B) PROPOSTE. OPERATIVE IN TEMA DI PREVENZIONE SECONDARIA DEL CERVICO-CARCINOMA UTERINO
1. Premessa
La mortalità per tumore dell'utero è diminuita di oltre il 50% negli ultimi 40 anni, passando da 14 casi ogni 100.000 donne nel 1955 a 6 casi ogni 100.000 donne nel 1990.
I dati ISTAT non differenziano tra morti attribuibili a carcinoma della cervice uterina e morti attribuibili a carcinoma del corpo dell'utero. Tuttavia, analisi di popolazione effettuate tenendo conto delle coorti di nascita, consentono una discriminazione almeno approssimativa, in quanto il tumore della cervice uterina ha un'insorgenza più precoce rispetto al tumore dell'endometrio.
La riduzione di mortalità è stata osservata soprattutto nelle coorti più giovani, suggerendo indirettamente che gran parte di essa sia da attribuire alla diminuita mortalità per tumore della cervice uterina.
Attualmente si stima che ogni anno in Italia siano diagnosticati circa 3.600 nuovi casi di cervico-carcinoma e che si registrino almeno 1.700 morti per questo tumore.
Al momento, non esistono indicazioni per interventi di prevenzione primaria per i tumori della cervice uterina, mentre sono molto chiare le indicazioni a favore di interventi di prevenzione secondaria.
Il razionate per l'introduzione dello screening di popolazione per il cervico-carcinoma si basa sulla possibilità di individuare la malattia in fase asintomatica, quando le probabilità che questa sia in fase preinvasiva o invasiva iniziale sono più elevate.
L'unico test di screening per i tumori della cervice uterina è il Pap test. L'impiego del Pap test consente l'identificazione non solo di lesioni tumorali molto precoci, ma anche di lesioni preneoplastiche. Lo screening avrebbe pertanto il compito di ridurre sia la mortalità per carcinoma, favorendone la diagnosi in una fase in cui il trattamento può essere efficace, sia l'incidenza della neoplasia invasiva attraverso il trattamento delle forme preneoplastiche.
Le evidenze dell'efficacia dello screening, mediante Pap test, derivano dall'osservazione di variazioni temporali della mortalità per tumore della cervice uterina in aree geografiche in cui siano stati attuati interventi attivi su fasce di popolazione più o meno ampie e da studi non randomizzati che hanno rilevato un'importante riduzione di incidenza di tumori invasivi nelle donne sottoposte a Pap-test.
L'entità della riduzione della mortalità per carcinoma della cervice uterina in una determinata area geografica è in funzione della percentuale di popolazione interessata dallo screening, della fascia d'età inserita nel programma e della partecipazione da parte della popolazione invitata.
L'analisi dei diversi intervalli di re-screening adottati e delle diverse fasce d'età inserite nei programmi di popolazione ha fornito indicazioni che sono state utilizzate per calcolare l'efficacia teorica di diverse politiche di screening.
2. Lo screening cervico-vaginale in Italia. Attuazione del programma
In Italia l'attività organizzata di screening citologico per il cervico-carcinoma non è uniformemente distribuita sul territorio nazionale. Ugualmente variegato appare il panorama all'interno di ogni singola realtà regionale.
Da un'indagine condotta nel 1997, emerge come in quell'anno solo il 13,5% delle donne italiane, tra i 25 e i 64 anni, fosse inserita in un programma organizzato di screening citologico, con una distribuzione prevalente al centro ed al nord Italia. La situazione si sta rapidamente evolvendo grazie all'implementazione di alcuni programmi a livello regionale. quest'estensione dei programmi di screening dovrebbe portare al 44,5 la percentuale di donne italiane 25-64enni cui è offerto gratuitamente, ogni 3 anni, un Pap-test per la diagnosi precoce del cervico-carcinoma.
Al di fuori dei programmi organizzati di screening citologico, si osserva la diffusione del cosiddetto screening spontaneo.
E' stato stimato che, mediamente, in Italia sono effettuati circa 3.5 - 4.0 milioni di Pap test ogni anno. Ciò potrebbe significare che ogni anno una, ogni tre-quattro donne, di età compresa tra 25 e 64 anni esegue il test e che quindi il numero di test effettuati è quasi sufficiente a garantire la copertura nella fascia d'età passibile di screening, adottando un intervallo triennale di re-screening.
