo è quello di controllare la riproducibilità degli esami, ossia della loro qualità, quale requisito per l'accreditamento dei laboratori deputati all'esecuzione di questi.

Al contempo appare utile sottolineare l'importanza della attivazione di studi mono o multicentrici pilota e confirmatori per la validazione del valore biologico e clinico dei risultati ottenibili dai diversi esami.

L'ottemperanza di questi due punti, potrebbe determinare una migliore allocazione delle risorse del SSN, derivante dalla conoscenza dell'effettivo valore clinico di alcuni test diagnostici utilizzati in oncologia, e dalla migliore gestione del paziente oncologico.

Alla luce di quanto considerato si potrebbe inoltre provvedere ad una revisione ed aggiornamento del tariffario nazionale delle prestazioni a carico del SSN, escludendo test diagnostici obsoleti o ancora oggetto di studio e ricerca per la definizione della loro utilità clinica e ricomprendere test ed esami di rilevanza validata e correntemente utilizzati a scopo diagnostico terapeutico.