(Determinazione dell'Agenzia Italiana del Farmaco, 8 marzo 2006)
NOTA 32
Interferoni | La prescrizione a carico del SSN, su diagnosi e piano terapeutico di centri specializzati, Universitari o delle Aziende Sanitarie, individuati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, è limitata alle seguenti condizioni: |
Interferone alfa 2a ricombinante |
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Interferone alfa 2b ricombinante |
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Interferone alfa-2a peghilato |
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Interferone alfa-2b peghilato |
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Interferone n-1 linfoblastoide |
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Interferone alfa naturale alfa-n3 (leucocitario) |
in presenza di: a) documentata intolleranza soggettiva o b) neutro o piastrinopenia (neutrofili persistentemente inferiori a 750/mmc e/o piastrine persistentemente inferiori a 50.000/mm c); che compaiano in corso di terapia con altri interferoni, e che ne impediscano la prosecuzione in presenza di risposta terapeutica; limitatamente alle indicazioni:
in presenza di documentata intolleranza ad altri interferoni limitatamente alle indicazioni:
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Interferone alfacon-1 | in combinazione con ribavirina o in monoterapia se esistono controindicazioni alla ribavirina: nell'epatite cronica C, con ipertransaminasemia, in pazienti mai trattati in precedenza con interferoni o trattati con risposta post trattamento e successiva recidiva. |
Motivazioni e criteri applicativi
Oltre la metà dell'impiego di interferoni (IFN) è finalizzata al trattamento delle epatiti croniche virali. In queste indicazioni, l'uso degli IFN è probabilmente destinato a subire in tempi brevi alcune modificazioni (sostituzione o combinazione con antivirali).
- Epatite cronica B
La durata del trattamento con interferone nell'epatite cronica B da HBV
HBeAg positiva è di 16-24 settimane. La durata del trattamento nell'epatite
cronica HBeAg negativa può variare da 1 a 2 anni. Il prolungamento oltre i 6
mesi dovrebbe essere riservato a pazienti che presentino una risposta al
trattamento (riduzione dei valori di transaminasi pari ad almeno il 50% del
basale e/o decremento di 1 logaritmo dei livelli di HBVDNA rispetto a quelli pre/trattamento).
Nel 30-50% dei pazienti con epatite cronica B HBVDNA-positiva HBeAg-positiva il
trattamento con IFN per 6 mesi determina una risposta terapeutica efficace
(normalizzazione di ALT, negativizzazione di HBeAg e di HBV-DNA); più
tardivamente si verifica in molti di essi la negativizzazione di HBsAg; la
risposta virologica è in genere duratura, ed è seguita nel tempo da
attenuazione fino alla scomparsa dei reperti istologici di epatite cronica; più
basse sono le percentuali di risposta nei bambini (1-3). Gli IFN sono meno
efficaci nell'epatite cronica B HBV-DNA-positiva, HBeAg-negativa. Tuttavia
recentemente è stato dimostrato che un trattamento prolungato per 12 – 24
mesi con dosi standard di interferone (3-6 MU tre volte la settimana) può
ottenere una risposta virologica e biochimica a lungo termine (5-7 anni) nel
18-30% dei casi, con miglioramento istologico e della prognosi (4-6). Questi
dati, e le recenti riserve sull'alternativa lamivudina, suggeriscono di
estendere l'indicazione agli interferoni all'epatite cronica B HBV-DNA-positiva,
HBeAg-negativa come del resto indicato nelle più recenti linee guida
internazionali (7, 8). L'uso dell'IFN non ha indicazione e può essere dannoso
nei soggetti con transaminasi normali, che sono peraltro in larghissima
maggioranza HBV-DNA-negativi.
Recenti studi clinici hanno dimostrato la tollerabilità ed efficacia
dell'interferone peghilato alfa 2a nel trattamento dell'epatite B sia HBe Ag
positiva che HBeAg negativa. In due studi clinici (9,10) condotti
rispettivamente in soggetti con epatite B HBeAg positiva e negativa la terapia
per 48 settimane con interferone peghilato alfa 2a si è dimostrata superiore ad
una terapia con lamivudina sviluppata nello stesso arco temporale sia per
quanto riguarda la sieroconversione anti HBe nei soggetti HBeAg positivi sia per
quanto riguarda la remissione dell'epatite HBeAg negativa (normalizzazione
persistente aminotransferasi e persistenza di HBVDNA a valori inferiori a 20.000
cp/mL). I due studi clinici hanno reclutato pazienti con epatite cronica B che
avevano replicazione virale misurata con HBV DNA, elevati livelli di ALT e
biopsia epatica coerente con epatite cronica. Un totale di 283 pazienti su 1351
(21%) aveva fibrosi o cirrosi avanzata, 85 su 1351 (6%) aveva cirrosi. Le
principali linee guida internazionali sul trattamento dell'epatite B posizionano
l'interferone peghilato in prima linea nel trattamento dei pazienti con
epatite cronica B sia HBeAg positiva che HBeAg negativa (11, 12).