In realtà, la quota di donne che esegue il Pap-test periodicamente è ben più limitata e spesso questo gruppo fa un uso eccessivo dei test (test eseguiti annualmente o anche con maggiore frequenza). Esiste quindi una quota consistente della popolazione femminile che non ha mai eseguito il test o che lo esegue irregolarmente. Questa fascia di popolazione, che proprio per il fatto di non fare il Pap-test è più a rischio di avere una diagnosi di carcinoma della cervice uterina, deve rappresentare il primo target di un programma di screening attivo.
Di conseguenza è necessaria l'attivazione su tutto il territorio nazionale di programmi di screening del cervico-carcinoma di alta qualità, favorendo il completamento del processo attualmente in atto. A tal fine, è necessario verificare l'esistenza di personale e strutture e promuovere le condizioni di fattibilità, efficienza e qualità, secondo quanto noto. A tal proposito si riscontra la mancata identificazione di una specifica figura professionale cui attribuire le funzioni di citologo. Anche al fine di garantire una miglior qualità delle prestazioni, il Ministero della Sanità, entro sei mesi, regolamenterà l'attribuzione di quest'attività e preciserà i criteri per l'identificazione delle suddette funzioni, provvedendo all'identificazione della o delle relative figure professionali idonee a svolgere con competenza questa funzione.
Nell'attuare il programma di screening occorre adottare i criteri illustrati nelle seguenti proposte operative. Esse sono formulate sulla base delle "European Guidelines for quality assurance in cervical cancer screening - Europe against Cancer Programme".
2.1. Test
Il Pap test è l'unico test di screening per il carcinoma della cervice uterina ed è volto ad identificare le lesioni preinvasive ed il carcinoma invasivo iniziale della cervice uterina e non altre affezioni dell'apparato genitale femminile.
2.2. Programma di screening
Si raccomanda di attivare un programma che raggiunga una copertura della popolazione femminile italiana tra 25 e 64 anni, pari all'85%, eseguendo un Pap test gratuito ogni 3 anni. I test gratuiti, non utilizzati secondo queste indicazioni, sono sconsigliati. Questi non devono comunque superare il 10% del totale previsto dai programmi organizzati e devono essere adeguatamente motivati.
2.3. Situazione attuale degli screening in corso e loro integrazione in un programma organizzato nel SSN
Prima di realizzare un programma di screening organizzato, si raccomanda di procedere ad un'analisi delle strutture esistenti a livello locale. È necessario conoscere a priori la disponibilità di:
E' bene inoltre tenere presente che una "buona accoglienza" della donna invitata ad effettuare il test di screening. gioca sicuramente a favore di un'immagine efficiente del programma.
2.4. Bacino di utenza
Normalmente il bacino di utenza di un programma di screening citologico dovrebbe comprendere non meno di 250.000 abitanti. Bacini di utenza che offrano economie di scala ed efficienza amministrativa comprendono una popolazione variabile tra i 400 mila e i 700 mila abitanti.
E' necessario che il bacino di utenza del programma sia sufficientemente vasto da garantire la stabilità della popolazione e da includere le risorse necessarie non soltanto per il prelievo citologico, ma anche per tutte le fasi successive del programma, quali la valutazione dei preparati, gli esami di approfondimento per le utenti risultate positive al test, il follow-up dei casi con alterazioni e valutazione dei risultati. Alternativamente occorre identificare specifici centri di riferimento collocati al di fuori dell'area, con i quali stabilire rapporti di collaborazione.
2.5. Struttura e gestione dei programmi di screening
Le ASL e le strutture sanitarie identificate concorrono secondo le competenze specifiche alla programmazione e attuazione degli screening oncologici. In particolare l'ASL, a cui compete di garantire i livelli di assistenza definiti dalla programmazione sanitaria nazionale e regionale, ha il compito di:
A livello regionale, è necessario garantire il coordinamento per la pianificazione e la valutazione delle attività di screening, con i seguenti compiti:
2.6. Risorse
La continuità del finanziamento per la conduzione del programma, per spese di investimento e spese di gestione, deve poter essere garantita prima dell'avvio dello stesso. Si raccomanda inoltre di realizzare un sistema di monitoraggio per documentare i costi di ogni fase. Per migliorare l'organizzazione e pianificare la strategia d'intervento, è necessario definire parametri di riferimento quali il costo per donna sottoposta a screening, o per test effettuato.
