C) PREVENZIONE SECONDARIA DEI TUMORI DEI COLON RETTO
Premessa
Il carcinoma colon-rettale (CCR) è la seconda neoplasia per frequenza sia nei maschi sia nelle femmine. Nei Paesi della Comunità Europea si contano infatti circa 130.000 nuovi casi di CCR e 90.000 morti ogni anno sono attribuibili a tale patologia.
In Italia (1994), i nuovi casi diagnosticati ed i pazienti deceduti per anno per questa neoplasia erano rispettivamente circa 36.000 e 19.000. Le proiezioni per l'anno 2000 hanno ipotizzato un aumento sia dei casi incidenti, stimati intorno a 49.000 nuovi casi, sia della prevalenza, con un numero di pazienti con diagnosi di C.C.R. che salirebbe a 250.000.
Benché i risultati della terapia chirurgica siano buoni quando la lesione è ancora confinata nella parete intestinale (stadio A di Dukes), la maggioranza dei pazienti sintomatici (80-85% dei totale) presenta tumori in stadio più avanzato, con conseguente diminuzione della sopravvivenza. La sopravvivenza a 5 anni di pazienti con tumore del colon-retto, globalmente considerati, non supera il 40%. L'89% dei pazienti con malattia localizzata alla parete intestinale è vivo a 5 anni, ma la sopravvivenza scende al 58% in presenza di metastasi regionali e al 6% in caso di malattia disseminata. Si può stimare che un paziente con CCR perda in media da 6 a 7 anni di vita rispetto a quanto atteso. Inoltre, la terapia del CCR può determinare l'insorgenza di patologie invalidanti e una diminuzione della qualità di vita per ablazioni d'organo, colostomie, chemioterapia e radioterapia, cui possono associarsi sintomi marcati.
L'insieme di questi dati sottolinea la necessità di realizzare modelli di prevenzione primaria e secondaria e di diagnostica precoce, al fine di ridurre l'incidenza e la mortalità per questo tipo di neoplasia.
Per quanto riguarda le prospettive di interventi di prevenzione primaria, l'evidenza disponibile, supportata dall'analisi descrittiva dell'andamento dell'incidenza del CCR nel corso degli ultimi decenni nelle diverse regioni italiane, suggerisce un ruolo eziologico della dieta nell'insorgenza di questo tumore. La tendenza alla riduzione del rischio nelle coorti di età più giovani (<45 anni), evidenziata dall'analisi dei dati di incidenza italiani, è attribuita ai mutamenti delle abitudini alimentari verificatisi nel corso degli ultimi decenni.
La pianificazione di campagne miranti a modificare le abitudini alimentari della popolazione appare però complessa, per le insufficienti informazioni sul ruolo dei singoli fattori eziologici coinvolti. Risulta inoltre difficile trasferire nella pratica le informazioni già acquisite, per l'insufficiente evidenza relativa alle metodologie più efficaci e accettabili per la conduzione di questo tipo di interventi.
E' invece più concreta la possibilità di realizzare programmi di screening e diagnostica precoce capaci di incidere significativamente sulla sopravvivenza e sulla mortalità per CCR.
Caratterizzazione del rischio
La conoscenza e la diffusione dell'informazione su tali aspetti rappresenta un elemento di primaria importanza per definire la strategia di screening e diagnostica precoce nei soggetti a rischio generico e di sorveglianza nei soggetti a rischio elevato. .
Priorità operative
Alla luce delle sopracitate realtà epidemiologiche, in considerazione dei più recenti dati disponibili attraverso la letteratura scientifica e della realtà socioeconomica e sanitaria del nostro Paese, sono state identificate le seguenti priorità operative:
Screening nella popolazione generale
A) Test di screening
Metodi efficaci per lo screening del cancro colo-rettale includono la ricerca del sangue occulto nelle feci e la rettosigmoidoscopia. Non vi è un'evidenza sufficiente per determinare quale di questi due metodi sia più efficace, o se la combinazione della ricerca del sangue occulto con la sigmoidoscopia produca maggiori benefici, che l'uno dei due test da solo.
Vi è una buona evidenza scientifica per suggerire la ricerca del sangue occulto nelle feci con frequenza biennale. Studi controllati e randomizzati hanno evidenziato una riduzione significativa di mortalità per CCR nei soggetti sottoposti a screening biennale con test al guaiaco. Tale riduzione è più elevata (21%) utilizzando il test reidratato (che però induce un maggior numero di colonscopie), mentre si colloca intorno al 15-18% nei gruppi sottoposti a screening con test non reidratato.
Una riduzione del 33% della mortalità per CCR è stata osservata in uno di questi studi nel gruppo sottoposto a screening annuale con test al guaiaco reidratato.
L'evidenza, derivante da studi caso-controllo, condotti nell'ambito di programmi che utilizzano i più recenti test immunologici, e da studi che hanno confrontato direttamente la performance di questi test con quella del test al guaiaco, è suggestiva per una maggiore accuratezza dei test immunologici. Questi ultimi risulterebbero più sensibili e specifici rispetto al test al guaiaco e garantirebbero un effetto protettivo più prolungato. Questi test non richiedono inoltre alcuna restrizione dietetica.
L'evidenza disponibile derivata da studi osservazionali, è suggestiva per un'efficacia della sigmoidoscopia come metodica di screening. Non è al momento disponibile una stima precisa della riduzione di mortalità e d'incidenza ottenibile con un intervento di screening basato sulla sigmoidoscopia. Inoltre non esista una evidenza scientifica adeguata per suggerire con quale frequenza dovrebbe essere praticato lo screening sigmoidoscopico.
E' attualmente in corso il follow-up dei soggetti reclutati nel trial multicentrico controllato e randomizzato di valutazione di efficacia della sigmoidoscopia "una tantum" (studio italo-inglese SCORE). Sulla base dei risultati di questo studio sarà possibile derivare una stima quantitativa più precisa dell'efficacia dello screening sigmoidoscopico.
B) Programma di screening
Pur essendoci evidenza di efficacia dello screening nel ridurre la mortalità per carcinoma colorettale, allo stato attuale non esistono i presupposti per proporre un unico modello di intervento da estendere all'intero territorio nazionale.
Le conoscenze sul potenziale impatto derivante da diversi protocolli e test di screening adottabili, in termini di costi e benefici, sono, infatti, insufficienti.
Queste conoscenze sono indispensabili per definire con accuratezza un programma di screening del CCR per la popolazione italiana, stimarne le implicazioni organizzative e finanziarie e creare le premesse per la sua realizzazione. La valutazione di tali aspetti rappresenta quindi un obiettivo da perseguire in modo coordinato a livello nazionale.
C) Valutazione dell'impatto di diversi protocolli e test di screening
In base alle precedenti considerazioni e alle evidenze disponibili, si raccomanda di promuovere attività integrate di valutazione rispetto ai seguenti settori:
Sorveglianza nei soggetti a rischio elevato
In sede di Commissione oncologica nazionale, o in suo apposito Gruppo di lavoro, saranno valutate nuove metodiche di screening con riferimento sia ad altre patologie neoplastiche sia a quelle già oggetto di screening.
Tale valutazione sarà finalizzata a indicare la sperimentazione necessaria, anche sotto il profilo di una valutazione di costi-benefici, per l'eventuale diffusione di altri screening a livello di popolazione.
A questo proposito, si raccomanda che eventuali screening genetici per l'individuazione di soggetti ad aumentato rischio di sviluppare le neoplasie siano attentamente valutati ed applicati solo dopo che ne sarà stata dimostrata l'efficacia.