- Epatite cronica B con sovrapposizione Delta (B/D)
IFN è scarsamente efficace, con risposta sostenuta in meno del 15% dei casi
(3); sono richiesti dosaggi elevati (9 MU tre volte la settimana per uno-due
anni), spesso non tollerati o tollerati con grave abbassamento della qualità di
vita.
- Epatite cronica C
La durata del trattamento con interferoni peghilati in combinazione con
ribavirina nell'epatite cronica da HCV in soggetti mai trattati in precedenza
con interferone è di 24 settimane da protrarre a 48 settimane nei pazienti con
infezione da genotipo 1 o 4 che presentino negatività della ricerca di HCVRNA
alla 24° settimana e che abbiano presentato un decremento di almeno 2 logaritmi
dei livelli di HCVRNA rispetto a quelli pre terapia e/o negatività della
ricerca di HCVRNA dopo 12 settimane di terapia. La durata della terapia nei
pazienti precedentemente trattati con interferone è di 24-48 settimane sulla
base delle caratteristiche individuali nei soggetti che abbiano presentato un
decremento di almeno 2 logaritmi dei livelli di HCVRNA rispetto a quelli pre
terapia e/o negatività della ricerca di HCVRNA dopo 12 settimane di terapia. La
durata del trattamento degli interferoni standard in combinazione con ribavirina
nell'epatite cronica da HCV è di 24 settimane da protrarre a 48 settimane nei
pazienti recidivanti dopo monoterapia e/o con infezione da genotipo 1 o 4 e
viremia HCV elevata (superiore a 800.000 IU/mL) che presentino negatività della
ricerca di HCVRNA alla 24° settimana.
L'innovazione terapeutica di maggior rilievo è rappresentata dagli
interferoni-peghilati (IFN- Peg), che mantengono tassi ematici di interferone
costantemente elevati per periodi più protratti a cui consegue una più
accettabile posologia, con una sola somministrazione settimanale. Il trattamento
per 48 settimane con IFN-Peg in monoterapia ottiene percentuali di risposta
sostenuta (cioè a 6 mesi dopo sospensione) superiori a quelle ottenibili con
IFN standard: fra 24% e 38%, rispetto a 12% e 17% (13, 14). Il trattamento per
48 settimane con la combinazione IFN-Peg più ribavirina ha ottenuto percentuali
di risposta sostenuta superiori al 50% significativamente più elevate rispetto
a quelle ottenute con interferone alfa 2b e ribavirina (15, 16). La risposta
virologica e biochimica è associata a un miglioramento degli indici istologici
di necroinfiammazione e - in minor misura - di fibrosi (14 - 16). E' omogenea
l'identificazione dei fattori predittivi di risposta, che sono: genotipo diverso
dal genotipo 1, bassa viremia e assenza di cirrosi.
Un recente studio clinico ha dimostrato l'efficacia della terapia con
interferone peghilato alfa 2a in combinazione con ribavirina nei pazienti con
aminotransferasi persistentemente normali riportando percentuali di risposta
sostenuta superiori al placebo e sovrapponibili a quelle osservate nei pazienti
con aminitransferasi elevate (17). Inoltre un altro studio condotto in pazienti
con co-infezione da HIV (18) ha dimostrato che la terapia di combinazione con
interferone peghilato alfa 2a è in grado di indurre percentuali di risposta
significativamente più elevate della terapia con interferone ricombinate e
ribavirina indipendentemente dal genotipo HCV infettante. Questi studi hanno
portato alla registrazione del farmaco per queste due indicazioni da parte delle
autorità regolatorie.
Il ritrattamento con interferone standard e ribavirina dei pazienti senza
risposta a monoterapia con interferone ha ottenuto percentuali di risposta
sostenuta del 12-15% (19). Il ritrattamento con interferoni-peghilati è
risultato più efficace inducendo risposte sostenute pari al 34-40% (19). Il
ritrattamento dei pazienti che hanno recidivato dopo monoterapia con interferone
ha ottenuto percentuali di risposta del 47% nei pazienti trattati con
interferone standard e ribavirina e del 60% in quelli trattati con interferoni
peghilati e ribavirina (19). I più importanti fattori predittivi di risposta al
ritrattamento con interferone e ribavirina sono risultati: l'infezione da
genotipo 2 e 3 e una risposta virologica parziale durante il primo trattamento.