2.7. Informazione della popolazione e partecipazione
La partecipazione della popolazione bersaglio è un requisito fondamentale per il successo di un programma di screening. Bassi tassi di adesione diminuiscono il beneficio in termini di riduzione della mortalità in tutta la popolazione più che lunghi intervalli tra test; è quindi opportuno focalizzare l'attenzione soprattutto sulle donne che non hanno mai effettuato un Pap-test in passato.
La partecipazione allo screening è condizionata dall'età, dallo stato civile, da quello socio-economico, dalla frequenza di contatto con il sistema sanitario, ecc. Paura per l'esecuzione del test, ansietà per il risultato, paura del cancro, mancanza di fiducia nella efficacia dello screening e della terapia, nel sistema sanitario sono ostacoli alla partecipazione che dovrebbero essere valutati anche in relazione a differenti situazioni locali, cosi come barriere che diminuiscono l'accessibilità alle unità di screening quali la distanza, gli orari, ecc.
L'adesione della popolazione a un programma di screening può essere aumentata in vari modi: inviando inviti personali, con appuntamento prefissato ed a firma del medico di famiglia o di altre persone di riconosciuto prestigio nella comunità.
L'uso dei mass-media può svolgere un ruolo importante sia cercando di rimuovere le barriere alla partecipazione, sia informando la popolazione bersaglio sul programma e sulla sua organizzazione. In piccole città e in zone agricole l'organizzazione della vita sociale (associazioni, circoli, parrocchie, ecc.) può consentire di identificare specifiche opportunità per informare le donne e promuovere la partecipazione.
La pubblicità attraverso i mass-media ha effetto per un breve periodo e dovrebbe essere pianificata a intervalli regolari per rinforzare il messaggio. Giornali, stazioni radiotelevisive possono offrire spazi gratuiti per la pubblicità e si possono trovare sponsor per finanziare l'informazione.
Ogni eventuale modificazione dell'organizzazione del programma idealmente dovrebbe essere valutata attraverso studi randomizzati e controllati.
2.8. Ruolo del medico di medicina generale
L'informazione e l'educazione sanitaria sono di fondamentale importanza nell'ambito di un programma di screening cervico-vaginale di popolazione.
Il medico di medicina generale (m.m.g.) è il punto di riferimento per il cittadino e quotidianamente riceve richieste di informazioni, chiarimenti e consigli anche sulle possibili iniziative di prevenzione; egli inoltre stabilisce con i propri pazienti un rapporto fiduciario e continuo nel tempo.
Il programma "Europa contro il cancro" ha ripetutamente raccomandato il coinvolgimento dei m.m.g. nell'ambito dei programmi di screening di popolazione.
L'esperienza dei Paesi nord europei insegna che molte donne decideranno se aderire al programma e se seguire l'iter diagnostico suggerito dopo aver sentito il parere del proprio medico curante.
Studi condotti per valutare gli effetti di diverse modalità di invito hanno dimostrato come anche nella realtà italiana, il ruolo del m.m.g., nel firmare la lettera di invito, sia determinante per ottenere tassi di partecipazione più elevati.
In Italia la convenzione con la medicina generale prevede la partecipazione dei m.m.g. ai programmi di screening. L'attivazione di un programma di screening cervico-vaginale deve essere preceduta da un'adeguata formazione dei medici di medicina generale, organizzata secondo tecniche didattiche già sperimentate dalla SIMG per la formazione continua dei professionisti.
Schematizzando, il ruolo dei m.m.g. può essere riassunto come segue:
2.9. Protocolli per il counselling ed il supporto psicologico
E' necessario predisporre e mettere a punto strumenti per il counselling ed il supporto psicologico delle donne che sono richiamate per la ripetizione del test, per accertamenti diagnostici di secondo livello o per essere indirizzate alla terapia.
2.10. Controlli di qualità del prelievo citologico
Si raccomanda che la percentuale di campioni inadeguati, a causa dei prelievo, non superi il 5%. A tale scopo è necessario effettuare, almeno annualmente, per ogni prelevatore, il monitoraggio della percentuale di campioni inadeguati e predisporre un nuovo training, per chi non rientri nello standard.
E' importante che il personale addetto al prelievo sia periodicamente aggiornato sull'andamento del programma, con particolare riferimento agli esiti qualitativi del proprio operato.
2.11. Garanzia del trattamento
E' indispensabile instaurare un sistema che eviti qualsiasi errore od omissione re il (fail safe mechanism - sistema di sicurezza intrinseca) nel garantire il trattamento ad ogni donna con una diagnosi che comporti un intervento terapeutico.
A tal fine è necessario che:
2.12. Organizzazione e valutazione del programma
Per una corretta organizzazione e al fine di valutare i risultati del programma ed il rispetto degli standard e dei protocolli adottati, è fondamentale disporre:
I casi di carcinoma invasivo, che si verificano nell'intera popolazione bersaglio devono essere rilevati, così come i decessi, al fine di valutare i risultati del programma. La presenza di un Registro Tumori di popolazione consente di disporre di questa informazione con due o tre anni di latenza.
Per svolgere adeguatamente queste attività è necessario definire sistemi informativi e produrre programmi di gestione computerizzata che, tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei sistemi informativi esistenti a livello regionale, possano produrre indicatori di processo confrontabili a livello intra e inter regionale (vedere tabella allegata).
L'elaborazione di tali indicatori, al momento oggetto di ulteriori approfondimenti, fa riferimento all'esperienza dei vari programmi nazionali ed alle Linee guida europee per i controlli di qualità dei programmi di screening citologico (nel capitolo "Monitoring the programme, tabulation of parameters"). Si raccomanda a tutti i programmi di fare riferimento a questa documentazione per pianificare e verificare la qualità del proprio lavoro.
2.13. HPV
L'uso di test per il virus del papilloma umano (HPV) mediante la ricerca del suo DNA in cellule cervicali esfoliate è stato proposto sulla base dell'evidenza del ruolo di tipi "ad alto rischio" (16, 18, 31, 33, 45, 51, 52, 56) di HPV come agente eziologico del cervico-carcinoma uterino. Il notevole aumento della validità delle tecniche disponibili ha consentito di dimostrare la presenza di HPV ad "alto rischio" in una percentuale elevata sia di tumori invasivi sia di lesioni intraepiteliali di alto grado (CIN 2-3) mentre la prevalenza pare bassa nella popolazione sana e moderata nelle lesioni di basso grado (CIN 1).
Gli usi più promettenti paiono essere:
2.14. "Lettura automatica e preparati in strato sottile"
Sono stati introdotti sul mercato sistemi di preparazione in strato sottile della citologia cervico-vaginale. Diversi studi dimostrano una sensibilità non inferiore, e in generale superiore, a quella degli strisci preparati in modo tradizionale.
Sono stati inoltre introdotti sistemi automatizzati per la lettura automatica di strisci cervico-vaginali preparati in modo tradizionale oppure in strato sottile. Alcuni sistemi effettuano una selezione automatica di una quota di strisci che possono essere considerati come negativi, senza ulteriori revisione da parte di citologi; altri selezionano i campi di ogni striscio più "sospetti"; alcuni combinano entrambi gli approcci. Tali sistemi hanno dimostrato una sensibilità paragonabile a quella della lettura tradizionale ed alcuni sono approvati dall'F.D.A. per lo screening primario.
Si ritiene necessario che per entrambe tali tecnologie (strato sottile e lettura automatica) sia svolta un'attività di technology assessment che ne determini il rapporto costo-beneficio al fine di pervenire a raccomandazioni sulla loro introduzione o meno in programmi organizzati di screening del cervico-carcinoma.
2.15. Refertazione, classificazione e archiviazione dei preparati citologici ed istologici
Si raccomanda di classificare i preparati citologici secondo sistemi accreditati confrontabili e quelli istologici in base alla classificazione OMS, utilizzando il codice SNOMED. E' opportuno, inoltre, adottare ufficialmente tabelle di conversione tra diversi sistemi di classificazione. Si raccomanda infine di adeguare la responsabilità medica del referto alle direttive CEE.