La decisione sul ritrattamento di pazienti senza risposta ad un primo ciclo di
terapia dovrebbe quindi essere basata: sul tipo di risposta al trattamento
precedente, sulla gravità della malattia di fegato, sul genotipo di HCV, sulla
tolleranza e l'aderenza alla terapia precedente (20).
Sono in corso numerosi studi sul ritrattamento con dosi più elevate di
interferone standard e/o con IFN-Peg in combinazione con ribavirina di pazienti
senza risposta a terapia con interferone standard e ribavirina; da questi studi
non sono ancora giunte evidenze conclusive anche se i dati preliminari sulla
risposta al ritrattamento indicano percentuali di risposta sostenuta intorno
all'11% (21). Inoltre sono in corso di svolgimento studi mirati a valutare
l'utilità di una terapia “di mantenimento” con IFN-Peg in pazienti senza
risposta a ritrattamento e con malattia avanzata, finalizzata a prevenire
l'evoluzione verso la cirrosi scompensata e l'epatocarcinoma; anche da questi
studi si attendono evidenze conclusive.
Gli studi clinici sull'interferone alfa naturale leucocitario n3 sono assai meno
numerosi di quelli sugli altri interferoni alfa. Il suo profilo di sicurezza è
pertanto meno conosciuto.
Nell'epatite cronica C, è stata attribuita all'IFN alfa-n3, anche in dosi
elevate, una minor incidenza di effetti indesiderati rispetto agli altri IFN.
Questo vantaggio, segnalato in studi non controllati, non sembra confermato da
un trial controllato e randomizzato di confronto fra dosi diverse di IFN alfa-n3
leucocitario, che riporta percentuali di sospensione per intolleranza (5% con 5
MU e 21% con 10 MU tre volte la settimana), non inferiori a quelle registrate
nei trials con altri interferoni (22). Si ricorda che non può essere
considerato fenomeno di intolleranza la reazione febbrile simil-influenzale che
segue la somministrazione delle prime dosi di interferone, che è facilmente
dominata dal paracetamolo e che non si ripete con il prosieguo del trattamento
oltre i primi tre mesi. Si segnala, infine, che l'interferone alfa naturale
leucocitario n3 ha un costo più elevato degli altri interferoni standard, in
assenza di chiare evidenze di un vantaggio terapeutico.
L'interferone alfacon-1 (Consensus Interferon) è un interferone sintetico,
ricombinante, costruito con sequenze di aminoacidi della famiglia degli alfa
interferoni. Ha un profilo di efficacia e di effetti avversi non differente da
quello di altri interferoni, ben documentato da trials randomizzati (23). Sono
in corso studi controllati volti a valutare efficacia e tollerabilità
dell'interferone alfacon-1 in combinazione con ribavirina nella terapia
dell'epatite cronica da HCV. Uno studio pilota pubblicato recentemente indica
che tale combinazione è in grado di indurre percentuali di risposta superiori
al 60% nel genotipo 2 e 3 e al 30% nel genotipo 1 e 4 (24).
Le sperimentazioni cliniche finora pubblicate non hanno fornito prove
convincenti di efficacia dell'interferone beta nelle epatiti virali croniche.
Sono in corso altre sperimentazioni con dosaggi e regimi diversi di
somministrazione. Pertanto l'instaurazione ex novo di un trattamento con
interferone beta non può essere autorizzata. Si fa rilevare che le epatiti
croniche virali non sono incluse fra le indicazioni dell'interferone beta nel
British National Formulary del settembre 2001 né nell'American Hospital
Formulary Service 2002.
Per l'interferone beta allo stato attuale delle conoscenze non vi sono
indicazioni per la terapia delle epatiti croniche B, C, e B-Delta.
- Epatite acuta da HCV
Diverse meta-analisi hanno dimostrato che l'impiego dell'interferone
nell'epatite acuta da HCV riduce significativamente del 30-40% la percentuale
dei soggetti con cronicizzazione (25). Inoltre recentemente l'impiego di regimi
di induzione con somministrazione quotidiana di interferone a dosi di 5-10 MUI
seguiti dalla somministrazione trisettimanale delle stesse dosi per 24 settimane
hanno fatto registrare percentuali di cronicizzazione inferiori al 5% (25) . Pur
non essendovi indicazioni chiare sulla posologia, sul timing ideale e sulla
durata della terapia, le linee guida internazionali consigliano di iniziare la
terapia in caso di mancata negativizzazione dell'HCVRNA a 2-4 mesi
dall'infezione acuta protraendo il trattamento per 16-24 settimane (25). Sono in
corso dei trials per identificare le posologie, il timing, la durata del
trattamento e l'utilità dell'impiego di interferoni peghilati e/o di
ribavirina, in tale contesto.
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