La refertazione, la registrazione, l'archiviazione dei preparati devono essere automatizzate, utilizzando software e classificazioni compatibili e interfacciabili con i dati delle anagrafi dei comuni e con le anagrafi sanitarie.
Per quanto riguarda l'archiviazione, è consigliabile conservare i referti negativi per 5 anni e i non-negativi per 20 anni. E' consigliabile conservare i preparati istologici per 20 anni.
2.16. Valutazione e miglioramento di qualità
Allo scopo di garantire una prestazione di laboratorio di alto livello, si raccomanda di istituire procedure di controllo interno ed esterno quali: re-screening selezionato, re-screening percentuale (il sistema deve tenere conto dell'esperienza e dell'affidabilità delle persone coinvolte), screening doppio, riesame della citologia precedente, semina, correlazione citoistologica e scambio di vetrini.
Per una buona "valutazione e miglioramento di qualità" interna è essenziale un rapporto numero di tecnici/carico di lavoro soddisfacente. Si raccomanda che un citotecnico esegua lo screening primario di almeno 10.000 campioni cervicali l'anno. E' necessaria la presenza di un supervisore per ogni 3 esaminatori primari.
Al fine di garantire un'adeguata qualità, e in particolare per garantire che ogni screener veda un numero adeguato di preparati positivi, un laboratorio non deve esaminare meno di 25.000 Pap-test l'anno. Tale dimensione può essere raggiunta anche mediante il consorziamento di diversi laboratori, a condizione che si garantisca la circolazione di tutti gli strisci positivi tra tutti gli screener, frequenti sessioni di revisione comune di preparati e la gestione in comune delle attività di valutazione e miglioramento di qualità. In ogni caso laboratori di grandi dimensioni permettono una riduzione dei costi economici.
Come controllo di qualità esterno, si raccomanda di estendere la sperimentazione dei test di profitto avviata in Italia nell'ambito dello "European Community training programme for Cervical Cancer Screening".
2.17. Criteri per la selezione dei centri di screening
Il gruppo tecnico di lavoro che coordina il programma di screening avrà cura di definire a priori quale sia il numero minimo di strutture necessario, in funzione del valore atteso di rispondenza della popolazione, i criteri per la loro individuazione nonché i requisiti e la composizione del gruppo tecnico che dovrà svolgere le verifiche.
L'invito a candidarsi ad operare come centro di screening potrà coinvolgere tutte le strutture sanitarie del territorio dove è svolto il programma senza alcuna preclusione se non quella di una fondata verifica di inidoneità a svolgere le specifiche funzioni dello screening. Contestualmente all'invito a candidarsi le strutture sanitarie saranno informate preventivamente delle modalità e dei tempi prescelti per effettuare la verifica e riceveranno la griglia di valutazione adottata.
2.18. Formazione e aggiornamento del personale
Al fine di raggiungere un elevato standard qualitativo ed un'elevata efficienza dello screening, il personale medico, ostetrico, infermieristico, tecnico e amministrativo, coinvolto nello screening, deve possedere una formazione di alto livello, deve partecipare a programmi di controllo di qualità e avere un aggiornamento permanente.
Devono essere definiti contenuti e modalità per l'attuazione di corsi di formazione e devono essere identificati e accreditati centri di formazione, in base a specifici requisiti e criteri, in accordo con le Linee Guida della CEE.
2.19. Riservatezza dei dati
Ogni programma di screening deve rispettare, la normativa vigente in materia di trattamento dei dati sensibili come stabilito dalla legge 675 del 31 dicembre 1996 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personale), dal decreto legislativo 135 del 11 maggio 1999 e dal decreto legislativo 282 del 30 luglio 1999.
Il presente decreto ... individua ..alcune rilevanti finalità di interesse
pubblico, per il cui perseguimento è consentito detto trattamento, nonchè le
operazioni eseguibili e i dati che possono essere trattati.
(DL 135, art 1, comma 1, lettera b)
........si considerano di rilevante interesse pubblico le seguenti attività
rientranti nei compiti del servizio sanitario nazionale e degli altri organismi
sanitari pubblici... ....
a) la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione dei soggetti
assistiti dal servizio sanitario nazionale... ... ... ... ... ...
(DL 135, art 17, comma 1, lettera a)